Capitolo 12

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.12.

SETH

Scesi la rampa di scale, diretto alla cucina

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Scesi la rampa di scale, diretto alla cucina. L’ora del pasto era sacra; soprattutto a fine allenamento. Asciugai i capelli umidi coi lembi di un piccolo asciugamano, appeso intorno al collo, quando udii il tono sommosso, e meravigliato, della prigioniera confrontarsi con gli altri membri della Congrega: «Quindi voi mangiate la pasta?!».

Ma che razza di domanda era?!

Da quando esisteva un confronto con le prede?! Quella femmina si rivelava una sorpresa continua.

Ascoltai la risposta divertita di Gavriel, la voce alternata da risolini: «Certo, il nostro nutrimento primario è la carne, ovviamente, ma questo non esclude dalla dieta: latticini, pasta, legumi, pane, verdura e frutta».

Entrai nella stanza e mi disfai della tovaglia bagnata, sedendomi a capo tavola, accanto a Silene: «Sicuramente raccontano ai piccoli cuccioli erbivori che ci nutriamo di loro nel cuore della notte se si comportano male», scherzai sadicamente.

Laila proseguì, ignorando il commento sarcastico: «Ognuno di noi ha le sue preferenze culinarie. Io prediligo il pesce, e così anche il nostro amico Nathaniel, Tristan invece la carne bianca, gli animali di piccola taglia, mentre Seth di media... Te, per esempio», sghignazzò, strappandomi un sorriso compiaciuto. Inforcai soddisfatto un boccone di spaghetti, adocchiando la scena. Ci divertivamo con poco lei e io.

La cerva sussultò, volgendo lo sguardo su di me e scrutandomi livida di timore. Portava addosso i segni della violenza, avvenuta il giorno precedente, e il pensiero che glieli avessi lasciati io, mi tormentava ancora. L’ironia assunse sapore amaro in bocca, e non ebbi più voglia di scherzarci su. Sospirai, frustrato dalla strana sensazione, massaggiandomi il torace con la mancina per lenirne il fastidio: «Mangia tranquilla cerbiattina, hai bisogno di sfamarti esattamente come noi», imboccai la forchettata di pasta di poco prima.

Silene, dopo una lunga attesa nell’osservare ogni mia minima mossa, decise di imitarmi, infilandosi in bocca un boccone assai più piccolo del mio. Si cibava con lentezza, scostandosi i capelli dal volto, e assaporando il cibo come se ogni forchettata fosse la prima. Era adorabile.

Le sorrisi compiaciuto prima di tornare a dedicarmi al pasto.

«Tesorucciooo!», urlò una voce femminile, proveniente dal giardino, e che conoscevo fin troppo bene. 

Oh no.

Per poco il boccone non mi si fermò in trachea, e strozzarmi. Mi gettai a terra d’impeto, lasciando lo sgabello vuoto, e nascondendomi dietro il ripiano, dalla parte opposta delle due entrate. «Ditele che non ci sono!», bisbigliai a denti stretti.

«Seth insomma, dove sei tesoruccio mio?» udii ancora e sempre più vicino. Annusai l’aria circostante, inspirando il forte profumo di Ginevra, la compagna scelta per me dal Consiglio degli Anziani, e con cui avrei dovuto accoppiarmi. Rabbrivii al solo pensiero.

Era una predatrice bellissima, la leonessa con cui avrei dovuto portare avanti la stirpe dei sangue puro, e un futuro alfa.

Pura follia, per me.

Quel poco che vidi, spalmato sul pavimento, furono le gambe nude di Gin, vicina alla figura di Silene. Lei, strinse le pieghe della gonna bianca sotto il tavolo, intimidita dall’arrivo di un altro predatore. Tremava, ma non voleva darlo a vedere, fingendo un coraggio che gli mancava.

Provai un moto di tenerezza, e istintivamente le accarezzai la caviglia destra con due dita, attirando la sua attenzione: “Non permetterò a nessuno di farti del male” mimai con le labbra, rassicurandola. La pelle della femmina si rivelò essere tanto morbida, e liscia, che esitai a scostare il tocco.

«Ginevra, purtroppo hai mancato Seth di poco, ma gli diremo che sei passata senz’altro», commentò Jude, serafico.

«E l’erbivora al vostro tavolo è la colazione? Ammetto di non amare la tartare viva, ma se volete posso scuoiarla e cucinarla», si propose entusiasta la carnivora.

Silene, si portò la mancina alla bocca, sbiancando in viso nell’ascoltare l’elenco de Le migliori ricette al cervo, e di quanto io amassi la carne cruda.

Il mio amico riuscii a deviare il discorso, stroncando il ricettario sul nascere, prima che potessi compiere qualcosa di molto stupido: «Grazie Ginevra, la prossima volta chiederemo a te di farci da cuoca. Torna presto a trovarci!», la salutò lui, imperscrutabile, e congedandola col rispetto dovuto.

Ma che cazzo, no!

Poco dopo, Gavriel mi diede un colpetto sulla spalla: «Ok alfa, puoi tornare ad avere una spina dorsale, adesso».

Ma tu guarda che manica di stronzi.

«È facile parlare per te. Mia madre è capace di strapparmi le palle a morsi se rifiuto Ginevra», tornai a sedermi al mio posto, infastidito dall’intromissione avvenuta, ma quando adocchiai la cerbiatta, alla mia destra, la trovai troppo pallida.

«Silene...», la chiamai, ma lei per tutta risposta cadde in avanti, perdendo i sensi.

Merda.

Prima che potesse tuffare la faccia nel piatto, l’afferrai per una spalla, sbilanciandola verso di me. La ressi fra le braccia, e mi diressi fuori, in giardino, per farle prendere un po’ d’aria fresca. Ne aveva proprio bisogno. Era talmente leggera, e fragile, che mi provocò un brutto effetto averla in braccio in quello stato. Le lunghe ciglia gettavano ombre sottili sulle guance, rendendola quasi eterea. Rinvenne solo diversi minuti dopo, davanti al lago che delimitava la nostra proprietà, riprendendo un poco di colorito sulle gote esangui. Era bellissima.

Il riflesso delle stelle, sul pelo dell’acqua, rendevano le lucciole della sera mera imitazione.

«Seth», mormorò piano, alzando appena il capo: «Ti piace davvero la tartare di cervo de Le migliori ricette?», chiese con estrema dolcezza.

Risi divertito e scossi il capo: «Comincio a essere intollerante alla tua carne», denotai, recandole sollievo. Accennò un sorriso meraviglioso e tornò a poggiare la tempia sul mio torace per riposare. Parlare con lei, si rivelò essere meglio del sesso.

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