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Jungkook era impegnato a scrivere al computer, spostando le dita con velocità da un tasto all'altro.
Non sentiva nemmeno i rumori dell'ambiente circostante, era come immerso in una bolla insonorizzata.

<Non riesci proprio a farne a meno> disse una voce.

Jungkook alzò lo sguardo è trovo Jimin appoggiato allo stipite della porta, in accappatoio.

Il suo cervello andò in corto circuito. Rimase fermo a fissarlo, con la bocca aperta, non capendo cosa dire.

<Eh?> chiese, facendo fatica a pronunciare anche solo quelle due semplici lettere.

<Il computer> disse il biondo facendo un cenno con la testa nella direzione dell'oggetto <Non te ne stacchi mai>

Il moro abbassò lo sguardo verso il pc, come se fosse la prima volta che lo vedesse.
"RIPRENDITI" intimò al suo cervello.

Jimin fece un paio di passi verso di lui e disse
<Posso vedere a cosa stai lavorando?>

Panico.

Jungkook chiuse di colpo il monitor, sgranando gli occhi e deglutendo sonoramente.
Non poteva succedere, non l'avrebbe permesso.

I suoi pensieri erano privati e sarebbero dovuti restare tali. Non avrebbe mai fatto leggere ciò che scriveva all'altro perché la paura di venire rifiutato era troppa.

<No> disse freddo.

<Perché? Hai qualche segreto per caso?> chiese Jimin sorridendo maliziosamente, non percependo la serietà del momento.

<Ho detto di no> rispose con voce grave.

Al più grande vennero i brividi. Non lo riconosceva, non era più lui.

<Va bene, scusa>

Detto ciò si allontanò il più in fretta possibile ed entrò nella sua stanza.
Si sedette sul letto, fissando la carta da parati beige.

"Come mai? Ho detto qualcosa di sbagliato?"

Non riusciva a spiegarsi quella reazione eccessiva...a meno che Jungkook non avesse veramente qualcosa da proteggere.
Cosa poteva essere?

Con la mente sovraffollata da pensieri, il ragazzo si asciugò e si vestì in fretta.
Dopo poco uscì dalla stanza, indugiando qualche secondo davanti alla porta che il più piccolo aveva chiuso quando si erano separati, per poi percorrere il corridoio e scendere la scale.

Arrivò così in cucina dove la signora Jeon stava preparando il pranzo.

<Posso aiutarla in qualche modo?> si offrì il biondo.

La donna girò la testa nella sua direzione e gli sorrise.

<Grazie ma non serve. Non facciamo lavorare gli ospiti ragazzo>

Jimin aveva un disperato bisogno di distrarsi dalla litigata che aveva appena avuto.
Forse "litigata" era un po' esagerato come termine ma per lui sentirsi parlare con una voce ad un volume più alto del normale equivaleva ad avere un diverbio.

Riusciva anche lui a rispondere male, ma gli era impossibile urlare in faccia alle persone.
Si sentiva inferiore quando gli altri lo facevano con lui. Gli veniva quasi da piangere.

Patetico vero?

Era questo che si diceva ogni volta che ci pensava. Non era bello sentirsi deboli e soprattutto "non era un carattere adatto ad un agente di polizia".

Queste parole gli risuonavano spesso nella mente, così come l'immagine dell'uomo che le aveva pronunciate tanto tempo fa.

Si riprese dal momentaneo stato di trans.

Protection || jikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora