CAPITOLO 4

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Come promesso, stamattina alle 9 Cesare e Dario sono venuti a prendere me, Nina e Nels per andare allo studio, dove abbiamo ritrovato Tonno e conosciuto anche Nicolas e Frank; abbiamo già lavorato un po' sul materiale che nei giorni scorsi avevamo individuato con Giulia, che ha seguito passo passo questa riunione in videochiamata, e ora stiamo facendo pausa pranzo, nella quale Nina sta analizzando ogni singolo pezzo della loro collezione nerd - guarda caso accompagnata da Tone, ma non voglio fare speculazioni -, mentre io mi aggiro per il set dei Salotti e delle puntate.
"Ci stai spiando o hai intenzione di fregarci qualcosa?", mi dice Cesare, comparso improvvisamente alle mie spalle mentre guardo affascinata l'albero.
"Si, effettivamente avevo intenzione di caricarmi in spalla questo e portarlo in treno fino a Bari, ci starebbe divinamente nel mio appartamento.", rispondo girandomi verso di lui.
"Vivi con loro due? Con Nina e la bionda, Giulia?", chiede incuriosito sedendosi su uno degli sgabelli rossi.
"No, loro sono di Bari, io condivido l'appartamento con la mia migliore amica, andavamo insieme al classico e l'anno scorso abbiamo deciso di trasferirci per avere un po' più di autonomia ed evitare i viaggi in treno.", gli spiego.
"Ah, quindi non sei barese doc.", replica prendendomi in giro.
"Nono, sono di un'altra provincia, ma la mia città non è piccola, certo non è come il capoluogo, però ha un sacco di storia, soprattutto legata a Federico II, alla Disfida. Non sarà bella come Bologna, ma ha il suo perché.", gli dico, quasi nostalgica.
"Sarà difficile dover passare 6 mesi qua, lontano dagli amici e dai ricordi, mi mancherà la solita routine, lo stesso bar in cui andiamo da almeno dieci anni, le solite pizzerie dove vai a colpo sicuro, lo stress degli esami, anche se a settembre ci sarà l'ultimo anno da affrontare, ma sarà strano essere così distanti da tutto questo.", continuo io mentre mi siedo sullo sgabello di fronte.
"Bologna sa essere una grande città interculturale, ma anche un bel paesone medievale, intimo e familiare, ha una vivacità molto turistica, però è un bel posto da chiamare casa. Avrai tutto il tempo per ambientarti, costruirti una nuova routine, creare nuovi ricordi con altre persone.", mi dice, quasi consolandomi.
"Ho una curiosità: sono tinti? Non hai extension o roba simile?", mi chiede poi osservando attentamente i miei capelli.
"No, sono neri naturali al 100%, sono un'autentica Rapunzel versione Tim Burton, ci tengo molto ai miei capelli, sono un po' il mio punto di forza. Mi è sempre piaciuto il colore, non è usuale trovare qualcuno con una colorazione così scura, per la lunghezza invece ho sempre amato portarli lunghi, ogni volta è un dolore al cuore doverli tagliare, soprattutto ora che mi arrivano alla vita.", rispondo prontamente io. Cesare rimane un attimo in silenzio, quasi come se fosse ancora assorto nell'osservare i miei capelli, per poi riprendere il discorso.
"Stasera verrete anche voi da Nic? Sarà divertente, è da un po' che non festeggiamo il Capodanno tutti insieme, ci sarà anche Federico, sai il ragazzo che ora vive a Londra.", chiede ancora.
"Mi dice qualcosa un certo club dei Manzi.", rispondo io ridendo. "Si, ci siamo anche noi, siamo in macchina con Bea e Nels, Nic ci ha detto che per le 21 possiamo già venire, così magari ci insegnate qualche ricetta bolognese."
"Portatevi un cambio, solitamente queste rimpatriate durano fino a tardi e spesso siamo anche abbastanza brilli, Nelson porta degli ottimi alcolici che fa il padre e noi di certo non li buttiamo.", mi dice mentre sto salendo nella macchina di Dario con Nina e Nelson per tornare a casa sua, dopo aver salutato anche gli altri.
"Allora ci vediamo stasera da Nicolas.", gli rispondo, quasi in imbarazzo.
"A stasera.", replica lui passandosi una mano tra i capelli, scompigliati dal vento freddo di dicembre, sorridendo.

Solo poche ore fa eravamo immerse in documenti di filologia, storia dell'arte e archeologia, mentre ora ci ritroviamo sommerse da vestiti, piastre per capelli, pennellini, palette e rossetti lasciati sul letto per la fretta: Nina ha messo un pantalone a zampa di velluto bordeaux abbinato ad un body a maniche lunghe argentato e un paio di scarpe con il tacco quadrato dello stesso colore, prestate da Bea - quella donna è la nostra salvezza -, io invece ho preferito dei pantaloni a sigaretta neri con delle righine bianche e una camicetta verde scuro con le maniche a tre quarti, il tutto completato da un paio di stivaletti con tacco 8 cm, non troppo alte. Sto dando un ultimo colpo di spazzola, quando la porta si spalanca di colpo e sento Nina imprecare, rigorosamente in barese, per aver sbavato il rossetto dello stesso colore del suo pantalone.
"Ragazze, cambio di programma: Dario è già su da Nicolas con Frank per aiutarlo, noi invece dobbiamo andare a prendere anche Federico e Cesare, la sua auto non parte, e poi passare dallo studio di mio padre per gli alcolici, quindi Tone si è offerto di venire a prendere Nina, così possono già portare da Nic la parte di spesa che abbiamo noi qui e i quintali di cibo che avete portato voi da Bari.", dice Nelson, senza darci il tempo di replicare, uscendo di corsa per andare ad aprire il portone proprio a Tonno.
"Ma perché ci devo andare io con Francesco?", chiede Nina frustrata, mentre si infila il giubbotto nero con la pelliccia all'interno, l'ideale per il freddo di dicembre.
"Oh, non ti lamentare tanto, si vede come vi guardate, state sempre appiccicati a parlare, non fare la solita sociopatica. Non ti dimenticare di far mettere la burrata in frigo e di riscaldare un po' la focaccia. Muoviti, stai tosta come il pane di avant'ieri.", le dico ridendo, spingendola fuori dalla porta dell'appartamento, per poi infilare anche io il mio cappotto nero senza bottoni che mi arriva al ginocchio.
"Ora che ci siamo liberati dei piccioncini sbrighiamoci.", dice Nelson mentre scendiamo le scale del palazzo e mi siedo sul sedile anteriore dietro Bea. Dopo una decina di minuti siamo davanti casa di Cesare, che vediamo fuori dalla grande cancellata con Federico, il quale si presenta non appena entra in macchina; arriviamo poi sotto quello che deve essere lo studio del papà di Nels che scende con Cesare dalla macchina, entrando poi nel palazzo.
"Bea, stasera viene anche lei?", chiede Federico alla ragazza, sporgendosi in avanti essendo seduto nel posto centrale.
"No, è partita con cugini e zii per la montagna, anche i genitori di Nic e la sorella sono andati.", gli risponde Beatrice girandosi.
"Sarebbe stato strano, è finita da poco, erano pur sempre 9 anni.", replica lui serio.
"È vero, ma sono rimasti in buoni rapporti, e Sofia è pur sempre cugina di Nicolas e vi conoscete da una vita, non avrebbe dato troppi problemi a Cesu.", dice lei, mentre vediamo arrivare i due ragazzi con le mani cariche di bottiglie che infilano nel portabagagli per poi ripartire verso i colli, dove arriviamo dopo una ventina di minuti circa. Nelson parcheggia in fondo al viale e i ragazzi prendono dal cofano tutte le buste e le bottiglie andando velocemente verso la grande casa, mentre Bea mi prende sotto braccio.
"Allora, come sta andando con i ragazzi? Ho saputo che parli molto con qualcuno in particolare.", mi domanda mentre entriamo e ci sfiliamo i cappotti. Un odore di legno mi pervade le narici e sento dal salotto alla mia destra il crepitare del fuoco nel grande camino in mattoni rossi, perfettamente in stile con l'arredamento classico, sembra quasi di stare in montagna.
"Ci siamo solo conosciuti un po', niente di ché, al momento quelli da tenere sotto controllo sono i due nerd.", le rispondo sviando il discorso e andando a salutare gli altri, dirigendomi poi nella grande cucina dove trovo Dario e Nicolas intenti a cucinare. Iniziano a spiegarmi qualche ricetta tipica, soprattutto il ragù alla bolognese, su cui iniziamo una bella discussione, dal momento che da noi il ragù è il sugo con le braciole di maiale. Proprio mentre parliamo di questo, Nic mi prende da parte.
"Senti Isa, mi ha intrigato molto il discorso di Giulia, sai quello sulla fotografia applicata all'arte e all'archeologia... sì, insomma, volevo sapere se...", inizia lui, notevolmente imbarazzato.
"Nicolas, tranquillo, ho capito.", gli dico sorridendo e prendo il cellulare dal bancone dove lo avevo poggiato per digitare qualcosa sullo schermo. "Ecco, ti ho mandato il suo numero di WhatsApp. Così potete parlare di fotografia.", continuo, mimando delle virgolette sull'ultima parola, e lui si avvicina di nuovo a Dario per controllare il ragù, ma con un nuovo sorriso.
"Come va qui dentro? Di là abbiamo preparato l'antipasto, venite, così apriamo lo spumante, il primo di una lunga serie.", dice Cesare irrompendo in cucina. Dario e Nic si avviano nel salone, mentre io resto ancora a pensare a quello che è successo solo un attimo prima, sorridendo al pensiero di ciò che mi dirà Giulia.
"Hey, tutto okay?", mi chiede Cesare sorridente avvicinandosi.
"Si, tutto bene. È proprio un tenerone Nic. Giulia è stata fortunata. Lo sono entrambi.", gli dico raggiungendolo.
"Ti ha chiesto il suo numero, vero? Prima voleva costringermi a farlo al posto suo.", risponde ridendo. "Andiamo di là dagli altri?", continua lui e con titubanza mi tende una mano.
"Andiamo.", gli rispondo, incastrando la mia mano alla sua, seguendolo.

Away from all the fears you left behind. - Cesare CantelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora