CAPITOLO 10

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Ci metto poco per rendermi conto che non mi trovo nel mio letto a Bologna e che accanto a me Beatrice si sta svegliando per iniziare questa seconda giornata a Firenze; dopo aver fatto colazione nella sala al piano terra, usciamo subito dall'hotel per andare verso la mia meta preferita in questi giorni, ovvero Piazza del Duomo, che raggiungiamo dopo una mezz'ora di camminata, facendo sì che Nelson non smetta di lamentarsi per un solo istante. Sbuchiamo da una piccola stradina e ci si presenta davanti uno spettacolo che ogni volta ha il potere di togliermi il fiato, con a destra il Battistero e di fronte la Cattedrale di Santa Maria del Fiore con la Cupola sulla sinistra, mentre dietro si intravede il Campanile di Giotto; andiamo subito a visitare il primo di questi, in cui entriamo dopo una breve fila, e aiuto Cesare con le sue foto indicandogli i punti più belli da immortalare, per poi entrare nella Chiesa e girarla in lungo e in largo.
"E questo invece cos'è?", mi chiede per l'ennesima volta Nelson, indicandomi un'altra scultura.
"Dovrebbe essere Bonifacio VIII, ma non sono sicura, sono ricordi delle lezioni di storia dell'arte. Dovreste pagarmi per tutte le cose che vi sto dicendo.", dico io seria, nonostante accenni un sorriso.
"Che gusto c'è a visitare questi posti e vedere queste opere senza avere una spiegazione?", mi dice Cesare, che ci ha raggiunti dopo aver scattato un paio di foto, passandomi un braccio sulle spalle.
"Compratevi una di quelle guide per turisti.", replico io e gli altri ridono mentre mi scanso fintamente offesa, con la scusa di andare sotto la Cupola per interrompere quel contatto che come sempre mi mette in subbuglio lo stomaco, nonostante ogni volta frema perché duri il più a lungo possibile, ma non in presenza degli altri, la mia espressione mi tradirebbe.
"Ora capisco perché è uno dei tuoi posti preferiti. E poi la Cupola, wow, è mozzafiato.", mi dice Dario raggiungendomi.
"Dovresti vederla da lì sopra, è ancora più bella.", gli dico.
"Perché, si può vedere da vicino?", mi chiede Nelson mentre anche gli altri si avvicinano.
"Si può salire fino al livello degli affreschi e uscire fuori dalla lanterna, si vede un panorama fantastico.", rispondo io girandomi verso di loro. "Se volete ci saliamo, io lo faccio ogni volta che vengo a Firenze, però rimandiamo al pomeriggio inoltrato, c'è meno gente, ed inoltre è già ora di pranzo."
"Okay, allora andiamo a mangiare, ci facciamo un giro nelle vicinanze e più tardi ritorniamo qui.", dice Bea e tutti siamo d'accordo, così li guido in una delle stradine della zona per andare in una osteria tipica, dove troviamo subito un tavolo disponibile e non esitiamo neanche per un istante dall'ordinare una bella bistecca alla fiorentina.
"Siamo venuti spediti qui, già conoscevi il posto?", mi chiede Cesare, seduto accanto a me, mentre aspettiamo gli altri che sono andati in bagno.
"Ci venivo sempre con mamma e papà ogni volta che eravamo a Firenze, era una tappa fissa, ha degli ottimi primi e soprattutto la carne costa meno perché ci siamo allontanati un po' dal centro più turistico.", gli dico con una punta di nostalgia e se ne accorge, facendosi più vicino a me e prendendomi una mano tra le sue.
"Un altro momento nostalgico?", mi chiede con un sorrisino, poggiando l'altro braccio sullo schienale della mia sedia, le sue dita a sfiorarmi una spalla.
"Come al solito, lo sai.", gli dico, un po' afflitta nel doverlo tediare ancora con questi attimi di malinconia.
"Ti mancano molto, non è così? Bologna è molto più lontana di quanto potesse essere Bari da casa tua.", replica lui per poi spostarmi dietro un orecchio una ciocca di capelli che mi è finita davanti al viso.
"Ehm ehm, disturbiamo?", sento Nelson tossicchiare per richiamare la nostra attenzione e ci accorgiamo che sono tornati tutti e tre, per cui ci allontaniamo imbarazzati ed arriva la nostra ordinazione, che consumiamo tra le risate e i commenti sulle cose che abbiamo visto finora.

Dopo pranzo ci incamminiamo verso la vicina Basilica di Santa Croce nella quale facciamo un breve giro, e, una volta usciti, i ragazzi incontrano un gruppo di loro fan, per cui io e Bea ci allontaniamo un po' per parlare tra noi.
"Abbiamo interrotto qualcosa prima?", mi chiede lei andando subito dritta al punto.
"No, almeno non credo.", rispondo insicura.
"Non credi in che senso? C'è qualcosa che non mi hai detto tra te e Cesare?", mi domanda Beatrice curiosa.
"Assolutamente niente Bea, è proprio questo il punto. Lo sai che ci siamo avvicinati tanto in questi mesi da quando sono a Bologna, è diventata davvero fondamentale per me la sua presenza, che sia semplicemente quando siamo in gruppo o quando mi fa compagnia la sera, cosa che accade molto di frequente nell'ultimo periodo, ci manca solo che resti a dormire sul divano in salotto.", inizio io con una nota divertita nella voce, ma poi ritorno più seriosa.
"Se mi si avvicina sto male, mi iniziano a sudare le mani e ho lo stomaco in subbuglio, se mi sta lontano inizio a cercarlo con lo sguardo e mi calmo solo quando lo vedo, ma a quel punto mi tremano le gambe anche solo se mi guarda negli occhi con quel suo sorriso stampato in faccia.", le dico allora io sconsolata.
"È semplice allora, ti piace. E potrei anche azzardare nel dire che dall'altra parte è la stessa cosa.", replica lei con un sorrisetto.
"Ti ha detto qualcosa?", le chiedo io sospettosa.
"No, niente, ma anche Nelson ha avuto la stessa impressione e sono sicura che Dario sarebbe d'accordo con me, lo ha visto diverso quando sono insieme, lo sai bene che Dario è attento a questo tipo di dettagli.", mi dice lei, ma veniamo interrotte dagli altri che hanno finito di fare le foto con i ragazzi, perciò ci avviamo di nuovo verso la Cattedrale, dove, dopo una fila non troppo lunga, riusciamo a salire fino al livello degli affreschi. Nelson riprende con la solita tiritera facendomi domande su ogni figura e io inizio a spiegare l'opera del Vasari per decorare la Cupola ripescando le informazioni dalle memorie del liceo. Iniziamo così la salita verso la lanterna con i suoi 400 e passa gradini, ognuno accompagnato da una bestemmia diversa di Nelson, che è ormai madido di sudore quando finalmente usciamo all'esterno.
"È veramente...", inizia Dario guardando il panorama.
"Stupendo, si.", finisce per lui la frase Cesare ed iniziamo a girare intorno alla struttura per catturare ogni piccolo dettaglio del paesaggio che si staglia davanti a noi. Scattano varie foto di questa vista di Firenze dall'alto mentre io tiro fuori la Polaroid, prestatami da Giulia, per scattare una foto da appendere in camera, ma non vedo più gli altri se non Cesare, che mi si avvicina.
"Facciamo una foto?", mi chiede sorridendo e ci spostiamo verso il parapetto per poi posizionare la macchinetta davanti a noi a mo' di selfie, ma ancora una volta mi sorprende, mi abbraccia delicatamente da dietro e scatto la foto. Dopo questo momento però non accenna a staccarsi, anzi, rimaniamo nella stessa posizione guardando il panorama davanti a noi, poggia il mento sulla mia spalla e mi solletica il collo con la barbetta incolta, che a me piace particolarmente. Sembra sia rimasto incantato nel guardare il panorama che ha di fronte, finché non sbuca Nelson da non so dove e ci richiama, così ci allontaniamo imbarazzati, come se ci accorgessimo solo ora della posizione in cui siamo rimasti, e facciamo il percorso al contrario in silenzio. Nel frattempo si è fatta sera, ma siamo troppo stanchi per andare a cenare, anche perché il pranzo ci ha riempiti per bene, perciò decidiamo di tornare in hotel per farci una doccia ristoratrice, dopo la quale Nelson e Dario si rinchiudono subito in camera per parlare con gli altri ragazzi rimasti a Bologna di non so quale progetto, mentre Bea si fionda sul nostro letto per fare una partita alla Switch.
Ancora troppo eccitata per la giornata appena trascorsa, il sonno non dà cenni di farsi vivo, per cui decido di andare a rilassarmi sul balcone, a cui si accede dall'anticamera, ritrovandomi a rigirare tra le mani la foto che ho scattato con Cesare solo poche ore fa, seduta sul divanetto di paglia ma molto soffice.
"Siamo carini, è venuta proprio bene. Si, siamo carini.", esordisce lui sbucando dal buio della camera per sedersi accanto a me.
"È una bella foto.", gli dico io sorridendo, per poi spostare lo sguardo sulla stessa per evitare di guardarlo ancora negli occhi.
È un attimo, quasi non mi accorgo del gesto repentino con cui si avvicina e, prendendomi tra le dita il mento per sollevarmi il viso, preme delicatamente le labbra sulle mie, contatto che ha il potere di sciogliermi come burro tra le sue mani. Ma altrettanto veloce è il ritorno alla realtà quando Cesare si stacca, quasi scottato, con gli occhi pieni di sensi di colpa e dispiacere.
"Scusami, non volevo. Non dovevo farlo. Scusami, io...", dice sottovoce per poi fuggire letteralmente in camera sua senza più uscirne.
Io resto senza parole, con ancora la foto di noi due in mano che non so come non mi cade lì sul pavimento, e torno sconvolta in camera mia da Bea, che alla mia vista si preoccupa.
"Isa cosa è successo?", mi chiede venendomi incontro.
"Lui...noi, insomma...ci siamo baciati...", le dico con le lacrime agli occhi che tentano di uscire.
"E poi? Isa perché sei ridotta in questo stato? Mi stai facendo preoccupare.", mi chiede ancora preoccupata facendomi sedere sul letto.
"Si...si è scusato, mi ha chiesto scusa come se avesse commesso l'errore più grande della sua vita.", rispondo io lasciandomi andare ad un pianto furioso, senza tentare di evitare la fuoriuscita violenta delle lacrime, delusa e scoraggiata dalla sua reazione.
Beatrice tenta di calmarmi, di dirmi che andrà tutto bene, ma continuano a riaffiorare nella mia mente i suoi occhi, tristi e pieni di amarezza, e i singhiozzi non fanno che aumentare, il pianto è irrefrenabile, non riesco a credere che Cesare mi abbia davvero baciata solo pochi istanti fa e che si sia allontanato così velocemente da me come se avesse fatto la più grande cazzata della sua vita.
Sono uno sbaglio, ora ai suoi occhi appaio come qualcosa di sbagliato, che non va nel verso giusto nella sua vita, e sto ancora peggio pensando a come domani non sarò in grado di affrontare di nuovo i suoi occhi, che in questi mesi non hanno fatto altro che sostenermi, ed ora invece mi mostreranno solo il suo disagio nel relazionarsi a me dopo questo bacio.
Bea mi fa stendere, mi mette sotto le coperte ed io mi sento come un automa nelle sue mani, mi lascio abbracciare da lei mentre mi accarezza la schiena per farmi calmare, non posso fare altro se non lasciarmi cullare dalle parole dolci della ragazza accanto a me, con ancora stretta la foto di me e Cesare di oggi pomeriggio, che mi accompagnano dopo ore nelle braccia di Morfeo.

Away from all the fears you left behind. - Cesare CantelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora