𝑺𝒂𝒏
Era ormai passato più di un giorno dall'incontro con quel ragazzo sul treno, eppure il suo viso era perennemente impresso nella mia memoria. Il suo sguardo sorpreso nel vedermi lì, nel sentirmi pronunciare quelle parole, era rimasto incastrato tra i miei pensieri, aveva trovato un appiglio sicuro in modo da rimanere lì, presentarsi a me ogni ora del giorno, accompagnato dall'immagine delle sue labbra increspate in un leggero sorriso, secche e solitarie. Ed ora erano lì, nella mia mente, pronte a ricordarmi l'immensa voglia che avevo di ritrovarle e baciarle. Quel ragazzo mi aveva stregato con il suo fascino, con la sua mandibola ben delineata e i capelli neri pece, ma, mi ebbe in pugno solamente quando lessi le sue parole scritte su quel libro, quando vidi le sue sottolineature disordinate, la sua calligrafia pesante, il papavero secco in mezzo alle pagine. Tra di esse avevo scelto anche io di inserire un fiore, un piccolo ranuncolo, come simbolo di malinconia, della mancanza della sua bellezza e persona e l'avevo accompagnato con dei piccoli post-it disseminati nel libro, con i miei pensieri, sperando gli facesse piacere, un giorno, leggerli. Desideravo ardentemente ritrovare quel ragazzo, ma, dovevo ammettere che ero terrorizzato dalla delusione che ne poteva conseguire dall'incontro: Se non gli sarei interessato? magari lo mettevo a disagio, magari non era neppure più in quella città. Anche i miei pensieri speravo gli facesse piacere averli e magari leggerli.
«San?»
Una voce lontana mi chiamò, assieme ad un leggero pizzicotto sul braccio. Ritornai alla realtà grazie a quel gesto.
I rumori del bar, delle chiacchiere delle persone, dei tintinnii delle posate sui piatti, si fecero spazio nelle mie orecchie, diventando assordanti e facendo svanire quell'istante di pace. Hongjoong era seduto davanti a me con il suo solito cappello storto, con quello sguardo confuso che mi scrutava preoccupato, perché era preoccupato?
«Che c'è?» domandai abbastanza confuso, mentre tra le dita stringevo gelosamente il libro di Uhlman, come se mi potesse venir rubato da un momento all'altro.
«Sembri assente oggi, hai riposato?»,
«Non molto» ammisi con un gesto del capo, abbattuto, ripensando lentamente a quegli occhi ammalianti che mi avevano catturato l'anima.
«Come mai? Pensieri sempre su tua zia? », Negai una seconda volta con il capo, sorridendo per una volta spensierato, senza pesi delle condizioni di vita dei miei parenti.
«Per una persona che ho conosciuto, o meglio, incontrato.»
Hongjoong capì al volo le mie parole, aprendo leggermente la bocca in un'espressione di sorpresa, alzando le sopracciglia nere e mandandomi quello sguardo complice di chi ha capito tutto, a cui non servono parole di troppo.
«E dì, questa persona sai il suo nome?»
«No.»,
«No?»
"No. Ho solo questo libro» mormorai sorridendo stupidamente alla copertina, sperando di vedere lì il suo nome comparire o qualche indizio riguardante il ragazzo.
«Non c'è scritto nel libro?» Risi alla sua domanda, sarebbe stato troppo semplice e scontato, quel ragazzo aveva intuito che non ci serviva alcun nome per ritrovarci, anche se desideravo scoprire il suo, disperatamente.
«Come conti di ritrovarlo?» Hongjoong sembrava molto interessato alla questione, anche se il suo sorrisetto sul viso diceva tutt'altro, voleva solo vedermi disperato come al solito.
«Vivendo»
«Sei disgustosamente sdolcinato» si lamentò il rosso davanti a me dopo quella risposta, lasciandosi scappare un sospiro mentre appoggiava la tazza di ceramica sul piattino, ormai finito il suo caffè mattutino.
«Quindi oggi andrai a cercare lavoro o questa tua anima gemella?»,
«Credo entrambi» esordì con un sorriso fiducioso in viso che provocò una risata sarcastica ad Hongjoong. Mi lasciò da solo al tavolo del bar poco dopo in modo che rimuginassi con la mia testa su quegli avvenimenti di un paio di sere prima. Cosa sapevo di lui? Nulla. Però lo conoscevo di vista, insomma, la sua bellezza non poteva passarmi inosservata
Quel giorno mi misi a cercare per la città, nei vari luoghi in cui poter lavorare, passai da un paio di librerie, infiniti bar, ristoranti, pub per informarmi o lasciare il mio curriculum. Avevo girato molti posti e a fine giornata mi abbandonai su una panchina al parco, senza fiato ne voglia di continuare. I miei piedi stanchi desideravano fermarsi per qualche istante, ma la mia mente no, era sicura che, se avessi cercato ancora, avrei potuto rivedere quel ragazzo. Da quando ero in giro i miei sensi si erano amplificati, ero molto più attento ai visi, alle voci, agli odori, insomma come potrei mai dimenticarmi il suo odore? Sapeva di un ammorbidente che mia madre usava nella mia infanzia, era lo stesso suo profumo, ma non un profumo da donna, era un profumo da persona interessante, brillante, scaltra e perfetta per me, come lo era stata mia madre nell'infanzia. Mi coprii il viso con un braccio mentre ero ancora stravaccato sulla panchina, osai lasciare andare un lamento ad alta voce, quasi un grido inespressivo e vuoto, pieno solo di frustrazione e noia. Sicuramente i passanti accanto mi avevano lanciato uno sguardo preoccupato e torvo, visto gli sguardi che sentivo puntati sul mio corpo. Mi sentii nudo per alcuni istanti, come se quel mio lamento avesse rivelato al mondo ogni singolo pensiero che avevo sul bel ragazzo e ne ero geloso, tremendamente. Mi alzai con il busto tossendo leggermente e osservando le persone, nessuno di loro aveva il diritto di trovarlo prima di me, pensai. E poi me ne resi conto, un pensiero mi balzò in testa e mi fece sentire l'uomo più fortunato della terra: la fortuna di incontrare il moro era stata data a me! Solo io avevo quel suo oggetto e, per quante ragazze gli potessero sbavare dietro, io avevo qualcosa di più importante, profondo. Mi sentii importante e di colpo pieno di energie. Mi alzai in piedi e guardai velocemente la lista di luoghi ancora da setacciare della città sul cellulare. Ero sicuro che lo avrei rivisto quel giorno.
Stavo cancellando i nomi della lista man mano che passavo dai posti segnati, ormai erano le cinque di pomeriggio e i miei piedi erano sul punto di fermarsi. Ultimo posto e poi torno a casa, è affianco alla fermata del bus pensai con felicità e così mi diressi verso il piccolo locale nascosto in una strada secondaria, trasversale alla principale, imbucata tra vecchi palazzi in cui gli unici negozi erano qualche alimentari e boutique di abiti e sartoria artigianali affianco. Era carino come posto, poiché era affiancato da un parchetto a fine via e dalla fermata del bus sull'altra uscita, era una posizione strategica per chi ci lavorava.
Arrivai davanti alla vetrina, leggermente opacizzata dal tempo, della libreria in cui avrei dovuto lasciare la domanda di lavoro. L'insegna era leggibile e ben illuminata dal led bianco: Il Libraccio.
Rimasi ad osservare i libri esposti, per lo più usati o sconosciuti. Decisi di entrare, spinsi con delicatezza la porta di legno che andò a fare suonare il campanello fissato sopra.
I miei occhi scorsero subito il luogo angusto: la stanza non era spaziosa, o almeno era l'impressione che mi davano quegli scaffali slanciati vertiginosamente verso il soffitto, pieni zeppi di libri vecchi e nuovi, rovinati o intatti come appena stampati. Davanti alla porta c'era il bancone di legno, sopraffatto da penne, libri, una cassa e un computer.
Il centro della stanza era invece occupato da un tavolo ampio in legno e pieno di libri, con una cesta di vimini appena sotto, dove si richiedeva di riporre i libri che si volevano donare. Ma un altro dettaglio che mi balzò all'occhio fu la persona che si era appena chinata dietro al bancone per sistemare, che mi aveva salutato con la sua voce candida e gentile.
Io la conoscevo, era da giorni che pensavo a quella voce, a quelle labbra e d'un tratto, la paura mi assalì. Era già finita? Il nostro rincorrerci terminava lì? No di certo. Prima che il ragazzo si potesse rialzare, strappai da uno dei curriculum il mio indirizzo e lo misi in mezzo alle pagine del suo libro, lo adagiai sul ripiano ed uscì quasi di corsa, impanicato per un motivo a me sconosciuto. Non volevo rivederlo, insomma, e poi? Distaccarmi da lui? Vedere tutti i miei film mentali svaniti? No. Non sapevo perché gli avessi strappato il mio indirizzo di casa, ma a qualcosa avrebbe dovuto pur portare, no? Speravo.
Mi ero rintanato in un bar appena dietro l'angolo per nascondermi da lui e difatti lo notai poco dopo correre in strada con il libro in mano e guardarsi attorno confuso.
La sua reazione mi apparve così prevedibile che per un istante credetti di amarlo e di aver la possibilità di essere ricambiato. Gli lessi chiaramente in viso, per quei pochi istanti in cui potei rivederlo, la sua felicità mista a disperazione nell'avermi mancato di pochi istanti. Da un lato mi piangeva il cuore, avrei voluto corrergli in contro e rivedere il suo sorriso, riaverlo accanto come nel treno, ma dall'altra parte mi immaginavo la fine di tutto, ero un ragazzo in fin dei conti, non avevo possibilità con una persona come lui. Rimasi a bermi nel bar un cappuccino prima di uscire con sicurezza da quel luogo. Corsi alla fermata e saltai sul primo bus che passò, in modo da scomparire da lì e dalla vita del ragazzo una seconda volta.
Spazio Autrice :
E anche per oggi il capitolo è stato pubblicato ~
Devo ammettere che mi sono ben immaginata le varie vie e soprattutto il luogo in cui Wooyoung lavora e in cui San è entrato. Nella mia città ce ne è uno simile che ha lo stesso nome, mi calma un sacco andare la, è un labirinto, ma mai come il "Minotauro" un bar / libreria in cui mi sono persa per anni a studiarci
Scusate sto blaterando a vuoto HAHAHA.
Come sempre ti grazio chi sta leggendo la storia, chi la vota e commenta 💗
Come sempre spero in tante ⭐ e pochi‼ ️
Grazie ancora🤍
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Egeo Woosan
FanfictionWooyoung e San hanno vent'anni ed entrambi abitano a Seoul. Si incontrano un giorno sul treno per puro caso e fin da subito nasce un interesse l'uno nei confronti dell'altro, ma si lasciano senza nomi o collegamenti per ritrovarsi, San ha solo un pi...
