Capitolo 19

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.19.

SILENE

Spalancai gli occhi quando sentii il materasso flettersi sotto di me e l'odore pungente del sottobosco invadere i polmoni

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Spalancai gli occhi quando sentii il materasso flettersi sotto di me e l'odore pungente del sottobosco invadere i polmoni. Non vedevo nulla, ma percepivo qualcosa di soffice e leggero solleticarmi l'epidermide.

Dovevano essere le due o tre del pomeriggio, supposi. Intrigata dalla curiosità, mi morsi il labbro inferiore, e con la mano destra raggiunsi il piccolo lume sul comodino vicino, accendendolo, e schiarendo in questo modo l'animale prono al mio fianco.

Seth, in versione leone, mi fissava intensamente, accucciato a fianco, oscillando la coda con nervosismo. La testa, il triplo della mia, scrollò la folta criniera dorata, mugugnando raucamente, come se fosse contrariato nel trovarmi ancora sveglia a quell'ora. Era davvero enorme, soprattutto da vicino, ma non ne ebbi paura. Ormai sapevo chi era. Non mi avrebbe mai fatto del male.

«Mi spiace per prima, davvero. Non volevo peggiorare la situazione, ma non sono riuscita a fare nient'altro», gli confessai. Rimasi immobile malgrado stessi fremendo nel volergli accarezzare il grosso muso. Lui continuò a fissarmi, statico e guardingo, mostrandosi attento e predatorio. I suoi magnetici occhi blu scintillarono sotto al chiarore della piccola luce, attendendo con pazienza.

Non voleva ascoltarmi, tantomeno parlare - altrimenti si sarebbe presentato da me, bipede. Afferrai il lenzuolo e lo coprii in parte. Mi rannicchiai accanto a quella bestia mastodontica, e serrai le palpebre, rattristata da me stessa. Ero un disastro. Procuravo soltanto dispiacere e sofferenza a tutti quelli a cui tenevo. Come potevo essere tanto scema?! Avrei dovuto stare zitta e lasciarlo stare invece che peggiorare la situazione. Non sono buona a niente.

Avevo voglia di piangere, ma se l'avessi fatto, ero più che sicura che Seth se ne sarebbe andato, lasciandomi sola. Una mano, forte e gentile, mi scostò i capelli dal viso, accarezzandomi la guancia esposta con estrema delicatezza. Spalancai gli occhi, trovandomi dinnanzi a un ampio torace, nudo e bronzeo, che si sollevava e abbassava in maniera costante. Alzai lo sguardo, scorgendo il volto di Seth. Mi osservava, selvaggio, e allo stesso tempo, docile. «Scusami Silene. Ho sfogato su di te la mia collera e non avrei dovuto. Tu non centri con tutto questo», asserì pieno di rimorso, accarezzandomi ancora. Fummo talmente vicini che il calore del suo corpo mi avvolse come una seconda coperta. Mi beai di quella sensazione piacevole. Si chinò su di me, donandomi un bacio sulla fronte in segno di scuse. Sorrisi di quel contatto affettuoso e volli ricambiare, strofinando il nasino contro al suo. Sobbalzò, guardandomi allibito: «C-Che ti salta in mente?!» quasi urlò, rosso dalla vergogna.

«Cosa? È solo un gesto ringraziamento», mi giustificai, confusa dal suo turbamento.

Si stupì, e sistemandosi meglio sul fianco, mi studiò con rinnovato interesse: «Davvero?».

Lo imitati, avvicinandomi a lui: «Sì, perché?!», chiesi alquanto divertita del suo imbarazzo.

«Perché, nelle nostre usanze, questo gesto significa altro, ecco», deviò il discorso, eludendo la mia domanda.

«Cosa?», insistetti, sorridendo sempre di più. Era tanto buffo quanto bello.

Il leone si schiarì la voce, sfuggendo al mio sguardo indagatore: «È legato a un significato amoroso: "Ti amo", o "Sei la persona più importante per me"», mugugnò a disagio.

Sgranai gli occhi: «Veramente? Aspetta, è per questo che hai reagito in quel modo ambiguo quando ho fatto qualcosa di simile con Helia; credevi che gli stessi giurando amore», gli rivolsi sorpresa e lui, si irrigidì, trattenendo il respiro. «Io e lui siamo promessi, ma non ci amiamo, almeno non nel modo in cui dovremmo. Siamo cresciuti insieme ed è come se fossimo fratelli», mi giustigicai; anche se non ne capivo il motivo.

«Ah...», mormorò, sollevando appena gli angoli della bocca.

«Sei sollevato?», domandai sempre più frastornata, ma felice.

«No, non lo sono», tornò subito serio, scuotendo il capo per negare.

«Sì, invece. Ti ho visto», constatai convinta, dandogli un lieve colpetto al naso con l'indice destro. Ci guardammo per un lungo istante, carico di silenzio, finché non scoppiammo a ridere di gusto.

«E invece da voi come si dice "Ti amo"?», mi chiese ancora divertito dalla piega bizzarra della nostra conversazione: «Solo per uno scopo puramente informativo, s'intende», si affrettò ad aggiungere poi.

Adesso ero io quella che avvampava vergognosamente. Imbarazzata, e con gesti esitanti, gli presi il volto fra le mani; prima di fare la mia dimostrazione, deglutii la poca saliva accumulata in bocca, e con impeto posai le labbra sulla sue. Abbassai le palpebre, e sentii una scossa attraversarmi il corpo, fermandosi nello stomaco, torcendomi le budella e le dita dei piedi. I battiti del cuore, contagiati dai suoi, accellerarono la loro corsa e io trattenni il fiato.

Seth inspirò bruscamente, artigliandomi i fianchi, come se avesse dovuto aggrapparsi a me per non soccombere. Schiuse la bocca e ricambiò istintivamente il mio bacio.

Il mio corpo aderì al suo, diviso dal misero lenzuolo. I suoi zigomini erano ruvidi, sotto il tocco dei polpastrelli, a causa della lieve ricrescita della barba, e il suo respiro, caldo e furente, divenne smanioso quanto il mio. Non riuscivo a staccarmi da lui e quando la mia lingua incontrò la sua, successe qualcosa a Seth. Qualcosa che contaminò anche me. Mi sovrastò, palpandomi sopra al tessuto leggere della camicia da notte. La strappò facendomi ansimare. E quel lieve suono fu la nostra rovina, perché la sua erenzione poderosa e lunga, sfregò sul cotone delle mie mutandine, umide dei miei umori.

«Seth...», sillabai contro le sue labbra. Esplorava il mio corpo, palpandomi il seno, e solleticando il capezzolo già turgido. Allacciai le gambe sul suo bacino, aggrappandomi alle sue possenti spalle. Era imponente persino nella sua versione bipede. Ne esplorai il corpo, assecondando ogni gesto, smarrendoci lungo la via dell'assennatezza.

SETH

Il profumo alla lavanda di Silene era un afrodisiaco naturale

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Il profumo alla lavanda di Silene era un afrodisiaco naturale. Tutto di lei mi seduceva. Insieme eravamo pura elettricità. A ogni colpo di labbra, lingua, e denti, perdevo lucidità. La desideravo più di ogni altra cosa al mondo. I baci nella nostra usanza non erano importanti, ma nessun contatto aveva mai avuto questo potere su di me; eppure lei era un'erbivora. Il nemico...

Il nemico.

Mi staccai da lei di netto, ruggendo e cadendo dal letto. Ansante e incapace di comprendere le mie azioni. Che cazzo stavamo facendo?!

Tradire la Legge Naturale significava morte certa. Sia per me, che per lei. Accoppiarsi col nemico era considerato un affronto alla propria società, ed era contronatura.

Savage // Vol. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora