Quelle mani, quella stessa forza, mi spinge sempre più in profondità, impedendomi di respirare. L'acqua è ovunque, e io mi sento soffocare, e forse sto soffocando per davvero.
Giro le mani, le gambe, cerco di trattenere ile espiro, mentre mi libero di quella presa. Ma non ci riesco. Non posso.
O forse, semplicemente, non vuoi, Luna?
Combatti, sii più forte.
Grido, e l'acqua mi invade i polmoni.
Non sono abbastanza forte, non sono abbastanza forte.
Non. Sono. Abbastanza. Forte.Grido con tutta l'aria che ho nei polmoni, mentre le mie mani si reggono alle lenzuola chiare di camera mia, e con il viso inondato di lacrime.
Cerco di regolarizzare il respiro, di mettere a fuoco la mia stanza intorno a me, di fermare il tremore. Sono tutta sudata, senza fiato nei polmoni, e senza riuscire a smettere di piangere.
La porta della mia camera si spalanca di colpo, e i miei genitori fanno capolinea, correndo spaventati verso di me.
Ormai sono abituati ai miei terrori notturni, ai miei incubi che sembrano divorarmi l'anima, eppure, si preoccupano sempre come la prima volta.
"Sto bene" annaspo, mentre la mamma si siede al mio fianco, e mio padre accende la luce.
"Sappiamo che non è così" annuisce lei comprensiva, forzando un sorriso. Mi accarezza i capelli e io mi asciugo il volto annuendo appena.
"Domattina contatto Cassandra, è meglio se torni da lei per un po'" tenta amio padre, e io non ho le forze per replicare. Sento solo il viso nuovamente bagnato, e la vista mi si appanna per le lacrime.
"Oh, tesoro mio" la mamma mi abbraccia, e io mi beo del suo profumo familiare, reggendomi a lei, cercando di trovare qualcosa per cui lottare.
La mia mamma resta la mio fianco fin quando non mi addormento fra le sue braccia, con il viso bagnato di lacrime, e un mal di testa che mi invade la mattina seguente, al mio risveglio.
Nessuno ne parlò, mio padre era uscito presto per lavorare, e mia madre stava preparando la colazione. Ho indossato l'uniforme scolastica e preparato la borsa, poi sono uscita e sono andata a scuola, sperando che questa giornata passi presto."Non hai una bella cera" Bil mi passa una tazza di caffè e io l'afferro distrattamente, continuando a controllare i fascicoli per l'assemblea.
"Ti senti bene capo? Sei pallida" mi guarda Chris curioso, e io annuisco senza guardarlo, troppo presa dal mio lavoro.
Ho quasi finito fortunatamente, ma ho un mal di testa così forte che sento di poter impazzire.
Proprio quando finisco l'ultimo fascicolo, il mio cellulare vibra sul tavolo, e sospiro quando leggo il nome di Mark.
"Hey" afferro la borsa recuperando tutte le mie cose, pronta per andare a casa mentre gli rispondo un po' sottotono.
"Sei ancora a scuola, non è così?" lo sento ridacchiare, e io noto sol adesso l'orario. Le lezioni sono finite da un pezzo, e il sole sta quasi tramontando "Non dovresti passare tutto il tuo tempo libero qua dentro, non fai altro che lavorare e studiare"
"Mi hai chiamata per questo?" lo canzono sospirando, e posso scommettere che sul suo volto ora c'è quell'odioso ghigno divertito.
"Sono qui fuori, muovi il culo che ti porto a casa" e riaggancia.
Sono l'ultima ad uscire, come sempre, così chiudo ogni porta della sala docenti, della segreteria, e quella dell'ufficio del preside, prima di uscire stretta nella giacca della mia uniforme.
Mark è appoggiato alla sua moto, con una sigaretta quasi finita fra le dita. Il leggero sole di Chicago gli illumina il viso, la giacca di pelle gli copre la felpa del medesimo colore, così come i suoi jeans.
"Hai qualcosa nel tuo armadio che non sia nero?" sorrido raggiungendolo, e lui getta la sigaretta per terra, accennando un ghigno divertito.
"Fammi pensare" finge di rifletterci su, facendomi ridere "No" scrolla poi le spalle con fare ovvio.
Il suo guardo scivola sul mio corpo, salendo su per le cosce scoperte, fino alla gonna dell'uniforme, poi sul petto, e si sofferma sul mio viso con un cipiglio strano.
"Che c'è?" mi acciglio, e lui scuote il capo, poi si avvicina e mi poggia una mano sulla fronte senza battere ciglio.
"Sei accaldata" sospira "Lù sul serio, dovresti prenderti del tempo per te, non fai altro che startene chiusa là dentro" sbuffa contrariato, e io scrollo le spalle cercando di tranquillizzarlo.
"Sto bene, nulla che una bella dormita non possa risolvere"
"Cambio di programma allora, stasera si resta a casa" sospira e io scuoto il capo, ricordandomi che mi aveva chiesto di uscire.
"No, sto bene"
"Non stai bene"
"Sto bene, Mark, smettila di fare il guastafeste" ridacchio stancamente, per poi rubargli il casco da sotto al naso, pronta per andare via.
Mi accompagna a casa, dove faccio una lunga doccia calda e rilassante, poi mi preparo per la serata con Mark, domandandomi se devo considerarlo una sorta di appuntamento.
"Che profumino" entro in cucina beandomi del profumo del cioccolato caldo, riconoscendo il dolce sotto al forno, la specialità di mia madre.
"Esci stasera?" domanda poi, mentre rubo dalla ciotola un pezzo di cioccolata, facendole alzare gli occhi al cielo.
"Esco con Mark" annuisco tranquilla, ma il suo cambio di espressione non mi sfugge, così sospiro portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio "Forza, sono pronta. Dimmi tutto" scherzo, e lei sospira asciugandosi le mani e appoggiandosi contro il ripiano, guardandomi dritta negli occhi.
"Ci sto provando Luna, a lasciarti i tuoi spazi, e a darti fiducia con Collins, ma inc ambio voglio collaborazione. Voglio che rivedi Cassandra, anche tuo padre la pensa come me" afferma, e io vorrei tanto risponderle di no.
"Tornare da lei mi sembra una sconfitta" ammetto, come se quelle parole fossero troppo pesanti per me.
"Non lo è, amore mio, fidati di noi. Devi andare avanti, devi accettare il dolore e conviverci, come facciamo tutti noi. Tu invece lo tieni dentro, sei arrabbiata con il mondo, e questo ti consumerà prima o poi. Cassandra ti aiuterà dove io e tuo padre non possiamo farlo"
Guardo il volto di mia madre, il sorriso un po' più spento, ma sempre lì, per me. Vedo la sua forza, il suo dolore, che la uccide dentro, eppure sorride.
Sospiro, cercando di trattenere le lacrime, avanzando verso di lei e appoggiandomi al suo petto, mentre lei mi abbraccia forte, lasciandomi un bacio fra i capelli.
"Ti voglio bene, mamma"
"Anche io, piccola mia. Su, ora va a prepararti per il tuo appuntamento" mi sorride, e io le asciugo la lacrima solitaria sul volto colorato.
"Non è un'appuntamento" preciso, e lei fa una smorfia, tornando poi a cucinare.
"Ah, beata gioventù" borbotta tra se e se, e io torno di sopra, pronta per il mio non appuntamento con Mark Collins.
Dopo venti minuti di eterna indecisione, mia madre è corsa in mio soccorso, scegliendo per me un vestitino bordeaux semplice, con la gonna che arriva a metà coscia, stretto in vita e a maniche lunghe.
Ci abbino le calze scure con degli anfibi caldi, fa così freddo che oltre al cappotto infilo anche la sciarpa. Lascio i capelli ondulati che ricadono lungo il corpo, e penso che dovrei proprio tagliarli, sono così lunghi che tra due mesi arriveranno quasi sotto al sedere.
"Io esco" vengo però bloccata dalla figura slanciata di mio padre, che mi sbarra la strada con braccia incrociate e un cipiglio sul volto barbuto "ciao sceriffo" sorrido, mentre il suo guardo percorre il mio corpo.
"Dove vai vestita così?"
"Esce con Grace e le ragazze del consiglio studentesco" mia madre mi regge il gioco e io sorrido mentre mi rivolge un'occhiolino complice.
"E c'è bisogno di essere così carina per andare fuori con le tue amiche?"
"È bella vero?" sento lo sguardo di entrambi addosso, così ridacchio e li supero alzando le mani in segno di resa.
"Siete inquietanti, ma vi voglio bene" annuisco per poi uscire, lasciandoli lì.
Mark è già qui, accanto alla sua moto, e un sorriso mi nasce sul volto. E' sempre bello, così tanto che sento che potrei morire. I cargo neri gli cadono sulle scarpe bianche, la felpa grigio scuro sotto il giubbotto di pelle, e ic capelli sempre in disordine. Così semplice, eppure così perfetto.
"Dove andiamo?" avanzo verso di lui, rubandogli ilc asco dalle mani.
"McCormick Tribune Plaza" getta via il mozzicone mezzo pieno, per poi guardarmi più attentamente da vicino.
"Adoro quel posto"
"Sai cosa adoro io?" mi afferra per un polso, attirandomi a se, e mentre finisco fra le sue gambe, il cuore sembra volermi esplodere nel petto. "Questo vestito su di te" soffia sulle mie labbra, e io trattengo il respiro.
"Se ci vede mio padre sei morto" ridacchio, e lui alza gli occhi al cielo, prima di lasciarmi andare, pronto per partire verso il McCormick.
Non ci impieghiamo molto ad arrivare, e per nostra fortuna anche il parcheggio era stato facile da trovare. Il cuore non smette di battermi veloce, mentre nella mia testa, cerco did armi una spiegazione logica a tutto questo. E' un'appuntamento? E' solo un'uscita tra amici? Domandarglielo sarebbe troppo umiliante, così ingoio pesantemente cercando di mantenere un minimo di decoro.
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Homecoming
Teen FictionLuna Tyler è la classica ragazza modello: ottima figlia, ottima studentessa e ottima rappresentante d'istituto. Tuttavia, nessuno è perfetto, e il suo passato sembra divorarla all'interno. La sera dell'Homecoming, si scontra con Mark Collins, un ex...