43.

356 4 4
                                    

(REVISIONATO)

Presi posto accanto alle mie amiche nella tribuna, portandomi alla bocca la cannuccia e trangugiando la Sprite che avevo comprato poco prima. 

Eva mi sorrise, iniziò a parlare a vanvera di cento cose diverse finché Alay si alzò per chiamare qualcuno. Cercai di individuare chi si stesse avvicinando, ma la folla di studenti e adulti che si stanziavano tra gli scalini me lo impediva.

«Uououo.» Eva si girò verso Alay ed io corrugai la fronte. «Cos'è questa? La tribuna vip?» allora intravidi il volto di Leonardo Mancini, il sindaco della città nonché padre di Noah, e spiritai gli occhi.

Me ne aveva parlato poco, sapevo solo che non avessero un buon rapporto da tempo e che per questo viveva da solo nella villetta in periferia. Ne rimasi sorpresa: era venuto a vedere una sua partita e non lo aveva mai fatto... nemmeno gli anni precedenti.

Lo osservai mentre veniva fermato da qualsiasi persona occupante la tribuna e notai la somiglianza con il figlio, soprattutto in diversi comportamenti. Mostrava un sorriso di circostanza a tutti coloro che gli stringevano la mano e lo salutavano, ma non era felice di quelle attenzioni. 

Indossava un completo elegante, forse anche troppo per una partita tra scuole, e si faceva spazio tra le masse di studenti eccitati ed emozionati con il suo portamento fiero e sicuro. I capelli spettinati avevano il classico taglio anni novanta, alla Tom Cruise, e gli ricadevano sulla fronte in ciocche scure. Gli occhi erano infossati e circondati dalle rughe e sulle guance gli comparivano le stesse identiche fossette del figlio.

«Perché è qui?» puntai il mio sguardo sul campo e tirai un sospiro di sollievo quando vidi Noah impegnato a parlare con William, il quaterback della squadra. «Noah lo sa?» chiesi, senza farla rispondere.

«Credo di sì, non so.» Eva strofinò i palmi delle mani sulle gambe nude mentre Alay fece un sorriso allo zio, che provò ad avvicinarsi. «Ma spero che questo non interferisca con la partita.» feci un respiro profondo e poi misi in volto un sorriso di gentilezza.

«Ah finalmente.» il sindaco prese posto accanto alla nipote, si sistemò la giacca e allentò la cravatta di qualche centimetro. Poi si sporse verso avanti e ci dedicò un sorriso, che sembrò abbastanza veritiero. «Piacere, Leonardo.» Eva, accanto a me, gli strinse la mano e si presentò cordialmente.

«Allyson.» ricambiai la stretta, notando il suo sguardo indagatore puntato sul mio volto. «È un piacere conoscerla.» tornammo con le schiene appoggiate contro le sedute, ma vidi comunque che lui scosse la testa.

«Datemi del tu, non sono così importante.» non capivo se questo suo atteggiamento di cortesia fosse vero o fosse dovuto dal desiderio di fare buona impressione sugli amici di suo figlio e far cadere così l'immagine che Noah gli aveva assegnato da anni. Eppure forse lui non sapeva che Noah non ne parlava proprio, Eva per esempio non sapeva del loro pessimo rapporto famigliare. «Allora... come va il campionato?» Alay, alla mia sinistra, sorrise. «Me ne sono perso un pezzo.» alzai le sopracciglia ed arricciai le labbra in una smorfia di sconcerto.

«Beh, io direi che ti sei perso qualche anno.» non era mia intenzione essere scortese, ma ciò che mi aveva raccontato Noah purtroppo influenzava il mio pensiero su quell'uomo e non potevo farci niente. 

Fortunatamente sembrò non sentire la mia evidente frecciatina, prese a parlare con sua nipote della partita e di tutti i giocatori e poi la conversazione si spostò sul personale e cadde sul rapporto che suo figlio aveva con ognuna di noi.

«Quindi sta bene?» notai la preoccupazione sulla sua voce, le mani tremolanti e lo sguardo ansioso puntato sul campo. «È da un po' di tempo che non ci sentiamo.» Eva si ammutolì davanti a quella confessione mentre io abbassai lo sguardo. «Andrew chiede spesso di lui.»

Per Sempre TuaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora