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Un pochino di calore tornò ad espandersi nel corpo dell'agente quando capì che non si trovava davanti ad un cadavere ma ad una persona ancora viva. Terribilmente malconcia, ma viva.

<QUALCUNO CHIAMI Il 119!> urlò con tutto il fiato che riuscì a recuperare.

Come mai non lo stava facendo lui? Semplice. Sapeva cos'era successo, aveva visto la scena.
Mentre stava per rialzarsi, una donna gli si avvicinò presentandosi come un "medico" e subito dopo prestò il primo soccorso al ragazzo.

Jimin, appurato che il moro sarebbe stato in buone mani, iniziò a guardarsi attorno con frenesia, muovendo gli occhi a destra e a sinistra e girandosi da un lato all'altro della strada come un flipper, in cerca di QUELLA persona.
Si, perché aveva visto chiaramente che qualcuno, in mezzo alla calca, aveva spinto il ragazzo in strada, mentre innumerevoli auto sfrecciavano, consapevole del fatto che di sicuro una di loro avrebbe colpito in pieno il giovane. Infatti, così accadde.

Jimin si morse un labbro per la frustrazione. Aveva aspettato troppo e il malvivente se l'era già svignata. Ma d'altronde, cosa avrebbe dovuto fare? Inseguirlo e lasciare il ragazzo steso per terra, senza nemmeno verificare se fosse ancora vivo? Non era da lui.

Si passo velocemente una mano tra i capelli, per poi spostarla sul viso, coprendosi la bocca per cercare di trattenere un urlo di rabbia.
Mise infine entrambe le mani sui fianchi, lasciando uscire uno sbuffo d'aria e controllando un'ultima volta le strade che si aprivano dal punto dell'impatto. Subito dopo e con grande rammarico, si diresse verso la calca di gente.

Arrivò correndo e si chinò subito a terra, cercando di captare anche solo un minimo movimento da parte del ragazzo.
Mentre lo stava guardando, quest'ultimo aprì leggermente gli occhi in una fessura sottile.

Jimin era talmente concentrato sul suo volto, pensando a cosa avrebbe potuto dirgli per confortarlo, che non appena il moro gli appoggiò la mano sulla sua, sobbalzò per lo spavento. Non se lo aspettava. Con un po' di esitazione la prese e la strinse.

Qualcosa scattò dentro Jimin: una strana sensazione si stava facendo largo nel suo petto.

"Deve essere l'adrenalina" pensò.

D'altronde, cos'altro poteva essere? L'agente non era certo tipo da lasciarsi andare alle emozioni. O meglio, non lo era ora, ma c'era stato un tempo in cui anche lui ne era stato capace.

Il biondo spostò velocemente lo sguardo dal volto del ragazzo alla sua mano, accorgendosi di quanto più grande fosse rispetto alla sua. Ciò gli fece spuntare un sorriso in volto.

<-er-c-orr-di?> chiese il moro con una voce flebile, cercando di pronunciare lettera dopo lettera con tutta la forza che aveva in corpo.

Jimin fece una faccia confusa. Non aveva capito niente. Aprì la bocca per dire qualcosa ma venne interrotto dal rumore delle sirene che annunciavano l'arrivo dell'ambulanza.
Si limitò così a rivolgergli un ultimo sguardo di comprensione prima di alzarsi e fare spazio ai paramedici che lo caricarono e sparirono con la stessa fretta con cui erano arrivati.

Il suono delle sirene stava pian piano svanendo, confondendosi con i rumori di una Seoul notturna.
L'agente si trovò per un momento spaesato.

"Ora cosa faccio?" si domandò.

Decise che era meglio iniziare a chiedere se tra la folla ci fosse qualcuno che avesse visto la scena meglio di lui.

<Va bene- iniziò a gran voce -sono un agente di polizia, mi chiamo Park Jimin. Chiunque abbia visto anche solo un minimo dettaglio che potrebbe aiutarci ad identificare il sospettato è pregato di parlarne con me e con i miei colleghi che stanno arrivando>

Dopo pochi secondi di silenzio qualcuno disse
<Sospettato? Non è...non so, scivolato? >

<Si, sospettato e no, non è scivolato> disse il biondo cercando di mantenere la calma.

<Io mi trovavo una decina di metri più in là e ho visto chiaramente che due mani hanno spinto il ragazzo in strada. Però- continuò -non sono riuscito a vederlo in faccia. Quindi, se c'è qualcuno che ha vist->

<Io ho visto un uomo- lo interruppe una signora -o meglio, credo fosse stato un uomo, dalla corporatura sembrava così. Indossava una giacca nera e portava il cappuccio. Non gli ho visto il volto>

<Mmmm...va bene. Sentite se qualc->

<Park, come mai qui? Sei tornato alla tua vecchia vita?>

Jimin si girò frustrato. Era la seconda volta che qualcuno lo interrompeva mentre stava parlando.

Squadrò il collega dalla testa ai piedi, riservandogli un sorriso a dir poco falso.
Non ricordava il nome dell'agente, ma la sua arroganza si. Quella la ricordava benissimo.

Cercando di non insultarlo disse semplicemente
<No, stavo tornando a casa, poi ho assistito "all'incidente" quindi sono rimasto>

<Perché dici "incidente" con quel tono?>

<Perché non lo è stato. Qualcuno tra la folla ha spinto il ragazzo>

<Mmmm...> disse il collega, meditando sul da farsi. L'uomo si girò poi verso un agente poco più in là e lo chiamò.

<Jung> disse pacato.

Il diretto interessato, capelli castani e volto che lasciava trasparire il suo animo allegro, si avvicinò a passo spedito verso di loro. Jimin lo riconobbe.
Era l'unico di cui si ricordasse il nome: Hoseok, Jung Hoseok.
Come mai? Semplice.

Appena trasferito nel nuovo distretto, quel giovane era stata uno dei pochi ad aver trattato Jimin con un minimo di gentilezza. Nonostante qualche parola di tanto in tanto, il biondo se ne era tenuto abbastanza alla larga. Quando si trovava vicino a lui, percepiva una strana aura. In qualche modo Hoseok gli infondeva un sentimento di spensieratezza poco gradito. Per lui il mondo era un posto brutto, crudele, non c'era motivo di essere allegri. Non aveva senso sentirsi felici per un tempo breve per poi essere schiacciati più volte ed infine sotterrati dalla tristezza.

<Signore> disse Jung.

L'uomo continuò <Mettiti in contatto con l'ospedale dove è stato portato il ragazzo, sperando che si ancora vivo. In tal caso bisognerà mandare qualcuno a parlargli appena sarà in grado di dirci qualcosa>

<Vado io> disse all'improvviso Jimin, senza lasciare fiatare il suo collega.

<Come?>

<Ci parlo io. Dopotutto mi trovavo qui quando è successo. Sarà più facile per entrambi>

L'uomo dopo qualche secondo di silenzio disse
<So che hai svolto il lavoro sul campo prima di tornare a quello di ufficio> fece una pausa, avvicinandosi al biondo <ne sei ancora capace?> chiese infine, con una nota di sarcasmo.

Protection || jikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora