CAPITOLO 7

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Non ho mai pensato che questi due mesi sarebbero passati così in fretta, che avremmo finito gli esami del secondo anno con delle buone valutazioni, cosa che ha mandato Giulia in crisi finché non ha visto sul suo libretto quel tanto atteso 30 in «Strumenti e Metodologia della Ricerca Archeologica», e che riuscissimo a preparare il nostro soggiorno a Bologna in poco più di due settimane, riuscendo a trasferirci gli ultimi giorni di febbraio grazie a Frank che ci ha trovato casa a San Lazzaro di Savena, dove abitano anche Dario e Cesare. Proprio gli stessi due ragazzi che noi tre stiamo aspettando da ormai venti minuti alla stazione centrale di Bologna, cariche di valigie, borsoni e zaini: con il primo ho parlato ininterrottamente in questi mesi e ha sentito i miei sfoghi sui maledetti esami e ogni tanto lui mi chiedeva pareri sugli episodi del podcast o su qualche pezzo che stava scrivendo.
Con il secondo, bhe, niente.
Vuoto assoluto.
Dopo quel messaggio vocale di ormai due mesi fa non ho più sentito la sua voce, non ho più ricevuto nessun messaggio, ma anche io non l'ho cercato. E cosa avrei dovuto dirgli dopo che lo avevo lasciato avvicinare a me, a quelle maledette debolezze, e poi lo avevo cacciato con indifferenza?
Tuttavia i miei pensieri vengono frenati quando vedo arrivare due auto, dalla prima scendono Dario e Tonno, dall'altra Cesare; Nina coglie l'occasione per presentare ai ragazzi Giulia, mentre io mi avvicino alla macchina di Dario per caricare le nostre cose nel suo bagagliaio, ma vengo fermata dalla voce di Tonno.
"Isa, aspetta, cambio di programma: io e Dario ci portiamo le ragazze con le valigie, così passiamo dallo studio e presentiamo Giulia agli altri, tu vai con Cesare per ritirare le chiavi del vostro appartamento.", dice mentre si avvicina per salutarmi.
Lascio allora le valigie e i borsoni lì e mi avvicino a Dario per salutarlo, che mi stringe in un abbraccio e la sua vicinanza mi fa bene, mi rilassa un po' prima di dover affrontare il viaggio in macchina, forse perché sa come mi senta in questo momento, gliene ho parlato e forse ci ha capito più lui di me, di tutto questo casino che ho dentro, in testa. Come poi capita anche a lui.
"Devo proprio?", gli chiedo sottovoce, mentre mi stacco da lui il più lentamente possibile.
"Muoviti, ti sta aspettando, ci vediamo stasera, poi ti scrivo.", mi dice andando verso la macchina.
Mi giro e vedo Cesare che mi aspetta vicino alla sua, appoggiato alla portiera dal lato della guida, e gli vado incontro entrando nell'auto con solo la mia borsa. Nei dieci minuti più lunghi della mia vita c'è un silenzio pesante, ma nessuno dei due dice niente e mi salva una chiamata di Eleonora, troppo breve, in cui mi chiede del viaggio e di farle sapere come va in questi primi giorni nella casa nuova. Quando Cesare accosta l'auto, però, ho un tuffo al cuore.
"Perché non mi hai risposto? Neanche un cazzo di messaggio, neanche un okay, ci vediamo, vaffanculo, niente di niente in due mesi.", comincia lui stringendo la presa sul volante e lasciando lo sguardo fisso sul parabrezza.
Io esito un attimo, ma poi rispondo.
"Cosa dovevo dirti? Che sono stata una cretina? Che avevi ragione tu, su tutto? Mi hai capita più tu in una notte che la maggior parte delle persone che consideravo amiche, quasi dei fratelli, e sí, cazzo, ho pensato di scriverti tutti i giorni però, come al solito, mi sono fatta trascinare dalle mie fissazioni e dalle brutte esperienze passate.", gli dico senza alzare lo sguardo dalle mie mani intente a torturare la tracolla della borsa.
Cesare spegne il motore ed esce dalla macchina, così faccio lo stesso mentre si incammina nel vialetto di una palazzina, aspettando che lo raggiunga davanti ad un portone di metallo grigio con delle chiavi in mano.
"Ho chiesto io agli altri di dividerci, ho sempre avuto le chiavi, l'altra copia ce l'ha Tonno, la darà alle tue amiche appena finiranno in studio, loro non sapevano niente. Avevo bisogno di capire.", mi dice mentre apre il portone e mi fa strada verso l'appartamento al secondo piano fermandosi davanti alla porta.
"Tieni, queste sono tue. Stasera andiamo a ballare in un locale in centro, ci saranno degli amici di Frank a suonare dal vivo ad un certo punto, siamo quasi tutti, anche se credo che Nicolas abbia intenzione di portare Giulia al cinema e Tone aveva prenotato con Nina per andare al sushi, magari ci raggiungono dopo.", continua Cesare per poi avvicinarsi alle scale per andare via, ma lo blocco afferrandogli il polso e il contatto mi fa trasalire, è il primo contatto che abbiamo dopo la notte di Capodanno, mentre lui si gira di nuovo verso di me, inchiodando il suo sguardo nel mio.
"Ci vediamo stasera, Cesi. Fatemi, fammi sapere come ci organizziamo.", gli dico per poi lasciarlo andare via ed entrare in casa, poggiandomi con le spalle alla porta chiusa e lasciandomi scivolare fino a sedermi a terra.

Non è passato molto da quando le ragazze sono arrivate e non ho parlato con loro di quello che è successo, ci siamo limitate a disfare le valigie e sistemare ognuna la propria stanza, compito che ha richiesto circa 3 ore di lavoro. Giulia ha poi detto di doversi preparare perché di lì a poco sarebbe venuto Nicolas a prenderla per andare al cinema, mentre Nina si è chiusa in camera dicendo che più tardi sarebbe arrivato Tone per la loro cena a tema sushi in un locale qua vicino, sperando che la serata si evolva per il meglio, e non faccio a meno di sorridere.
Sono stata tentata di chiamare Dario e dirgli che questa sera non sarei stata dei loro, sarei rimasta a casa perché troppo stanca, ma un messaggio di Cesare mi ferma, mi avvisa che per le 9 mi verrà a prendere con suo fratello, mentre Dario, Frank, Bea e Nelson ci aspetteranno direttamente al locale. Vado subito in bagno per lavarmi i capelli per poi correre in camera ed indossare un top viola scuro con dei pantaloncini neri in pelle e degli stivali al ginocchio dello stesso colore, lasciando a riscaldare la piastra per i capelli che sono costretta ad usare se voglio essere pronta nel giro di un'oretta; dopo aver dato una sistemata ai capelli, già lisci per natura, mi trucco velocemente, niente fondotinta, un filo di eyeliner e abbondate mascara con una tinta per labbra dello stesso colore del top, e nel giro di mezz'ora sono pronta, proprio quando sento il citofono suonare. Prendo la borsa dal divano blu in salotto e mi infilo velocemente la giacca in pelle, prendendo poi le chiavi dell'appartamento per fiondarmi giù per le scale ed uscire fuori dalla palazzina dove vedo un ragazzo fuori dalla macchina di Cesare, che è già al posto del guidatore con il motore acceso.
"Sono Claudio, il fratello di Cesare.", mi dice mentre gli stringo la mano che mi ha porto.
"Si, si vede, siete molto simili. Sono Isabella, o Isa, molto piacere.", gli dico nel momento in cui saliamo in macchina e Cesare parte. Non ci mettiamo molto ad arrivare in centro e parcheggiamo in una stradina mentre Claudio va a prendere il biglietto per il parchimetro.
"Stai bene così stasera.", esordisce incerto Cesare mentre si passa una mano tra i capelli, sempre in disordine.
"Non hai bisogno di una scusa per parlarmi. Cesare, io..." inizio, tuttavia arriva Claudio e mi blocco, così ci incamminiamo verso il locale dove fuori ci sono già gli altri ad aspettarci. Fatto un giro veloce di saluti, entriamo nel locale e andiamo verso il bar, dove ci aspetta Frank, e Dario offre a tutti un drink, non poco alcolico, e quando sentiamo la musica alzarsi, Bea mi trascina in pista a ballare. Ci divertiamo, senza freni, e andiamo sporadicamente al bar per prendere altri alcolici, che scendono giù molto in fretta, così come sale molto velocemente l'effetto dell'alcool e capisco che per il momento mi basta quello che ho bevuto.
Beatrice si allontana, va da Nelson e Frank e resto da sola a ballare, ma non mi importa, lascio che la musica mi guidi; vedo Cesare dall'altro lato della sala, vicino al bar, parlare con Dario e una ragazza e quando si avvicina suo fratello per chiedermi di ballare non rifiuto. Passiamo le ore così, a scatenarci in mezzo alla sala, incuranti di quello che stanno facendo gli altri, ma non posso non soffermarmi su quanto siano simili e altrettanto diversi tra loro.
I loro volti si assomigliano molto, però Claudio ha più barba, è più alto di Cesare di una buona spanna e meno definito a livello muscolare, è più asciutto, ma c'è una differenza sostanziale: non è lui. Non ha quel suo modo di sorridere, quando stringe le labbra curvandole in su senza aprire la bocca, il suo modo di guardarti, quando ti fissa con un'espressione indecifrabile ma dai suoi occhi lo capisci, capisci che non c'è altro all'infuori di te se è veramente interessato a quello che gli dici, si focalizza esclusivamente su di te. Vado allora verso il bar per prendere un altro drink, qualcosa di più leggero rispetto a quello che ho bevuto finora, ma arrivata al bancone qualcuno dietro di me poggia una mano sul mio fianco per avvicinarsi e parlare, cercando di superare il volume della musica.
"Ti stai divertendo?", mi chiede e riconosco subito la voce, ma ha un tono freddo, distante, e mi volto verso di lui.
"Si, molto. È stata una buona idea venire qua stasera.", gli dico e vado verso una zona meno affollata così dal non dover gridare per farmi sentire.
"Pensa che stasera neanche doveva esserci. L'ho convinto io a venire con noi, che stupido. A quanto pare un Cantelli vale l'altro.", continua con tono sarcastico.
"Di che cazzo stiamo parlando Cesare? Ti sei fumato qualcosa mentre non vedevo? O è l'alcool che ti ha dato alla testa? O forse la mora con cui stavi parlando ti ha annebbiato il cervello.", gli chiedo assottigliando lo sguardo.
"Non ho bevuto niente, devo guidare, e quella ragazza è la cugina di Dario, ci siamo solo presentati. Avrei però preferito evitarmi quella scena patetica e passare di nuovo per il cretino della situazione.", mi risponde.
"Ma quale scena e scena? Cesare non hai capito proprio un cazzo. Claudio mi ha chiesto di ballare e ho accettato, non mi è sembrato che qualcun altro sia venuto al posto suo. E poi pensavo avessimo chiarito stamattina.", gli dico decisa.
"Lo pensavo anche io.", e non trovo niente con cui replicare, anche perché si avvicinano Nelson e Beatrice.
"Noi stiamo andando via, domani mattina presto devo andare a lavoro e sono quasi le 3.", esordisce Bea.
"Vengo anche io, sono stanca, mi accompagnate per favore?", chiedo ai due, facendo un cenno per salutare gli altri che ci hanno raggiunti, così da mettere più distanza possibile tra me e Cesare.

Away from all the fears you left behind. - Cesare CantelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora