Capitolo 4

4.4K 221 98
                                    

.4.

SETH

La cerbiatta non cessò di tremare durante tutta la durata del viaggio

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

La cerbiatta non cessò di tremare durante tutta la durata del viaggio. Raggomitolata in grembo, con le orecchie tirate indietro, e la pelliccia irta, si guardava attorno intimorita, chiedendosi se sarebbe diventata il nostro prossimo spuntino. Saettava lo sguardo da un lato all'altro degli interni, atterrita dalle nostre figure.

La metropoli di Mezzo era oramai alle nostre spalle, sempre più lontana a ogni chilometro che ci avvicinava all'ovest.

Il paesaggio mutò gradualmente, accompagnati dalla luminescenza delle stelle e della luna piena. Pian piano la città lasciò posto alla periferia, e infine all'aperta campagna.

Presto saremmo giunti a destinazione.

Fissai il bosco fuori dal finestrino della macchina, ancora aranciato e florido malgrado l'arrivo del grande gelo, senza vederlo davvero. Vorticavo attorno a un'unica soluzione: scagionare Nathaniel, l'orso polare, e riaverlo indietro. Non mi importava di nient'altro.

Il profumo della lavanda mi deconcentrò, costringendomi ad accantonare le mie intenzioni. Corrucciai le sopracciglia, osservando la piccola preda, e domandandomi se fossi al cospetto di una dea antica, la personificazione della primavera nelle vesti di una civile erbivora.

Non conoscevo granché della religione diurna, ma noi ne veneravamo una sola. La Triplice Dea. I nostri canti svelavano che mutava forma come noi, camuffandosi nell'essere meno prevedibile. Che fosse lei?

Alla fine sorrisi di me stesso e scossi il capo. Che assurdità, paragonare la cacciagione alla Dea.

Accarezzai il manto castano, trapuntato di macchiette chiare sul dorso. Fui distratto nel farlo, trovandolo talmente soffice e caldo da non poterne farne a meno. Era quasi rilassante coccolarla. Chissà se anche i lunghi capelli erano morbidi e setosi al tatto. Formulai a malapena la frase prima di serrare la mascella, e maledire me stesso un migliaio di volte per la natura delirante di tali pensieri.

La coltre d'alberi, che limitava la distesa campagna, ci colse in un familiare abbraccio di tenebre e legno quando vi ci inoltrammo, oscurando con le loro chiome il cielo notturno. Le fronde autunnali ci diedero il benvenuto, aprendosi nel piccolo cortile della villa padronale, la Tana. Il nostro personale rifugio, nonché centro operativo. Non era altro se non il ritrovo in cui il Consiglio degli Anziani –i membri della fazione più vecchi –avevano collocato, e addestrato alla battaglia, la Congrega dei Sei, i figli dei guerrieri migliori delle varie famiglie purosangue – noi.

Gavriel parcheggiò il nostro fuoristrada con un sonoro sospiro liberatorio: «Casa dolce casa».

Scesi dall'auto col bottino in braccio e la voglia impellente di sbarazzarmene.

Le femmine erbivore erano il peggio del peggio.

All'improvviso la porta si spalancò di colpo, e mio fratello, un leoncino ancora in età puberale, mi saltò addosso nella sua forma quadrupede, stendendomi a terra e iniziando a leccarmi la faccia.

«Cain, smettila, mi fai il solletico», risi divertito mentre la preda ruzzolava al mio fianco. Per la sorpresa lasciai andare l'ostaggio, e lei fu tanto stupida da correre nuovamente via davanti agli occhi non di uno, ma ben sei superpredatori.

Che imbecille. Confermai, ripulendomi un poco dalla saliva.

Il peggio del peggio.

Mio fratello si lanciò all'inseguimento, istigato dall'istinto di caccia per azzannarne la carne.

«Seth, maledizione! Si può sapere che cazzo fai?!», sbottò infuriata Laila. Ponderai l'idea di ignorarla, continuando a godermi la frescura dell'erba, disteso a terra, ma lei doveva essere di ben altre vedute: «Quella cerbiatta è una preziosa merce di scambio, se il tuo fratellino guastafeste l'ammazza possiamo dire addio a Nath», enfatizzò il soprannome, sbraitando ordini come se fosse stata lei in nostro prossimo alfa. Poggiò le mani sui fianchi snelli, sottolineando la gravità della ramanzina, pronta a prendermi a calci.

Sbuffai, tediato dalla situazione e svilito più da me stesso che dalla mia amica. Ramanzina piuttosto veritiera. L'ostaggio ci serviva vivo e incolume, purtroppo.

Avrei preferito restare a scrutare il cielo invece di fare la balia, ma nulla contava più del recupero di un compagno.

Mi alzai di slancio, con un colpo di reni, e mi addentrai nella fitta vegetazione, alla ricerca dei due dispersi. La boscaglia era in religioso silenzio, solo un eco lontano disturbava la quiete notturna. Il freddo rigido avrebbe reso difficoltoso l'andazzo se non fosse stato per le impronte ben delineate sul fango; peccato che quella sottospecie di spuntino pomeridiano si dimostrò molto più furba del previsto.

Le orme finivano davanti a un grosso e alto tronco. Alzai il mento, trovandola completamente nuda, e in cima a un robusto ramo. Aveva ripreso la forma bipede per potersi arrampicare, in modo tale che il leoncino – ancora senza criniera – non potesse raggiungerla. Troppo immaturo per potersi arrampicare.

Cain saltellava su due zampe come un ossesso per poterla raggiungere e mozzicarle le caviglie.

Non le si avvicinava nemmeno.

Soffocai una risata sul nascere nell'assistere alla scenetta comica, e decisi di affiancarmici. Incrocrai le braccia al petto: «Allora, ti cali tu o devo venire a prenderti io?», l'avvisai a gran voce.

Lei, che provava a coprirsi le parti più vulnerabili col fogliame secco, ci osservò allucinata: «Sei pazzo?! Sarò la cena di quel micione gigante se scendo da qui!», mi urlò di rimando.

Micione?!

Mi passai una mano fra i capelli, spazientito dalla risposta e irritato dal nomignolo. Ma come si permetteva?!

«Lui è mio fratello minore e ti ha rincorso perché sei scappata via. È un istinto predatorio difficile da gestire nell'età adolescenziale, genio. Adesso, prima che perda la pazienza, vieni giù o giuro su tutti i gatti spelacchiati che salirò io e te ne pentirai amaramente», l'avvertii, puntandole l'indice destro contro, irremovibile.

Mi dissi che più avrei atteso i suoi comodi e maggiore sarebbe stata la punizione che le avrei inflitto con immenso piacere.

*Angolino dell'Autrice*

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

*Angolino dell'Autrice*

Finalmente sono riuscita ad aggiornare di nuovo che ve ne pare di questo capitolo? Avete intuito perché Silene è stata rapita?

Savage // Vol. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora