𝐗𝐕𝐈𝐈

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𝑺𝒂𝒏

Bussai alla porta del ragazzo di prima mattina, all'orario che avevamo prestabilito assieme. Erano da poco passate le 6 di mattina, ma si poteva già vedere chiaramente il sole sorto, che iniziava a riscaldare la città con i suoi primi raggi estivi, ci avrebbe fatto bene spostarci fuori città in quei primi giorni di caldo afoso, per respirare un po' da tutto e tutti. Wooyoung mi aprì la porta con già la mascherina in viso e il cappello che gli copriva metà volto, probabilmente ancora gonfio dal sonno.
«Pronto?» domandai sorridendogli, mentre lui si appoggiava fiaccamente allo stipite della porta in legno, sbuffando sotto la stoffa nera, proprio come i bambini svogliati. Sorrisi allungando la mano per accarezzargli un braccio, facendogli cenno di muoverci.
Il viaggio in aereo non durò molto, si trattò di un ora scarsa di volo, con attesa inutile in aeroporto per i vari controlli e procedure, ma appena uscimmo dalla struttura di Pohang, il vento ci diede il ben venuto velocemente, avvolgendoci di colpo e sollevando il cappello del compagno, che riuscì ad afferrare prontamente.
«Grazie», borbottò Wooyoung con mezzo sorriso in viso.
Sembrava soddisfatto di come si presentava la giornata: soleggiata, con vento fresco e soprattutto con nessun tifone in arrivo, era ancora presto come stagione, avrebbero iniziato a presentarsi da inizio luglio, ma io sarei già partito.
«Prima tappa?» mi chiese curioso Wooyoung, mentre lottava per spostarsi i capelli dal viso. Sorrisi al ragazzo prendendolo per mano e avvicinandomi alla zona dei taxi, chiamandone uno.
«Prima di tutto lasciamo le cose in hotel, poi andiamo a far colazione»,
«Ormai è ora di pranzo» si lamentò il moro salendo nel taxi dopo aver caricato i vostri borsoni.
«Allora aspetteremo pranzo»
sospirai girando gli occhi divertito dalle piccole lamentele del ragazzo che si perse ben presto ad osservare fuori dal finestrino, totalmente ammaliato dall'oceano brillante. Io, in contemporanea, non riuscivo a distogliere il mio sguardo dai suoi lineamenti, tentando disperatamente di imprimermi nella memoria tutti gli istanti di quel giorno, di lui, di noi assieme che vivevamo qualche giorno in pace.

Arrivammo in mezz'ora scarsa all'hotel che ci avrebbe ospitati, appena scesi dalla macchina potei risentire a pieni polmoni quell'odore che mi era divenuto familiare per molti anni, come una seconda casa nella mia infanzia. Mi immersi per qualche secondo nei ricordi mezzi svaniti della mia infanzia lì, quando venni portato alla realtà da un peso sulla spalla: il capo di Wooyoung era adagiato li, che si lamentava leggermente per la fame e per il sonno della alzataccia, non potei che sorridere a quelle sue lamentele che lo seguivano da quella mattina, non sapeva quanto significasse per me quel luogo ed essere lì con lui, forse era meglio così, perché volevo che diventasse un ricordo nostro in modo genuino e non forzatamente.
«Sistemiamo le cose e andiamo a cercare un posto dove mangiare»,
Gli proposi accompagnandolo con un braccio attorno alla sua vita, fin dentro alla struttura.
Non ci mettemmo molto a trovare un buon ristorante di carne e pesce sul lungo mare, già pieno di turisti e persone totalmente immerse nella personale vita e vacanza, come noi due d'altronde. Wooyoung mangiò di gusto sotto il mio sguardo, coprendosi la bocca ogni tanto, come se si ricordasse di dover tornare ad essere composto e nascondere la bocca sbrodolata di salsa, con una chela in mano della sua aragosta. Non sarebbe mai potuto vivere nei vari locali lussuosi dove ero cresciuto io e forse quel suo aspetto mi piaceva, era un dettaglio più rustico e attraente che potessi trovare in lui, oltre al fatto che ogni tanto si lasciava uscire da quelle labbra bellissime qualche imprecazione. Wooyoung era la persona più umana che avevo fin ora conosciuto, forse sullo stesso piano di mia madre: sapeva cosa gli piaceva, si conosceva, faceva ciò che si sentiva di fare e non si spingeva mai oltre le sue forze, conosceva il suo posto e voleva affermarlo, rimanendoci.
«Non mangi?», mi chiese accennando un movimento con il capo verso il mio piatto, ancora mezzo pieno in confronto al suo.
«Si, stavo pensando»,
«A cosa?»,
Glielo dovevo dire? ma si, perché no.
«A mia madre, me la ricordi molto.»
«Oh, il complesso di Edipo», commentò senza staccarsi dal suo cibo
«Solo che con te è andato al contrario» risi a quel suo commento, coprendomi il viso con una mano per aver riso a volume troppo alto.
«Beh, anche con te»,
«Touchè», commentò il moro indicandomi con il coltello.
«Scherzi a parte, perché te la ricordo?», domandò di nuovo, ma questa volta si ricompose, pulendosi mani e bocca per prestare totale attenzione alle mie parole
«Non, saprei, hai la sua stessa dolcezza...»
«Mi dai dell'effeminato?» mi interruppe scherzosamente, ma come risposta ebbe solo un mio sbuffo e lui mi fece cenno id procedere
«Grazie a lei mi sono appassionato ai libri, aveva la tua stessa mente, era portatissima per la poesia e amava alla follia l'idea di poter essere chi voleva, dove voleva e come voleva, quando, a modo suo. Era una vera forza della natura. Mio padre fin da piccolo mi parlava di come, nei primi mesi assieme, lei fosse tutta riservata, si tratteneva per paura di non piacere a lui, di rivelare quella parte personale con lui. Ma poi imparò a fidarsi ciecamente di lui, mio padre fu per lei un grande aiuto, senza di lui il mondo non avrebbe mai conosciuto la meraviglia che era mia madre.»,
«Le è successo qualcosa?» probabilmente aveva fatto caso a come ne parlassi al passato.
«É morta di un tumore, le ha strappato tutta la sua vita giorno dopo giorno, lasciandone un guscio vuoto, arreso a quella malattia.»
Wooyoung rimase ad osservarmi in silenzio, probabilmente capendo il perché volessi aiutarlo a trovare il suo posto, era intelligente come ragazzo, sicuramente lo aveva inteso. Avevo ritrovato la mia prima relazione in lui, la bellezza di mia madre e l'innocenza di un nuovo amore, come potevo permettergli di nascondersi? Di zittirsi da solo quando conosceva la potenza che nascondeva in sé? Avrebbe fatto una fine tragica senza di me, lo sentivo in ogni punto del mio corpo. Le dita delicate del ragazzo raggiunsero le mie poco dopo, accarezzandole dolcemente, anche se sporche ancora di salsa in alcuni punti, sorrisi genuinamente a quel dettaglio che feci passare tranquillamente, stringendo la su mano. Non ci vollero troppe parole fra voi per rincuorarti, ormai lo avevi accettato anche se la sua persona non era mai scomparsa da te, proprio quella che mi fece agire in modo impulsivo con i sentimenti nei confronti di Wooyoung, ignaro di tutto, o almeno fino a quel momento.

«Sono onorato di rispecchiare una donna così importante.»

Le sue parole raggiunsero le mie recchie con sorpresa, il suo sorriso delicato mi rincuorò subito, nel petto provai una sorta di morsa che mi condusse sul punto di piangere, ma non lo feci, perché non ne avevo realmente motivo. Avrei potuto piangere per disperazione e angoscia, ma non provai nulla di tutto ciò, era più una felicità nostalgica, che non provavo da troppi anni e mi trovai a mio agio, quella frase mi fece sereno senza nessuna fatica in più. Mi piaceva veramente molto quel dettaglio.
«Beh, quali sono i piani di oggi? mi hai portato in piena settimana, perciò dovrai avere idee molto precise.» e Wooyoung ci aveva azzeccato in pieno effettivamente, avevi scelto varie attività per dimostrargli che li si sarebbe trovato il suo angolo di mondo.
«Si, innanzi tutto voglio portarti in un luogo prestigioso»,
«Cioè?»,
«Se ti pulisci le mani possiamo pagare e andare»,
Proposi sorridendogli e lui subito si mise a pulirsi le mani decentemente. Entrambi sazi dal pranzo consistente camminammo all'ombra delle varie vie con calma per smaltire il pranzo e per goderci un po' l'aria fresca che si infiltrava fra i viali, rincorreva le persone, le avvolgeva trasportando con sé l'abbrezza marine che riempiva i polmoni di sana aria estiva. Ci volle un po' prima di arrivare alla meta, con un po di salite però arrivammo davanti alla facoltà di lettere della città, una delle più prestigiose del paese.
Appena ci fermammo davanti all'ingrasso dell'immenso edifici mi voltai per osservare l'espressione di Wooyoung, trovandolo ovviamente affascinato da tutto ciò che lo circondava, immobile davanti a quel suo sogno, probabilmente. Azzardai a prenderlo a braccetto per accompagnarlo dentro.
«I corsi inizieranno ad ottobre e le iscrizioni saranno aperte da metà luglio, con un paio di esami, ma credo che tu possa passarli tranquillamente.»
I passi rimbombavano nell'atrio immenso del salone d'entrata che ci dava il benvenuto con il suo pavimento in marmo, i muri decorati con stile barocco, pronti a portare indietro nel tempo, la sala era allestita con qualche panca e con qualche studente sparso a farsi gli affari suoi. Quella facoltà era stata una delle mie prime scelte nella lista di università, ma l'avevo bocciata poiché non mi avrebbe portato a nessuno dei miei obbiettivi, anche se mio padre aveva molti agganci lì dentro, ma probabilmente Wooyoung sarebbe entrato tranquillamente anche senza nessun aiuto.
«Non mi potrei mai permettere una scuola del genere.»,
«Con una borsa di studio?»,
«Forse...» mormorò il moro sovrappensiero, perso ad osservare i ragazzi raggruppati davanti al tabellone dei risultati ed orari, che gli mancasse tutto quello?
Lo sguardo di Wooyoung era vuoto, silenzioso, appesantito dalle sopracciglia leggermente corrucciate in un'espressione di angoscia e nostalgia.
«Che effetto ti fa?»
Domandai mentre gentilmente riprendevo a camminare, volendogli far girare un po' la struttura. Ma Wooyoung non mi rispose, si perse semplicemente con lo sguardo ad osservare i corridoi, il loro colore e dettagli realizzati in passato con estrema cura, mantenuti altrettanto bene, in modo che potessero fare rivivere ai moderni un'aria vissuta.
Non potemmo far altro che passare da un'ala all'altra dell'edificio, sotto le colonne, gli archi, i quadri antichi, tutto illuminato dalla luce calda che irrompeva dai finestroni ai lati delle mura, affievolita dalla loro antichità.
«É molto bello come posto»
Commentò in fine, al termine del vostro giro turistico le la facoltà, ma il suo sguardo non era mutato molto, era rimasto serio fino a quel punto.
«Ma?»
Wooyoung mi rivolse uno sguardo di triste dolcezza, velato da una stanchezza diversa di quella fisica.
«Non posso vivere in un posto solo, così, San..»
«Lo so. Lo stai già facendo in quella libreria, io voglio dartene altri, molti altri, così tanti che vedrai solamente luoghi per te.»
Volevo creargli una sua città, vista e vissuta a modo suo, sapevo che era possibile e non volevo arrendermi finché non ci sarei riuscito. Così scesi con la mano sulla sua, intrecciando dolcemente le nostre mani, portandole poi al mio petto, riprendendo a camminare tranquillamente fuori dalla facoltà di Lettere, con calma gli avrei fatto scoprire il suo mondo, solo suo, avvolto e nascosto nel suo stesso silenzio personale in cui si rifugiava spesso.


Spazio Autrice:

E da questo capitolo inizio a smerdate la geografia della Corea, MA VABBEH DAI, capita.
Honestly non ho molto da dire oggi, forse perché è tipo l'una di notte ed ho appena concluso il capitolo, che bello fare le cose all'ultimo eh?
Io ne sono una maestra.

Spero che lo sviluppo della storia vi interessi e che sia...decente?
Rimane quella la mia preoccupazione alla fine AHAHA, ho un dono per rovinare le cose.

Spero di leggere al più presto i vostri pensieri, e vedere molte ⭐ e pochi ‼️

Grazie mille a chi legge, vota o commenta!🤍

Egeo WoosanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora