CAPITOLO 9

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Marzo è volato in un secondo e mi sembra ieri che abbiamo iniziato il corso in Università dividendo i nostri pomeriggi tra lo studio in biblioteca e le risate con i ragazzi, che abbiamo iniziato a frequentare sempre più spesso, soprattutto dopo che un sabato sera, in discoteca, Giulia e Nic si sono - era ora aggiungerei - baciati a perdifiato e da noi sono partiti fischi e risate di approvazione. Con lo stesso livello di stupore non mi sono resa conto che siamo arrivati a metà Aprile, al limite delle feste pasquali, troppo impegnata nel preparare materiale per il video dei ragazzi sull'archeologia, la cui registrazione è stata proprio fissata per oggi, ovvero prima che io, Dario, Nelson, Bea e Cesare possiamo partire per i pochi giorni delle vacanze di Pasqua, mentre gli altri hanno deciso di festeggiare a casa di Nicolas - povero Frank circondato da coppiette sdolcinate.
Stamattina siamo venuti presto in studio per ricontrollare quello che abbiamo scritto e passare alla registrazione della puntata, in cui però abbiamo deciso di non apparire, ad eccezione dei commenti in regia con Tonno e Dario, lasciando come sempre Nelson e Cesare davanti alla telecamera per le varie manche; tra le risate, le scene tagliate e la pausa pranzo, la giornata è passata in fretta, anche se è stato faticoso soprattutto per la terminologia complessa, ridotta al minimo indispensabile per lasciare comunque spazio al loro lato comico, così abbiamo deciso di cenare qui in studio per passare un’ultima sera insieme prima della nostra partenza, prevista per domani mattina all’alba così da essere a Firenze in mattinata e iniziare già da subito a girare.
Nina e Dario hanno messo insieme una veloce carbonara e l’abbiamo divorata davanti ad uno dei film di Star Wars, non ho idea di quale si tratti, è una delle mie più grosse mancanze: non ho mai visto tutta la saga, ogni tanto, come in questo caso, mi è capitato di vedere qualche episodio o di montare qualche Lego insieme a Frank e Tone, ma non sono mai stata una grande fan, argomento che ha accomunato la maggior parte delle discussioni tra me e Cesare, il quale continua a non capacitarsi del fatto che mi piaccia da matti Il Signore degli Anelli e non la saga di Star Wars. Finito il film, Nina e Giulia restano ancora un po’ in studio, dal momento che per questi giorni dormiranno da Nicolas, mentre Nelson mi accompagna velocemente a casa per prendere la mia valigia perché stanotte – o le ore che restano in realtà – dormirò da lui e Beatrice cosicché domani Cesare e Dario possano venire direttamente a prenderci tutti e tre e risparmiare tempo: corro subito in camera mia recuperando la mia valigia e il mio amato zaino serpeverde, controllo di aver preso tutti i documenti, il portafogli e il <<kit di sopravvivenza>>, che porto sempre con me in borsa, contenente cerotti, forbicine, pinzette, una lima, lo scotch e il burrocacao, poi mi assicuro che tutto sia in ordine e chiudo casa per caricare in macchina di Nelson la mia roba. Arrivati al suo appartamento, lascio le mie cose nell'ingresso assieme alle loro e Bea mi presta un suo pigiama per la notte, che passa in un batter d'occhio, carica di aspettativa e di emozioni per il ritorno nella mia adorata Firenze, una delle città che dopo anni ancora sa emozionarmi come poche.

Fortunatamente ci svegliamo tutti in orario e abbiamo tempo per fare una veloce colazione prima che Dario e Cesare arrivino con la sua macchina, perché più grande e capiente, ma è Nelson, con Dario nel posto di fianco a lui con il navigatore, a mettersi alla guida per la successiva ora e mezza, in quanto è abituato a fare questa strada dal momento che Luca, uno dei componenti di rovere, ci si è trasferito ed è capitato spesso che venissero a trovarlo, così io e Bea ci siamo sistemate nei posti dietro nella speranza di riuscire a dormire, con Cesare seduto alla mia sinistra. Per una buona mezz'ora riesco a prendere sonno, così come fa Beatrice poggiandosi allo sportello, ma dopo un po' mi sveglio perché infastidita dal sole che inizia ad entrare dai finestrini laterali e inizio a guardare qualche foto su Instagram, finché non vedo Cesare sbadigliare.
"Hai sonno Cesi?", gli domando sottovoce, attenta a non svegliare Bea.
"Un po' in realtà. Ho dovuto finire la valigia stanotte perché la mia roba era tutta in lavatrice e ho dovuto aspettare che si asciugasse.", mi dice stropicciandosi gli occhi.
Poi fa una cosa inaspettata e si poggia con la testa sulla mia spalla accoccolandosi, anche se fa attenzione a non pesarmi addosso.
"Sei comoda.", mi dice sorridendo mentre chiude gli occhi ed io faccio lo stesso poggiando il capo sul suo, senza però riuscire ad addormentarmi, anche perché sento un brivido alla schiena quando, mentre sta dormendo, stringe la mia mano tra le sue. Mi sembra quasi che mi dia protezione con questo contatto, lo sento ancora più vicino, abbiamo legato tanto in questi mesi e mi sono avvicinata molto a lui, ogni volta che parliamo, di qualsiasi cosa, che sia seria o meno, mi vedo sempre più legata a Cesare, non posso più farne a meno, è entrato lentamente a fare parte della mia quotidianità e non sarei mai capace di farlo uscire, ormai è diventato un bisogno vitale averlo accanto. Mi sono confidata molto con lui, come è già successo d'altronde, ha continuato a «risollevarmi» quando sentivo troppo la distanza e la mancanza degli affetti, ma poco alla volta è riuscito a riempire le mie giornate, soprattutto quando rimanevo a casa da sola perché Nina e Giulia uscivano con Tone e Nic, così mi faceva compagnia anche solo per mangiare una pizza sul divano, giocare a Risiko dividendo un paio di birre e di piadine farcite o fare un giro con Chewbe nel parco vicino casa.
Rimaniamo così finché non mi accorgo che Nelson ha appena parcheggiato alla stazione vicino Santa Maria Novella.
"Cesi siamo arrivati.", gli dico sussurrando, mentre piano gli muovo un braccio, e alza piano la testa, facendo ritrovare il suo volto pericolosamente vicino al mio, ma lentamente si allontana, e nel frattempo gli altri sono già scesi e stanno togliendo le valigie dal portabagagli, così usciamo anche noi dall'auto e prendiamo le nostre cose. Nel giro di pochi minuti arriviamo al nostro hotel, un 3 stelle che siamo riusciti a pagare poco grazie al fatto di condividere due piccole camere comunicanti, una con un letto matrimoniale e un singolo ed un'altra con solo matrimoniale, che hanno però un solo bagno in comune. Lasciamo le valigie nelle camere e, senza perdere altro tempo, ci ritroviamo per le vie di Firenze, dove prendo subito dal mio zaino la lista che ho stilato nei giorni scorsi con una specie di programma da seguire così da poter vedere più cose possibili, incominciando dagli Uffizi, il cui ingresso paghiamo la metà perché ordino online i biglietti usufruendo degli sconti per gli studenti della mia facoltà - quando si dice avere contatti all'interno. Passiamo tutto il resto della mattinata e del primo pomeriggio all'interno del museo, dove come al solito resto incantata a guardare le opere che ci sono, dalle più conosciute, come il David di Michelangelo o la Primavera di Botticelli, fino a quelle quasi sempre snobbate dal turista medio; usciti da qui andiamo verso il Mercato Centrale, dove cogliamo l'occasione per mangiare al volo un panino con il lampredotto, e ci fermiamo a più bancarelle per osservare gli articoli in pelle per cui questo posto è tipico, infatti io e Bea ci innamoriamo rispettivamente di una borsa di cuoio marrone scuro e di una giacca in pelle finemente lavorata che acquistiamo subito.
Si è fatta ormai sera quando decidiamo di fare un ultimo giro prima di cena, ritrovandoci ad osservare ammirati le vetrine di Ponte vecchio illuminate da quelle piccole lucine gialle che si riflettono nell'Arno per creare un panorama che ogni volta mi fa emozionare, a tratti romantico e a tratti nostalgico, e subito decidiamo di farci scattare una polaroid per immortalare il momento.
"Quanto mi sei mancata Firenze, amore mio.", dico io quasi sussurrandolo direttamente al fiume che sto guardando appoggiata al ponte.
"Da quant'è che non ci vieni?", mi chiede Cesare che è proprio di fianco a me con la foto in mano che piano piano sta apparendo, mentre gli altri 3 stanno guardando una vetrina di un gioielliere.
"L'ultima volta che me la sono vissuta davvero ero con i miei e la nonna, forse avevo 14-15 anni. Ci sono tornata un paio di volte con alcuni compagni di università, ma è stato tutto, come posso dire, forzato ecco, non me la sono sentita veramente «mia».", gli dico sistemandomi meglio la giacca sotto lo zaino.
"Hai freddo?", mi chiede poi squadrandomi, mentre infila la foto nel taschino del suo zaino.
"Non troppo, si è solo alzato un po' di venticello, è normale in questo periodo.", rispondo senza badarci troppo.
"Dai, vieni qua, non posso fare raffreddare la nostra guida.", mi dice con un mezzo sorriso avvicinandomi a lui con un braccio sulle spalle, mentre mi rifugio dal vento poggiandomi al suo petto e allaccio le braccia al suo busto, sotto la giacca marrone, riscaldandomi con il calore del suo corpo.
Alla fine, però, la fame ha la meglio e così andiamo in un locale per mangiare i tipici pici al ragù di cinghiale con un buon calice di Chianti. Tornati in albergo, abbiamo le forze soltanto per fare una veloce doccia ed infilarci nei letti un po' come capita, difatti io mi ritrovo con Bea in camera e nell'altra stanza Nelson dorme con Dario, invece Cesare è sbattuto nel letto singolo; poco prima di addormentarmi, però, sento un rumore ed esco silenziosa nell'anticamera in comune, trovando Cesare intento a bere dell'acqua.
"Mi hai spaventato.", dice nel buio, poggiando sul mobiletto il bicchiere vuoto.
"Ho sentito un rumore e sono venuta a controllare. Ti lascio andare a dormire, buonanotte.", gli dico sorridendo e, prima di andare, mi prende per un braccio, poggiando delicato una mano sul mio fianco, e mi lascia un lento bacio sulla guancia, per poi lasciarmi lì e sparire nella sua camera.
Non posso fare a meno di pensare che stanotte avrei voluto la sua compagnia come a Capodanno.

Away from all the fears you left behind. - Cesare CantelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora