11.

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(REVISIONATO)

La casa era coperta di gente, l'aria intrisa di sudore, i tavoli imbanditi di alcol e il giardino decorato da file di bicchieri tutti gettati a terra in malo modo.

Sorpassai alcune persone con espressione schifata e arrivai davanti all'isola della cucina, dove erano ammassati tutti per prendere da bere. Alzai il braccio, richiamando l'attenzione di Alay - dall'altra parte - e poi mi immischiai tra la mischia.

Arrivai al bordo e raccolsi due bicchieri mentre la mora di fronte a me faceva la stessa cosa, la raggiunsi poco dopo mentre Eva si affiancava a noi con un fiatone tale da farci corrugare la fronte.

«Non sapevo si dovesse correre la maratona per venire qui.» passai il bicchiere alla riccia e poi mi appostai vicino al muro, facendo scontrare così la mia schiena con la parete bianca gelida. «E io che ci ho messo mezz'ora per prendere da bere.» scrollai le spalle e ingurgitai il liquido marrone.

«Vedi, a volte serve qualcuno a cui non piacciono le feste.»

«Non è che se non mi piacciono, vuol dire che ho intenzione di passare tutta la serata a fare la fila per prendervi da bere.» mi lamentai, guardandomi intorno. «E poi anche io voglio ballare come fate voi.» Alay scoppiò a ridere, scolando il primo bicchiere che aveva preso. «Che ti ridi?»

Entrambe mi guardarono male e poi si allontanarono quando una canzone remixata attraversò l'intera casa, alzai gli occhi al cielo e presi il telefono.

«Sally?» alzai il volto verso la chioma di capelli neri che mi stava guardando a pochi centimetri dal naso. «No, scusa. Ho sbagliato.» scossi la testa con un sorriso gentile. «Che figura di merda, scusami ancora.» sghignazzai mentre lui prese a guardarsi intorno. «Non è che hai visto una ragazza bionda con gli occhi azzurri, alta più o meno... come un topolino.»

«Beh, sai... sono molte le ragazze bionde qui.» indicai la folla di studentesse sparse per la casa, a partire dalla stanza in cui ci trovavamo. «E nessuna di loro è chissà quanto alta.» accennò una risata, annuendo.

«Anche tu hai ragione.» sorrisi, portando il bicchiere alla bocca e ingoiai qualche sorso di Malibu e Coca. «Si chiama Sally Palvin, non so se l'hai mai vista.» adocchiai le varie ragazze bionde che si aggiravano per la stanza e poi feci un cenno con il capo verso la vetrata.

«Sta uscendo.»

Lui si avvicinò a me in modo spropositato e mi lasciò un veloce bacio sulla guancia prima di allontanarsi. L'avevo riconosciuto, come non farlo.

Bryan Scoot.

Mi sistemai i jeans a vita bassa e la canottiera che lasciava scoperti troppi centimetri della mia pancia e poi uscii dalla casa, varcando la soglia del finestrone che portava nel giardino posteriore della villa. Camminai a raso pelo sul bordo della piscina perché mi era quasi impossibile passare attraverso tutti i gruppi che si erano appostati sull'erba, ma quando la mia spalla si scontrò contro quella di qualcuno per poco non cascai dentro l'acqua gelida.

Mi aggrappai ad una figura imponente che mi ritrovai davanti e gli buttai le braccia attorno al collo. Aprii gli occhi solo quando ritornai in equilibrio, alzai lo sguardo verso il giovane ragazzo che mi aveva sorretta e mi allontanai di qualche centimetro dalle sue mani salde sui miei fianchi.

«Beh, di solito faccio più fatica a rimorchiare.» mi sistemai le spalline e poi incastonai il mio sguardo freddo sul suo allegro: Mason Mitchell. «Hai perso la lingua per caso?» lo guardai male, ma poi scossi la testa.

«Scusa, non volevo caderti addosso.» in poco tempo mi ritrovai una schiera di ragazzi davanti agli occhi che la squadra di nuoto poteva solo accompagnare. Theo e Bryan Scoot avevano circondato le spalle del loro amico mentre Noah mi stava guardando da più lontano con una sigaretta accesa tra le labbra piene.

Per Sempre TuaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora