<3>

2.1K 130 4
                                    

Jimin salì le scale e percorse due corridoi, facendo attivare le luci una dopo l'altra al suo passaggio, arrivando infine davanti ad una porta con la targhetta '223' al centro.

Frugò nelle tasche e ne estrasse un mazzo di chiavi con le quali apri il suo appartamento. Entrò e iniziò a spostarsi nella stanza buia, scorgendo quanto bastava dei contorni degli arredi illuminati dalla luce innaturale della città notturna, proveniente delle finestre.

Si sedette sul divano, sistemandosi sulle gambe il computer. Prima di tornare a casa era riuscito a farsi dare, con parole convincenti un po' tendenti a delle minacce, una copia dei filmati di sorveglianza da analizzare.

Aprì il file e con il cursore spostò il pallino rotondo della barra di durata del video fino al momento dell'incidente.
Tornò indietro più è più volte, rallentando la velocità del filmato e avvicinandosi allo schermo per vedere meglio.

Spostò il computer di lato con uno sbuffo, si alzò ed andò a prendere gli occhiali da vista abbandonati sopra al mobile della cucina.

Jimin era bello si, ma con gli occhiali risultava cento volte più attraente. Anche se ne era consapevole, tendeva a portarli solo quando mettere a fuoco ciò che stava guardando risultatava impossibile.

Dopo una buona mezz'ora, il biondo si arrese. Era solo riuscito a vedere la direzione da cui il sospettato era arrivato e quella presa per scappare.

"Nelle zone vicine non ci sono telecamere. Sono al punto di partenza" pensò con frustrazione.

Decise di stendersi per pochi minuti, pensando a cosa sarebbe stato meglio fare. Era stata una giornata lunga e pesante.

Ad occhi chiusi, Jimin ripensò alle parole del ragazzo. Parole, un po' esagerato come termine. Si potevano definire "sillabe disposte alla rinfusa".

"Cosa avrà voluto dirmi? Forse era solo confuso".

Con questo pensiero in testa, il giovane si addormentò come un sasso, cullato dalla voce del suo sconosciuto.

-

Una tenue luce mattutina filtrava dalle finestre, colpendo in parte il volto ancora addormentato di Jimin.

Pian piano il ragazzo aprì gli occhi in due piccole fessure, giusto quello che bastava per poter vedere.
Si mise seduto sul divano con un'espressione tutt'altro che vitale. Rimase fermo così per due buoni minuti.

Girò la testa di lato per riuscire a mettere a fuoco le lancette dell'orologio appeso alla parete: segnavano le 7:50.

"Sono le...7:50...LE 7:50?! È TARDISSIMO" pensò.

Con un'energia improvvisa saltò in piedi con un balzo, si diresse in camera per cambiarsi e uscì di corsa dall'appartamento, accompagnato da una serie di imprecazioni intervallate da un "é tardi" di tanto in tanto.

Scese la scale quasi volando e in due balzi era già in strada.
Non aveva mai avuto così tanta fretta di andare al lavoro. Era tardi, certo, ma anche se fosse stato in orario avrebbe corso a tutta velocità, come stava effettivamente facendo, quel mezzo km che lo separava dalla centrale. Doveva sapere cosa era successo. Aveva bisogno di indagare. Per la prima volta dopo tanto tempo sentiva di avere uno scopo, un motivo valido per alzarsi dal letto o, in questo caso, dal divano.

Durante il tragitto incrociò un furgoncino di churros: siccome non c'era fila, ne prese un paio da mangiare al volo, lanciando praticamente i soldi in faccia al venditore, per poi scappare in fretta e furia a raggiungere l'ufficio.

Arrivò ansimando, sudato e qualche minuto in ritardo, ciononostante cercò di mantenere un certo decoro per passare inosservato tra i colleghi.

Si sedette alla sua scrivania, dove passo una buona ventina di minuti ad osservare il display del suo pc, senza fare effettivamente nulla.

<Park> disse una voce alle sue spalle.

Il biondo si girò, trovandosi davanti l'agente arrogante della sera prima. Sul suo petto risplendeva una targhetta con scritto "Lee K."

<Signore> disse, cercando di mantenere un tono piatto.

<Visto che sei molto interessato a questo caso, perché non vai a sentire i proprietari del ristorante messicano ad angolo della strada dove è avvenuto l'incidente?>

Jimin rimase spaesato per qualche secondo.
È vero che voleva indagare di persona ma ciò che questo comportava lo spaventava: era passato tanto dall'ultima volta, troppo forse.

Tuttavia non poteva lasciarsi sfuggire questa occasione, quindi rispose
<Certo>

<Ah e un'altra cosa: appena finisci, passa in ospedale. L'operazione è andata bene e il ragazzo si è svegliato>

Jimin sentì una fitta nel petto, non dolorosa ma in un certo senso piacevole. Sentiva ancora di più di aver fatto bene ad accettare la proposta del suo collega.

<Si signore>

<Fagli qualche domanda per capire meglio cosa sia successo, senza esagerare> poi prima di andare aggiunse <Non serve che tu metta la divisa. Se per questa indagine passerai alla sezione investigativa non ti servirà. Ormai sai come funziona>

Il biondo si guardò i vestiti: si era scordato di cambiarsi appena arrivato.
Si sedette sulla sedia, chinandosi in avanti per rovistare nei cassetti della sua scrivania in cerca di una penna e di un quadernetto.
Quando li ebbe trovati si alzò e si diresse a passo spedito con il suo cappotto lungo verso il ristorante messicano, lasciando dietro di sé la centrale.

-

In prossimità del luogo dell'incidente, si fermò per qualche istante ad osservare l'asfalto: era ancora visibile il sangue lasciato dal ragazzo.

Non sapeva bene cosa stesse succedendo dentro la sua testa. In qualche modo vederlo gli aveva suscitato il ricordo delle emozioni della sera prima. Decise che era meglio passare oltre.

Arrivato davanti al ristorante si guardò intorno per capire com'era la visuale da quell'angolazione: si vedeva abbastanza bene la fermata dell'autobus.

Si girò verso l'entrata del locale. In alto, un'insegna sgargiante con scritto "Sueño Mexicano" era illuminata dalla luce del sole che, colpendola, ne esaltava ancor più i colori.
Jimin prese la maniglia della porta e la spinse.

-
Presto in arrivo altri capitoli♡

Protection || jikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora