𝐗𝐈𝐗

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𝑾𝒐𝒐𝒚𝒐𝒖𝒏𝒈

Il mattino seguente venni svegliato dal calore proveniente da un corpo, appena aprii gli occhi vidi davanti a me il viso di San, sorridente e appena sveglio come me, i suoi occhi erano leggermente gonfi sotto, proprio nel punto in cui accarezzai la pelle, delicatamente con il pollice.
«Buon giorno» mormorò il moro sopra di me, con un leggero sorriso stampato sulle labbra rosee, le stesse che baciarono le mie, al contrario secche e solcate da piccoli tagli. Mi trattenne tra sé e il cuscino qualche istante, accompagnando le mie labbra in una lenta danza, rialzandosi da me solamente quando si sentì soddisfatto del bacio ottenuto. Il mio capo si sollevò dal cuscino appena il ragazzo si spostò e si alzò, solo in quel momento notai come si fosse già vestito, perciò non era sveglio da molto, il primo pensiero che mi balzò in mente furono i suoi occhi: perché erano gonfi se era già sveglio da molto?
Voltai il mio sguardo verso la schiena del moro, concentrato a mettersi i calzini mentre, rialzandomi dal materasso, potei ben sentire la stoffa staccarmi dalle braccia sudate, forse troppo, era stata una notte calda, soprattutto perché mi ero addormentato fra le braccia di San, come se nulla fosse, anche dopo le sue parole riguardanti ad Omelas.
«Oggi ci spostiamo a Busan e verso sera prenderemo il treno per spostarci verso le montagne.».
Le sue parole mi sorpresero distraendomi dai pensieri, non capì subito il perché di quello spostamento avventato, tanto meno verso le montagne.
«Verso le montagne? come mai?»,
«Abbiamo da visitare molto in poco tempo, abbiamo necessità di spostarci velocemente.»,
«A Busan cosa c'è che ti interessa?»,
«Molti musei, parti di città che mi piacerebbe visitare con te...», mi rispose in quel modo naturale, accompagnando le parole con un sorriso divertito sulle labbra.
«Parli come se non avessimo tempo, sarebbe carino fare con calma, no?»,
«No, voglio questa settimana solo per noi, voglio riempirla di cose nostre» mi sussurrò sulle labbra dopo essersi voltato contro il mio viso per adagiare un bacio sulle mie labbra, zittendomi dolcemente con quel gesto. Mi limitai a sorridere e ad annuire con il capo a San prima di decidermi ad alzarmi per sistemarmi con i soliti abiti comodi da viaggio. Mi svegliai definitivamente quando mi dovetti alzare dal letto, abbandonando quel meraviglioso materasso su cui avevo dormito molto bene, mi ero riposato totalmente quella notte, anche se le parole di San della sera prima mi avevano sconvolto, erano entrate come un tarlo nella mia testa ed ora giravano in modo silenzioso lì, nel vuoto più assoluto presente di mattina.
Lo spostamento e il viaggio in treno trascorsero come momenti fugaci, alla stessa velocità del paesaggio esterno della costa. Ero seduto di fronte al ragazzo, con un tavolino in mezzo a noi due su cui erano appoggiati i nostri libri, uno sopra all'altro. Sorrisi a quella immagine, notando in quel momento come in pochi mesi entrambi avevamo affrontato una crescita assieme. Era terrificante pensare a come uno sconosciuto casuale, nel giro di poco, potesse esser diventato una figura così importante per me. Ero felice di averlo incontrato. Ammirai in silenzio quei due volumi adagiati l'un al altro, rivedendo in esse noi due, alzai poi lo sguardo verso il ragazzo che era perso ad osservare l'oceano fuori dal vetro.
«Chissà se ci diremo addio su un treno.»
Commentai ironico con un sorriso sulle labbra, ma non cogliendo nessun cambiamento nella postura o nell'espressione di San, mi zittii. Le mie labbra non sopportarono ancora a lungo il sorriso, che lasciai morire lentamente studiando il volto serio del ragazzo, cupo, con le sopracciglia aggrottate, mentre con l'indice accarezzava il bordo del suo mento, immerso nei suoi pensieri con quello sguardo vitreo da morto.
«Siamo capaci di tutto noi due.»
Esordì un paio di minuti dopo, riprendendo vita sotto il mio sguardo, riacquistando il sorriso, colore sulle guance e vitalità. Non chiesi nulla in quel viaggio a San, non commentai quei minuti passati in silenzio, né chiesi spiegazioni per i suoi pensieri privati.
Il viaggio durò un paio di ore abbondanti e raggiungemmo la città in piena mattinata, all'ora di pranzo. La città ci accolse con il sole, le sue spiagge colorate e le folle di turisti che si muovevano in simbiosi l'un con l'altro, come se si fossero messe d'accordo su chi faceva cosa.
Lo sguardo di San continuava a ricadere sul suo orologio da quando scendemmo dal treno, sembrava impaziente, molto e mi metteva soggezione, tant'è che mi sentii costretto a chiedergli cosa dovessimo fare di preciso quel giorno.
«Musei o città?» mi chiese solamente rivolgendomi un enorme sorriso, fermandosi al lato di una strada, accanto ad un parchetto verde.
«Cosa?»
«Vuoi girare per musei o per la città?», mi domandò di nuovo, senza darmi il contesto o altro, semplicemente mi prese a braccetto attendendo una mia risposta, accompagnandomi nel mentre al ristorante. C'erano molti dettagli in quei pochi giorni di viaggio che non mi erano indifferenti: perché pagava tutto lui? perché ci spostavamo così a raffica se avevamo ancora un mese abbondante da passare assieme? insomma, avremmo avuto il tempo di visitare tutto con calma in quel mese, eppure San era nervoso e bisognoso di fare tutto in quei giorni. Ma un altro pensiero, da quella mattina, non mi aveva lasciato la mente: Aveva pianto quella mattina?
«Quindi?», mi riprese stringendo a sé il mio braccio, mentre seguivo il suo passo sostenuto fino al ristorante scelto per il pranzo di quel giorno.
«Entrambi», commentai io sorridendo.
Se San aveva così bisogno di girare come una trottola per vedere più cose possibili assieme, fermarlo, rallentarlo lo avrebbe solo fatto che agitare, peggiorare la sua condizione, ed essendo sconosciuta a me, volevo evitarlo, perciò lo avrei accompagnato, rincorso, in quella settimana assieme.
Appena fummo accomodati al nostro tavolo, potemmo distrarci qualche istante da noi stessi per osservare il menù del luogo. In quei minuti personali la mia testa non si fermò un solo istante, la mia ansia mi fece pensare cose assurde, deducendo forse una possibile verità: Se San aveva pianto di prima mattina era per qualcosa legato probabilmente al suo personale e non a me, perciò avrebbe dovuto ricevere qualche messaggio... possibile che avesse discusso con il padre? Oppure era solo nervoso per la partenza, potevo capirlo. Forse tutta quella fretta con cui stava svolgendo la vacanza era proprio per la sua paura di lasciare qualcosa indietro, intimorito dal non riuscire a farlo, ma era impossibile. Non mi piacevano quei pensieri confusionari, pieni di ansia e angoscia poiché non sapevo se fossero giusti od errati. Avevo la paura di domandare al ragazzo quale fosse la verità, del perché tutte quelle fughe da un luogo all'altro.
Da quella mattina, alla vista dei suoi occhi gonfi, non pensavo più che tutto il viaggio fosse per aiutare me, ma si era trasformato in una via di fuga dal futuro che attendeva San, come se quella settimana servisse a contenere tutti i viaggi futuri a cui avrebbe dovuto rinunciare trasferendosi in Germania.
«Pronto?» mi chiese il ragazzo con un sorriso in viso prima di chiamare un cameriere per ordinare. Mangiammo entrambi qualcosa di semplice e veloce poiché San era impaziente di portarmi al Busan Museum di arte contemporanea. Non mi intendevo molto di arte, ma lui si, ed ebbe la pazienza di accompagnarmi per le sale a braccetto, spiegarmi filo per segno le opere, gli autori e la storia che c'era celata dietro a tutto il lavoro. Certe volte la sua voce era l'unico suono nella stanza, altre volte veniva sovrastata da quelle delle guide e dai gruppi, ma io rimanevo fedele alla sua voce, rilassante e melodiosa, concentrato nel coglierne il più possibile i suoni e le sfaccettature, in modo da ricordarmene per gli anni futuri. Le sale si prestavano a conservare anni di arte coreana, cinese, vietnamita e molto altro, racchiudendo le opere moderne più importanti e conosciute a livello globale. Mi venne la pelle d'oca al pensiero di essere in presenza di qualcosa, non un oggetto, ma un'arte, così importante da essere conosciuta ovunque. Anche a me sarebbe piaciuto puntare a quello, al riuscire a creare un concetto così bene espresso da riuscire a raggiungere tutto e tutti. Sarebbe stato interessante riuscirci con la poesia, come Baudelaire fece in passato, esprimendo il proprio dolore universale in tal modo da coinvolgere il resto del mondo, magari avrei raggiunto anche San in Germania. Rivolsi uno sguardo fugace al ragazzo, stringendo un suo braccio a me in silenzio, mentre i miei pensieri tornarono a quella mattina. Il pensiero che avesse pianto mi tormentava e non potei più trattenermi.
«Questa mattina hai pianto?», sussurrai timidamente, mentre le nostre figure intaccabili stavano in piedi di fronte ad un quadro di Yang Dal-suk; Da parte di San sentì semplicemente un sospiro ad alta voce, ma non aggiunse altro, semplicemente mi strinse una mano, accompagnandomi gentilmente nella sala successiva. Era il suo modo per chiedermi di non preoccuparmi, che andava tutto bene e non era stato niente. Lo sapevo per certo? no. Ma volevo pensarla in quel modo, troppo impaurito per affrontare anche i suoi di sentimenti oltre ai miei.
Usciti dal museo d'arte tirammo entrambi un sospiro, abbastanza stanchi dalla moltitudine di elementi che avevamo visto all'interno del museo.
«Non sarei resistito un secondo di più lì dentro» commentai sorridendo soddisfatto della visita e abbastanza sfinito, la mia testa aveva iniziato a riempirsi e i miei occhi ormai avevano raggiunto la stanchezza ottimale per smettere di osservare adeguatamente la mostra.
«Beh, allora stiamo un po all'aria aperta» propose san rialzandosi dal muretto di pietra, dove si sporcò leggermente i pantaloni neri di bianco, difatti, quasi di riflesso, allungai la mano per colpire la stoffa e togliere il bianco di troppo, ma San non poté che guardarmi con aria soddisfatta, scherzando sull'azione appena accaduta.
«Non mi hai mai toccato così»
Mormorò spavaldamente a pochi millimetri dal mio viso: mi aveva avvicinato a sé agilmente, avvolgendo le sue dita fredde attorno al mio polso, in modo da potermi attirare a sé.
La mia reazione naturale fu arrossire visibilmente in viso, soffiando una risata subito dopo abbastanza imbarazzato dalla sua vicinanza. Erano pochi i momenti in cui San era stato così diretto in pubblico con me, ed io non c'ero ancora minimamente abituato, forse dovevo ancora addirittura entrare nella mentalità di provare dei sentimenti, ricambiati, verso qualcuno.
«Meglio andare prima che la tua fantasia corra troppo», risposi ricomponendomi e sfilando il polso dalla sua presa, allontanandomi leggermente da lui, che era intento a ridersela sotto i baffi, come se nulla fosse e un po mi stava dando fastidio.
I nostri passi andavano all'unisono: uno e due, uno e due, uno e due... spediti e silenziosi uno a fianco all'altro, pronti a spostarsi legati come da un filo, nessuno dei due perdeva il ritmo un solo istante e, se ci si fermava, lo facevamo assieme, rallentando e poi accostando in un luogo privato. Iniziai forse a perdere il passo di San quando il ragazzo iniziò ad entrare ed uscire da varie vie secondarie della città, evitando le strade principali e gli occhi indiscreti. La figura slanciata di San percorreva quasi a memoria quelle vie, girando ogni angolo con sicurezza e velocità, fino a sparirmi completamente dalla vista. Quando girai l'angolo a destra davanti a me trovai semplicemente una scala in cemento, colorata su ogni gradino. Mi avvicinai al primo, iniziando così a salirne altri, uno dopo l'altro. I miei occhi erano fissi su di essi: ogni scalino era colorato come la copertina di un libro, i titoli scritti sul fianco e sul davanti, proprio sotto i miei piedi, le fiancate delle case invece erano dipinte in modo da sembrare scaffali, qualcuno con uno spazietto in cui erano riposti alcuni vecchi libri. Ne rimasi affascinato, incantato, catturato da quel piccolo e semplice angolo colorato. Mi osservai in giro, ricordandomi qualche istante dopo di San, probabilmente si era fermato alla fine della scalinata e non volevi farlo attendere ancora per molto. Mi soffermai qualche istante in più semplicemente per fare una foto agli scalini, con la mia ombra ben chiara al di sopra di essi. Pochi istanti dopo una seconda ombra invade lo spazio al mio fianco, finendo anch'essa nella mia foto, standomi giusto di lato e appoggiando il viso sulla mia spalla. L'odore ben familiare ci mise poco ad invadere le mie narici, ad abbracciarmi dolcemente, lo stesso effetto che percepivo quando il ragazzo avvolgeva il braccio attorno alla mia vita.
«Tutti possiamo provare un'attrazione, è abbastanza naturale...» San iniziò a parlare alzando il viso dalla mia spalla voltandomi verso di sé, volendo la mia completa attenzione. Mi avvicinò a sé nel solito modo, mi sorrise con le medesime fossette e riprese a parlare: «Ma pochissime persone hanno abbastanza cuore da essere davvero innamorati senza incoraggiamenti.»
A quel punto abbassai lo sguardo sui nostri piedi, leggendo tra uno e spazio e l'altro il titolo del libro su cui eravamo fermi.
«Orgoglio e pregiudizio», commentai io sorridendo,
«Jane Austen, una gran donna con eccellenti pensieri.»
Riprese San dopo le mie parole mantenendo un sorriso stampato sulle labbra. Io annuii voltandomi poi verso il mare, che da lì sopra si vedeva perfettamente: il sole sera ancora alto per essere ormai le quattro passate, dalla costa si alzava una nuvola di afa, mista alle grandi voci della gente come quelle di padri che chiacchieravano o si arrabbiavano, schiamazzi di ragazze, urla di madri, risate di bambini, era tutto un enorme sottofondo incastrato in quella nuvola calda che sommergeva la città per mesi interi, uno spettacolo più che raro. Lo assaporai avidamente per quegli istanti, ma bastarono le urla di alcuni gabbiani a riportarmi alla realtà all'improvviso.
«Dobbiamo tornare verso la stazione».
Così seguii San verso la ferrovia, dando le spalle alla gente.


Spazio Autrice:

2310 parole e passa per questo capitolo che all'inizio non sapevo neppure come svolgerlo, è il mio record fino ad adesso, posso ritenermi soddisfatta? Direi di sì.
Ho faticato moltissimo per rendere ogni cosa il più naturale e reale possibile, e credo che sia uscito qualcosa di carino, voi che ne pensate? Ci sono riuscita?

Comunque, per il loro viaggio mi sono già fatta un itinerario per la Sud Corea e ringrazio soprattutto una mia amica per avermi aiutato ad organizzare il "viaggio". Esistono luoghi veramente mozzafiato e spero di visitarli prima o poi nella mia vita. Per questi capitoli, oltre alla bibliografia volevo aggiungere uno spazietto per i luoghi che vado ad accennare, perché credo che valgano un'occhiata online 💖

Non vi trattengo oltre,
Spero di leggere al più presto i vostri pensieri a riguardo di questo capitolo e vedere molte ⭐ e pochi ‼️

Grazie mille, come sempre, a chi legge, vota o commenta!🤍


Bibliografia:

- "Orgoglio e Pregiudizio", Jane Austen

Luoghi:

- Busan Museom of art, Busan
- Gamcheon Culture Village, Busan

Egeo WoosanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora