𝐕𝐈𝐈𝐈

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𝑺𝒂𝒏

Lo rividi in caffetteria: il mio Narciso era seduto da solo in un tavolo accanto alla parete, immerso nella lettura del mio ultimo libro speditogli, mentre scarabocchiava distratto dai suoi stessi pensieri. Volevo sapere cosa pensasse perché sicuramente era qualcosa rivolto al libro o a me, in modo indiretto. Quella mattina i suoi capelli erano nascosti da un cappello, il suo corpo era vestito di una maglia chiara a maniche corte e dei cargo neri che facevano ben desiderare la sua forma, probabilmente, non mi dispiaceva affatto quella nostra differenza di stile, quasi fatta apposta. Entrai nel caffè quasi di impulso, spostandomi al bancone per non farmi notare subito. Il ragazzo non aveva ancora ordinato nulla perciò ci pensai io, ordinando per lui un cappuccino.
Il ragazzo non alzò lo sguardo per cercarmi e un po 'ne rimasi deluso, rimase a capo basso a bere il mio regalo, ancora immerso nei suoi pensieri privati. Solamente allora decisi di spingermi a parlarci. Era la prima volta dopo un mese abbondante che tornavo a riavvicinarlo, le mie gambe tremavano, le mie mani sudavano e si aggrappavano disperate al libro che tenevo fra esse. Decisi, goffamente, di inserirmi nella sua vita con una citazione di Blake, dal libro stesso che stava leggendo, la prima volta quell'approccio pareva aver funzionato bene.
La sua reazione fu adorabile: i suoi occhi asimmetrici si spalancarono, le sue labbra si incresparono in un leggero sorriso di sincera felicità e stupore, le sue guance arrossirono lievemente ma mai quanto le sue orecchie. Non disse nulla davanti a me, ma come biasimarlo? Neppure io ci stavo riuscendo.
Attaccai discorso goffamente, con una frase rivolta verso il suo cappuccino, mostrando il miglior sorriso che mai avessi prodotto e fu ricambiato.
Il mio cuore fece un doppio salto appena spostò l'attenzione su di me e mi rispose.
«Mi piace, grazie mille, è stato un gesto carino»
Tu sei carino! Avrei voluto esclamare, ma mi soffermarmi solamente su un sorriso imbarazzato.
«Sono felice di averti rivisto.», Come se non sapesse che ero stato io ad evitarlo per quel mese, in modo da mantenere il gioco fra noi due, ma in effetti neppure lui aveva mai richiesto la mia presenza fisica.
«Anche io. Ti aspettavo da molto. » la sua frase comparve un po 'lamentosa ma piena di felicità, come quando i bambini ottengono un giocattolo dopo molto tempo: era quello che volevano, ma speravano di averlo prima.
«Ecco, scusami ...»,
«Wooyoung. Jung Wooyoung. » finalmente udii per la prima volta il suo nome, ora il mio Narciso aveva un'identità a sé.
«Choi San», soffiò una risata annuendo leggermente con il capo.
«Dopo un mese e mezzo ci riusciamo a conoscerci.»
Era vero, e avrebbe potuto immaginare soltanto la mia voglia di conoscerlo.
«Ne sei deluso?»,
«Da cosa?» domandò alzando un sopracciglio.
«Da me.»,
«Dovrei? Non ci siamo mai parlati più di dieci minuti, come potrei già giudicarti?», Alzai le spalle sorridendo divertito ai suoi modi.
«Vero, ma può darsi.»
«Ne dubito» mi schernii velocemente, tornando con gli occhi sul libro vecchio e ingiallito. Puntai il mio sguardo su Wooyoung, che aveva ripreso a leggere con tranquillità di fronte a me, ma era una tranquillità particolare, comoda, che calzava alla perfezione per entrambi, intima e personale, solo nostra anche se solo agli inizi. Mi sedetti nel posto di fronte al suo, aprii con calma il mio libro e continua a leggere, immerso nella storia, il racconto nel nostro silenzio personale.

Le nostre letture erano solamente interrotte da sguardi segreti che ci scambiavate l'un con l'altro, volendo cogliere le espressioni durante brevi istanti, magari qualche reazione provocata da un passo dei libri. Le gambe che si sfioravano sotto al tavolo dolcemente erano potenti come un discorso sussurrato tra amanti, bramanti l'uno dell'altro attraverso le carezze causali sulle nostre mani. Ci scontravamo, accarezzavamo e scusavamo con le dita per afferrare la penna oi post-it sistemati sul tavolo, desiderosi di appuntare un pezzo di memoria, di quell'istante, sui nostri libri.
«Come conosci così tante poesie?» fu la domanda che interruppe il nostro hiatus condiviso e mi fece rialzare il capo verso Wooyoung.
«Ci ​​sono cresciuto. Mia madre era una poetessa ed è stata lei ad istruirmi sulla letteratura e farmi amare la poesia, in molte lingue e stili differenti, di diverse epoche. A quella giapponese mi ci sono avvicinato molto da solo, durante la mia adolescenza. », Wooyoung annuiva semplicemente con il capo, spostando delicatamente il fiore secco tra le pagine, chiudendo la copertina del libro poco dopo.
«Studi?», E li iniziarono le vere domande.
«No, tu?», Risposi chiudendo anche io il mio libro, per porgli la mia attenzione più totale.
«No, sto facendo un ennesimo anno sabbatico per comprendere meglio che strada scegliere, ho sbagliato con la scelta a precedente, perdendomi».
«Cosa avevi studiato?»,
«Lingue, ma non ci sono portato»,
«E per cosa saresti portato?», Domandai incuriosito, appoggiando il mio mento alla mia mano, pronto con un'espressione di stupore e pieno consenso da mostrare al bel ragazzo.
«Letteratura, poesia per l'esattezza».
Me ne innamorai all'istante. Che fortuita coincidenza era appena accaduta.
Rividi in lui la figura di mia madre, una persona tranquilla, pacata, disponibile, con una personalità nascosta e irruente, passionale, che solamente alla persona più fidata l'avrebbe mostrata.
«Stupendo» risposi sinceramente, trovandomi senza più forze per muovermi e compiere quell'espressione di stupore che mi ero preparato. Rimasi con gli occhi sui suoi lineamenti, sorridendo alle sue stesse labbra.
«Sei nato a Seoul?» chiese ancora.
«No, sono nato e vissuto fino i miei otto anni, circa, a Busan. Poi mi sono trasferito in Germania. »
"Dove?"
«Desdra per tre anni e Norimberga in collegio maschile per due.»
«Famiglia ricca e rigida?» sorrisi a quel commento, annuendo divertito.
«Molto. Te? », Scrollò le spalle prima di rispondere.
«Sono nato e vissuto a Ilsan, trasferendomi qua solamente un paio di anni fa per la scuola, ma l'ho abbandonata ben presto.» Capì il perché del suo viaggio in treno il giorno del nostro primo incontro.
«E oltre a lavorare in libreria cosa fai?» domandai volendomi interessare molto di più a lui.
«Onestamente non molto, faccio da revisore ad un mio amico scrittore, quando decide di scrivere qualcosa. Hm, esco con i miei amici e torno dalla mia famiglia per i weekend. Te? »
«Principalmente lavoravo, ma ora sto cercando lavoro, oltre che ero indaffarato con la nostra corrispondenza.».
Un sorriso imbarazzato e divertito gli apparve in viso, seguito da un piccolo gesto del capo che mi fece ammirare il suo profilo, creato dall'insieme di varie forme e lineamenti armonici assieme, quasi scultorei.
«Giusto.»
Seguì una pausa fra noi due, riempita dai soliti sguardi che cercavano la forza di parlare.
«Quindi ora?»,
«Cosa?»
«Scomparirai di nuovo?» lo chiese un'ilarità triste.
«No, se tu non vorrai»
«Mi rispondi a frase fatte», ribatté ridendo, battendo leggermente il palmo sulla copertina del libro, prima di appoggiare il viso al suo palmo pallido, delineato da dei braccialetti di legno nero.
«Scusa» risposi divertito dalla sua reazione adorabile, quasi irruenta.
«Se ti lasciassi il mio numero? Cosa faresti? »
«Probabilmente ti inviterei un link di un ebook» risposi ironico, permettendomi di fare una piccola frecciatina verso la corrispondenza di libri che lui stesso aveva iniziato.
La sua reazione fu una chiassosa e stupenda risata, che, a parer mio, rischiarì quella giornata nuvolosa, che andò sopra al rumore del bar, delle parole dei tavoli vicini, delle stoviglie raccolte. Si prese qualche istante per terminare la risata prima di puntarmi con un dito, come segno che aveva colto l'ironia e che se lo meritava.
«Potresti usarlo in modo più adeguato sennò, che ne dici?» mi domandò sorridendo mentre su un post-it iniziò a scrivere le prime cifre.
«Tipo per invitarti fuori una sera di queste?»,
«Sarebbe carino, diciamo in un pub?»
«Diciamo alle 19?» quel gioco mi stava divertendo molto e così anche a lui.
«Diciamo che mi va bene».
Si alzò dal suo posto dopo avermi attaccato il post-it sulla fronte con un sorrido divertito, le sue ultime parole di quel giorno furono solamente per avvisarlo di scrivergli il giorno e il posto.
Poi sparì fuori dalla porta dell'ingresso, probabilmente aveva il lavoro.
Era stato un colloquio breve ma intenso, ero felice di essermi riuscito a sedere lì un po 'con lui, a godermi ancora la sua presenza. 


Spazio autrice:

Buongiorno con questo nuovo capitolo!
In QUESTI giorni sono stata molto felice di VEDERE Tutti i commenti Che mi Avete disseminato in giro Tra i capitoli, mi ha divertito leggerli e prendere un po' di forza 💖
percio grazie mille di leggere e condividere Quei piccoli pensieri Anche con me, Spero Che questo capitolo vi sia piaciuto e che non vi abbia deluso, anche se breve.

Grazie per aver letto anche questo capitolo, spero vi sia piaciuto e spero di vedere tante ⭐ e pochi‼ ️

Egeo WoosanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora