Quando ero piccola, il giorno del mio compleanno, supplicavo Robert di restare al mio fianco, dietro il grande tavolo con la torta, perchè odiavo avere tutta l'attenzione su di me.
Robert invece, adorava godersi delle attenzioni di tutti, e con il suo carattere carismatico e schietto, era difficile non prestargli attenzione.
Quando mi sono candidata a rappresentante, sapevo di dover stare spesso al centro dell'attenzione, ma non mi importava più, perchè sapevo che Robert era lì a fare il tifo per me.
Ora però, cammino per i corridoio da sola, sentendo gli occhi di tutti addosso, e mi manca mio fratello.
"Sono già passati sei mesi?"
"Era un bravo ragazzo, mi dispiace un sacco"
"Tutte avevamo una cotta per lui, è come quando muore il tuo idolo preferito"
Sospiro, ignorando tutte le voci di corridoi, e gli occhi puntati su di me.
Cazzate, sono tutte cazzate. Nessuno conosceva Robert, nessuno conosceva il suo vero io, nessuno ha mai visto il suo dolore, e nessuno ha cercato di capirlo.
Tutti, si sono sempre fermati alle apparenze.
Il ragazzo perfetto, capitano della squadra di football, e con un futuro brillante davanti.
Passo davanti l'armadietto di Robert, poco distante dal mio, e quando vedo la calca di studenti, non mi sorprendo più di tanto.
Sono riuscita a non assegnargli un nuovo proprietario fino ad adesso, perchè vedere qualcuno invadere quello che un tempo era lo spazio di mio fratello, fa troppo male.
Il mio sguardo scivola sulla montagna di rose, post-it con dediche, qualche candela, e delle foto lasciate in suo onore.
Tutto questo, che senso ha?
Perchè tutto questo solo oggi?
Respira Luna, respira piano e stringi i denti. Farà meno male così.
"Hey" Grace mi affianca con un sorriso dolce, mi prende per mano, e io non dico nulla "Andiamo in classe" mi tira dolcemente in sua direzione, verso l'aula alle nostre spalle, e io la seguo in silenzio.
Continuo ad ignorare gli sguardi colmi di compassione che mi cadono addosso, e quando finalmente la campanella suona, i corridoi si svuotano e le aule si riempiono, così prendo posto accanto a Grace e Lee.
"Salve ragazzi" la professoressa di matematica, entra sfoggiando il suo solito cappotto nero elegante, sbattendo con violenza il tacco delle sue scarpe sul pavimento in legno "Ah Tyler, come mai non è rimasta a casa? Almeno oggi avrebbe potuto saltare le lezioni, avremmo capito data la situazione" esclama con finto tono gentile, e un leggero sorriso che mi da i nervi.
"Almeno oggi?" ripeto le sue parole, facendomi scappare una leggera risatina amara.
"Come prego?" mi incita lei con un cipiglio confuso.
"Non è un 'almeno oggi' professoressa" sento il mio sguardo duro, e non riesco a tener a freno la lingua dalla rabbia "Si, mio fratello è morto, ma non ci soffro solo oggi. Sono sei mesi che penso a lui ogni momento, non 'solo oggi'" affermo decisa, con una tono acido e dispregiativo, che non ha mai fatto parte di me.
"La capisco signorina Tyler, non volevo essere inadeguata" cerca di giustificarsi, e io sono così stanca di sentire questi sguardi addosso,c così mi alzo e mi volto verso i miei compagni.
"Vi divertite a fare i finti buonisti, vero? Non vi importava di Robert, non è mai importato a nessuno di voi. Sono passati sei mesi, e allora? Che c'è, un mese o dieci giorni fa, eravate troppo occupati per ricordarvene?"
"Luna..." Grace poggia una mano sulla mia, incitandomi a sedermi, ma mi libero della sua presa in modo brusco.
"Tutto questo, è una pagliacciata" mormoro, prima di afferrare le mie cose per lasciare l'aula, sotto il silenzio della professoressa e quello dei miei compagni.
Spalanco la porta del bagno delle ragazze e mi chiudo in uno dei cubicoli, rilascio un profondo sospiro e mi siedo contro la parete, cercando di far regolarizzare il respiro.
Non di nuovo, non può succedere di nuovo. Non qui, ti prego Luna, respira e resta calma.
"Si, davvero" la porta viene aperta, sento dei passi e mi zittisco, distinguendo due voci differenti.
"Era il fratello della rappresentate del consiglio, giusto?"
"Si, dicono che sia morto di overdose"
E il mio cuore si ferma, e mi domando come sia possibile che sia ancora viva.
"Come?" ridacchia incredula "Ma non era il capitano della squadra di football?"
"Hanno detto che era proprio lui a fornire gli studenti"
"Alla faccia del ragazzo perfetto, scommetto che anche la sorella ne fa uso"
Quando apro la porta del bagno, le due ragazze mi guardano attraverso lo specchio, sgranando gli occhi e voltandosi di scatto quando mi riconoscono.
Le riconosco, sono della squadra di pallavolo, ma non dico nulla, avanzo solo verso di loro seria, con braccia incrociate ed espressione cupa.
"Luna, scusaci. Non volevamo..." tenta una delle due, ma la zittisco prima di sentire le sue lagne inutili.
"Chi te lo ha detto?" domando, ed è la rossa a parlare per prima, timorosa che possa metterla nei guai. Non sono stupide, sanno che in quanto rappresentante, gran parte delle decisioni spetta a me, e ho il potere di renderle la vita un'inferno. Ma loro non mi conoscono, sanno che per quanto stupide a divulgare informazioni false in questo modo, non potrei mai usare la mia posizione per far del male o vendicarmi degli studenti.
"Lo dicono alcuni studenti da quando Robert è morto" esclama timorosa.
"Voglio un nome" ordino duramente, e lei si morde il labbro, mentre l'altra sospira rispondendomi per prima.
"Jennifer lo ha saputo da Jeff, da allora ne parlano tutti" spiega, e io resto senza parole.
E' uno scherzo? Jeff?
No, lo conosco abbastanza da poter dire che non è così malvagio. Nonostante quello che mi ha fatto.
"Filate in classe. Ora" indico la porta d'uscita con fermezza, e loro non ribattono, annuiscono spaventate per poi uscire.
Mi appoggio al lavabo e rilascio un gran sospiro. Mi getto un po' d'acqua fredda sul volto, e mi reggo con le mani al bordo di marmo, respirando a fatica.
E' come se qualcosa si stesse stringendo contro la mia gola, o meglio, qualcuno. Due mani invisibili mi impediscono di respirare, e io non riesco a capire che è solo nella mia testa.
La vista mi si annebbia, ma caccio via le lacrime, sostituendo il vuoto, con una rabbia immensa, verso il mio ex ragazzo.
Trono in corridoio, e raggiungo l'aula di fisica, sapendo a memoria gli orari di Jeff.
La porta è semi aperta, e quando la spalanco senza dire nulla, tutti gli occhi sono su di me. il professore ferma la lezione, mi guarda confuso e incredulo, non sono da me simili scenate.
Intravedo Jeff seduto al fianco di Kevin, mi guarda senza dire nulla, senza espressione, lasciando cadere la matita sul quaderno aperto.
"Ma che diavolo?" mormora qualcuno, ma lo ignoro, non ho tempo per loro.
"Signorina Tyler, è per caso impazzita?" alza la voce il professore.
Vado spedita verso Jeff, attraversando l'aula. Lascio cadere i pugno chiudi sul suo banco, e Kevin mi guarda con fare incredulo.
"Luna" Jef assottiglia lo sguardo nascondendo la preoccupazione "Tutto bene?"
"Robert si drogava e spacciava qui a scuola?" domando, senza troppe cerimonie.
Le mie parole lo fanno diventare teso come una corda di violino, mentre serra le labbra e spalanca gli occhi. Si guarda intorno velocemente, poi tossisce appena avvicinando il capo a me, che gli sto parata davanti.
"Signorina Tyler, se non esce subito prenderò seri provvedimenti" mi minaccia il professore.
"Luna, va via" mi intima Kevin preoccupato per le conseguenze che avrei subito, ma a me non importa.
"Non finche Jeff non risponde alla mia domanda"
"Luna, tu non sai niente su Robert, va via prima di restarci male" mi avvisa Jeff serio, e io lo guardo confusa. Che cosa significa?
"Parla Jeff. Cosa diavolo sai su mio fratello?" insisto, e Jeff tira su con il naso prima di guardarmi dritto negli occhi, con fare duro.
"Si, cazzo, tuo fratello era un cazzo di tossico ed era lui a spacciarla per la scuola. A quanto pare, non era poi il ragazzo perfetto che tutti dipingono" mi butta in faccia una verità alla quale non voglio credere.
Mi rifiuto di crederci, perchè in cuor mio so che mio fratello non avrebbe mai assunto quella roba di sua spontanea volontà.
"Non è vero" scuoto il capo, mentre i miei occhi diventano lucidi, ma iniettati di rabbia per il ragazzo che ho davanti "Tu non conosci affatto Robert. Stai mentendo" ringhio furiosa.
"So che stai uscendo con Collins. Perchè non lo chiedi a lui?"
Mark? Cosa diavolo centra Mark? Non si conoscevano neanche.
Poi capisco, che quelle di Jeff devono essere solo delle bugie, anche se non capisco il perchè di queste sue menzogne.
"Va a farti fottere, Jeff" sputo acida, per poi uscire dall'aula sotto lo sguardo indignato del professore.
Senza avvisare nessuno, mi precipito fuori da quella scuola, diventata improvvisamente troppo stretta per i miei usti.
Corro sotto la leggera pioggia stringendomi nella giacca della mia uniforme. Arrivo fino al centro, ormai bagnata fradicia e con le gambe tremanti, sia per la rabbia, che per la stanchezza.
Quando vedo uno stazionamento dei taxi, ne fermo uno per poi salirci subito, infreddolita e con un leggero raffreddore.
"Dove la porto, signorina?"
"Alla stazione centrale"
Ho bisogno di staccare da tutto questo.
*****
"Luna" un paio di occhi verdi a me familiari, mi accolgono con un caloroso sorriso di benvenuto.
"Ciao Elisabeth" ricambio forzatamente, abbracciando poi l'anziana signora davanti a me.
Elisabeth vive qui nella Contea di Lake da tutta la vita, l'abbiamo conosciuta quando abbiamo passato la nostra prima vacanza qui, quando io e Robert eravamo molto piccoli. Si è sempre presa cura di noi, ed è lei che si occupa della tenuta quando noi Tyler siamo a Chicago durante l'anno.
La contea di Lake non è chissà che grande cittadina, così qui si conoscono tutti, ma nessuno ancora sa della morte di mio fratello, solo Elisabeth, che ha mantenuto la cosa riservata per tutti questi mesi.
"Che gioia vederti tesoro" mi sorride accarezzandomi i capelli umidi "Sei fradicia, ti prenderai un malanno" mi rimprovera, e io sorrido, perchè non è cambiata di una virgola "Ma guarda come ti sei fatta bella, è quasi un anno che non ti vedo" mi ammira ammaliata, e come al solito, adoro la sua spiccata parlantina dall'accento marcato di campagna.
"Non era in programma che venissi qui" ammetto, e lei scuote il capo tranquillamente.
"La casa è sempre pronta, e per qualsiasi cosa puoi chiedere sempre a me" afferma ovvia, difatti casa sua dista solo qualche isolato dalla mia.
Mi lascia la chiavi di casa, e dopo un buon te caldo e qualche chiacchiera, mi lascia per scappare al suo solito appuntamento in chiesa, dicendomi che ci saremmo sicuramente riviste prima del mio ritorno nella grande città.
Così mi ritrovo di nuovo sola, davanti la nostra casa delle vacanze, che sembra essere sempre la stessa.
Ma mentre queste quattro mura non cambiano mai, la mia vita, in poco meno di un anno, è cambiata così tanto che adesso non mi piace più.Mi siedo contro il muretto di fronte casa, osservando le piante ben curate all'ingresso, le pareti e il tetto in legno scuro, e l'aria da perfetto cottage di montagna.
La cittadina è piccola, c'è solo una farmacia e due mini market, non c'è un'ospedale, ma solo un pronto soccorso mal attrezzato, e gli abitanti sono pochi.
E mentre penso a tutte queste cose, perdo tempo, perchè non trovo il coraggio di entrare in casa.
Una casa piena di ricordi, piena di gioia, di risate, che appena varcata quella soglia, si trasformeranno in lacrime e dolore. Perchè per quanto Robert abbia lasciato bei ricordi ed emozioni, fa ancora troppo male per sorridere, e lasciare via libera ad un tranquillo ricordo.
Nella mia mente c'è caos, nel mio cuore cicatrici, e nella mia anima un vuoto che non può essere colmato.
Così passa la prima ora, e io sono ancora qui, timorosa e per nulla decisa ad entrare.
Il giorno in cui Robert ha avuto il primo malore, era verso la fine delle vacanze di natale, e noi eravamo proprio qui, in questa casa.
Era con Elisabeth a fare la spesa, e due signori lo aiutarono a raggiungere il pronto soccorso, dove ci dissero che probabilmente era stato un'infarto.
Tornammo subito a Chicago, per far visitare Robby in un'ospedale vero, con attrezzature più all'avanguardia, e lì scoprimmo che aveva il cancro.
E io ho sempre sperato che potesse passarlo a me, così che fossi stata in grado di salvarlo, di liberarlo da quel tragico destino. Io e Robert siamo sempre stati una cosa sola, tutti pensavano fossimo gemelli, anche se lui era più grande di un'anno.
Le nostre anime erano così connesse, che separarci era impossibile.Il mio telefono non la smette di vibrare, e io sospiro mentre mando un messaggio per tranquillizzare Grace, ignorando tutto il resto, comprese le chiamate di mia madre.
Ripenso alle parole di Jeff, e una fitta di dolore mi contrae lo stomaco.
Non gli crederò, perchè io conoscevo Robert, e so che non avrebbe mai fatto nulla del genere.
Tuttavia, cerco di dare un senso logico alle parole di Jeff, mentre il sole cala, annunciando l'arrivo della notte.
Da quanto tempo sono qui? Sono rimasta seduta qui fuori per ore, ma non sono ancora pronta.
Il rombo di una motocicletta riempie la città, e mentre mi volto appena verso la strada, due fari sempre più vicini si posano su di me.
Quando la moto si spegne, strizzo gli occhi per la troppa luce degli abbaglianti, ma scorgo una sagoma sfilare il casco, avvicinandosi poi verso di me.
"Mark, che diavolo ci fai qui?" mormoro incredula, mentre lui è sempre più vicino "Come sapevi dove-" le sue mani si posano sul mio viso, mi accarezzano e io sussulto per il contatto freddo.
"Stai bene?" domanda semplicemente, e quelle parole, mi fanno cedere.
Crollo in un pianto disperato, mentre Mark mi stringe contro il suo petto, cercando di impedirmi di precipitare in queste acque che sembrano tirarmi sempre più in profondità, e che non mi danno tregua.
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Homecoming
Teen FictionLuna Tyler è la classica ragazza modello: ottima figlia, ottima studentessa e ottima rappresentante d'istituto. Tuttavia, nessuno è perfetto, e il suo passato sembra divorarla all'interno. La sera dell'Homecoming, si scontra con Mark Collins, un ex...