𝐗𝐗𝐈

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𝑾𝒐𝒐𝒚𝒐𝒖𝒏𝒈

«Hai sempre un buon profumo»
Sussurrai alzando il naso dalla felpa del ragazzo, comodamente appoggiato a me.
Tutto il vagone era sommerso dal silenzio e l'unica luce valida era quella biancastra del led sul soffitto nel vagone, neppure il sole esterno dava il suo contributo ad illuminare il paesaggio quel giorno, troppo pigro per uscire dalle nubi grigie.
Il rumore vuoto del treno che sfrecciava fra le montagne riempiva la mia mente vuota, mentre il viso sprofondava fra le pieghe del cappuccio di San, appoggiato a me ormai da diverse ore, almeno era riuscito a riposare lui, lo invidiai in quegli istanti, per quella sua capacità di addormentarsi facilmente ovunque.
«Chissà se dormirai così anche durante il viaggio in aereo o in treno per il ritorno.»
Mormorai tra me e me quelle parole toccate dall'amarezza che mi appesantiva il cuore, come poteva abbandonarmi così? Preferivo non rispondere, perciò chiusi gli occhi, sperando di addormentarmi presto o ingannare la mia mente durante quelle ore di viaggio rimanente. 

«Non sei riuscito a riposare?»
San lasciò una carezza sul mio viso appena scendemmo dal treno, non appena vide chiaramente il mio viso stanco. Negai alla sua domanda sospirando
«È periodo di insonnia per me.»,
«Allora lo è anche per me.» rispose il moro senza troppi giri di parole, afferrando saldamente il suo borsone prima di avviarsi verso l'uscita del binario.
Magari fosse così anche per lui, sarei riuscito a parlargli forse meglio dei miei sentimenti, della mia disperazione all'idea che se ne andasse e invece? San amava troppo dormire ed io ero un codardo.
«Cosa ci facciamo a Jeonju?»
Domandai seguendo a passo pesante il ragazzo. La sua figura era piacevole da osservare, si muoveva sinuosamente fra le altre persone, rendendo evidente la loro goffaggine nella vita. San invece risplendeva, sembrava vivere in un suo piccolo mondo che si adattava perfettamente al nostro e al mio, emanava un'aurea diversa, positiva, per quanto non potesse essere costante.
«Hai sentito parlare dell' Hanok Village?»
Annuì, ovviamente avevo sentito parlare di quella piccola porzione di città, ancora custodita nella sua antichità, così notai che San si stava dirigendo esattamente verso un binario regionale e non all'uscita. Ne rimasi stupito quando tirò fuori dalle tasche due biglietti per Hanok Village, ma non potei che sorridere entusiasta della sua idea.
«Intendi dire che alloggeremo là?»
Domandai stupito avvicinandomi a San, colpendo leggermente la sua spalla, il gesto provocò una risata sincera del ragazzo.
«Ovvio che si, devo dimostrarti che appartieni a molti luoghi, alla Corea sia antica che moderna.»
Chiarì il discorso afferrando una mia mano per accompagnarmi al nostro vagone di quel viaggio.
Appena giungemmo al piccolo angolo di antichità, respirai profondamente, riempiendo i miei polmoni di aria pulita, riempita con tipici odori provenienti da ristoranti, case e piante, tutti posizionati in modo da decorare la città.
«Ci fermeremo a dormire per una notte in uno degli Hanok, un amico di famiglia lavora qua, perciò gli ho domandato una stanza a buon prezzo, ti troverai sicuramente bene.»
Camminavo affianco di San, elogiando coi miei occhi la sua figura, mentre pensai a quanto la sua mente fosse sempre così delicata e piena di attenzioni verso ogni dettaglio della vita.
Capì forse troppo tardi il suo gentil tentativo di volermi immergere nella nostra cultura, San mi aveva conosciuto grazie al mio elogio verso la cultura Occidentale, e prima di lasciarmi si voleva assicurare che io mi trovassi a mio agio nel mio paese, lo trovavo adorabile.
 Sfilammo con calma sulle vie principali, composte da numerosi negozi di abiti, in cui si potevano noleggiare Hanbok per giorni interi. Mi soffermai giusto qualche istante dinanzi ad una vetrina con gli abiti ben esposto, brillanti sotto i raggi del sole che era appena sorto dalle pesanti nuvole della mattina.
«Sarei curioso di vederti indossarne uno»
San mi sorprese ad osservare degli abiti tradizionali esposti, ben evidenti con la loro seta scura, sui toni freddi, attraenti per me.
«Non nascondo che sarei curioso anche io di vederti in abiti tradizionali.»,
Forse feci un errore a pronunciare quelle parole, poiché venti minuti dopo mi ritrovai vestito con quegli stessi abiti scuri che ammiravo poco tempo prima. San aveva optato per toni più caldi invece e gli donavano molto, la sua vita fine risaltava fin dal primo sguardo, rendendolo tremendamente attraente.
«Ti vergogni?», chiese rivolgendomi uno sguardo divertito, segnato dalle fossette.
«No!»,
«Hai le orecchie rosse.»,
«Solo... non ci sono abituato.»,
«Avrai un intero giorno per farlo.»
E così si concluse la nostra conversazione, timbrata dal suono di monete che passavano dalla mano di San al proprietario.
«Ssamok Ssamok Hanok Guesthouse»
San lesse ad alta voce il nome della pensione dell'amico di famiglia appena giungemmo la struttura e subito salì gli scalini in legno per battere rumorosamente le sue nocche secche contro il legno, questo si aprì cigolando pochi attimi dopo, mostrando un signore anziano e con aria vivace che riconobbe subito San. Il sorriso che l'anziano rivolse al maggiore era speciale, potei notare in silenzio tutti gli anni e l'affetto che l'anziano aveva rivolto a San durante la sua infanzia: il suo modo di battergli la mano in viso, salutarlo, invitarlo, il tono con cui fece tutto ciò creò un'atmosfera di casa anche per me, poiché mi accolse con lo stesso tono.
«Che parte del pavimento vuoi?»
Domandò San appena entrai nella stanza assegnataci, ovviamente non potei che girare gli occhi alla sua battuta, mollando nell'ala destra della stanzetta la mia valigia.
Fino a quel momento non ero mai entrato in un Hanok, quella sarebbe stata la prima volta che provavo la sensazione di dormire a terra, di lavarmi annegando tutto il bagno senza limiti, di avere tutto vicino, in modo intimo, soprattutto San.
«Oggi volevo semplicemente camminare con calma, girovagare per la città, ti va?»,
«Ovviamente.»
Risposi sorridendo al ragazzo che si era leggermente avvicinato a me, con affare forse un po' timido, ma non gli diedi importanza, anche a me poteva succedere di piombare in un momento di imbarazzo a causa dei miei pensieri.
Il pomeriggio, per quanto pieno, passò velocemente, i nostri piedi percorsero insaziabilmente la città, assaporando le strade piene di vita, negozi artigianali, piccoli musei dedicati alla storia di quella cittadina, arrivammo fino alle porte della cattedrale di Jeondong, posizionata proprio di fronte alla Porta Pungnam, dove, poco distanti da lì, ci fermammo a riposare in un piccolo parco verde.
Alla sera, dopo l'ora di cena, io e San ci ritrovammo su uno dei ponti sul lato della collina da cui potemmo goderci tranquillamente la vista dei tetti antichi che si espandeva in silenzio per molti chilometri, verso la città piena di modernità da cui spiccavano o grattacieli più all'avanguardia.
«Non ero mai stato qua, l'ho sempre visto come un posto noioso, inutile. Invece mi sono divertito, non pensavo fosse così...»
«Da te?»,
«Interessante.», corressi San con un accenno di sorriso, tornando poi con lo sguardo sulle luci soffuse delle vie.
«Ci sono stato poche volte sfortunatamente, ma credo che sia meglio così, almeno ci sono stato con te e rimarrà il pensiero più vivido che accompagnerà questo luogo.»
Le sue dita accarezzarono timidamente le mie, trapelando un imbarazzo gentile che già quella mattina avevo colto sul viso del mio amato.
«Sei carino quando sei imbarazzato. »
Mi esposi in quel modo schietto, attorcigliando il mio mignolo a quello del ragazzo che venne accettato caldamente.
«Sei carino con l'Hanbok.»
Soffiai una risata stringendo il mio dito attorno a quello del ragazzo che si girò con il busto verso di me, appoggiandosi alla balaustra con un gomito, senza dividere i nostri mignoli. Avvolti dal silenzio, la mano di San accompagnò il mio viso ad avvicinarsi al suo, schiacciando delicatamente le sue labbra contro le mie. Non fu un bacio, risultò più come una carezza data l'un all'altro, nel silenzio intimo che mi aiutava a mantenere il mio equilibrio, il nostro.
«Ma mi vestirei così solo per il matrimonio, forse.» interruppi il silenzio, ma non la distanza quasi inesistente fra i nostri visi, ancora troppo pigri per lasciare andare quelle personali coccole, sfocate in baci casti agli angoli delle labbra.
«Invidio chi ti avrà un quel modo.»,
«Attento, potresti invidiarti da solo.».
San sorrise timidamente sulle mie labbra, cogliendo il significato delle mie parole.
«È una proposta di matrimonio?»,
«Uh, azzardi le tappe Choi, non siamo neppure fidanzati.»,
Il capo di San si piegò brevemente verso un lato con un sorriso, tornando di fretta da me. Amavo quella piccola forza che proiettano su di lui, la stessa che lui possedeva su di me.
«Vuoi essere il mio ragazzo Jung Wooyoung?» chiese dopo l'ennesimo bacio casto.
«No.»,
«No?»
«No, non sarebbe giusto farlo ora.»
Un sospiro dalle sue labbra si intrappolò fra le mie, secche e rovinate, pronte a ferire le sue come stavo facendo con quelle parole, per quanto fossero dure da dire e San lo sapeva.
«Non c'è motivo di correre, l'importante è non abbandonare il proprio piano.»,
«Sei tu il mio piano Wooyoung.»
Rispose così sicuro di sé San, accompagnò la sua mano sulla mia vita stringendomi a sé per risultare più sicuro, ma a me fece solo che dolcezza.
«Una delle mie frasi preferite dice questo:
"Un giorno ci incontreremo per caso e tu sorriderai e anche io,
e non ci sentiremo sbagliati e fragili e inadeguati
e fuori tempo e fuori luogo.
E saremo finalmente pronti."»
«Pronti per?»,
«Per amarci.»
Nessuno di noi due, in quel momento, seppe meglio l'importanza delle parole "Ti amo", entrambi conoscevano la loro forza, potenza e devastazione, ne eravamo terrorizzati, ma al contempo innamorati, catturati in quel limbo infinito e inesistente che ci tratteneva dal cambiare il nostro destino.
Ma era giusto separarsi, dimenticarsi un po' l'uno dell'altro. Alla fine sono più emozionanti gli amori ricercati, inseguiti che sfuggono e si riprendono: come noi.
Temevamo le parole, ma i gesti no. Le nostre paure, paranoie, gioie e spensieratezze si sfogavano totalmente l'una contro l'altra, liberandosi solamente quando decidevamo di spogliarci dei nostri pensieri, lasciarci nudi uno davanti all'altro a parole e a gesti.
Per quanto le discussioni a notte fonda fossero importanti, riflessive e personali, a volte non bastavano. Eravamo degli esseri umani imperfetti in fondo, non tutto ci riusciva bene, non tutto era spiegabile e quello che risultava tale veniva spiegato con la carne.
Avevamo provato a parlare di nuovo quella sera nell' Hanok ma ben presto le sue mani, assieme alle mie, avvolsero i nostri corpi e senza più parlare continuammo quella discussione, costruita su tocchi, ansimi e profonda unione. Avevo passato interi tempi infiniti a parlare con lui, a conoscerlo intellettualmente, ed ora mi ero concesso un po' di passione, che ardeva grazie ai nostri due corpi uniti come uno, attraverso i nostri gesti, baci e morsi che ci lasciavamo l'un sull'altro come per fonderci assieme, sperare di lasciare una propria, personale, traccia sul corpo dell'altro.
Ne ero felice.
Non vissi più una notte più passionale di quella. Una notte intima solo per noi due, solo per due persone che si amavano così tanto da consumare tutto, per la disperazione, in una sola notte, passandola tra mille gesti e mille baci segreti e regalati.
Riuscendo per una volta ad estraniarsi dal tempo, a lasciare le parole da parte, trovandole stranamente inutili.

Spazio Autrice:

Aspetto con ansia i vostri commenti, sperando in pochi ‼️ e tante ⭐

Grazie di star leggendo 💗

• Bibliografia:
- cit. Fabrizio Caramagna

Luoghi
- Hanok Village, Jeonju, Corea del Sud
  Cattedrale di Jeondong
  Gyeonggijeon
  Porta Pungnam
  Museo di storia del villaggio di Hanok
  Sala espositiva dell'artigianato di Jeonju
  Jeonju Traditional Hanji Center
  Pensione Ssamok Ssamok Hanok Guesthouse
  Parco Deokjin

Egeo WoosanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora