𝐗𝐕𝐈𝐈𝐈

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𝑺𝒂𝒏

Le nostre suole si consumavano lentamente ad ogni nostro passo compiuto, sfilando tranquillamente sul pavimento delle vie della cittadina affacciata sul mare.
Il vento ancora non dava segni di cedere, correva insistente per i vicoli e sulle strade, accompagnando a braccetto i turisti, per quel giorno soleggiato.
Io e Wooyoung ci fermammo in un bar di una via secondaria, piccolo e rustico. In passato ero abituato a incontrarmi lì con i miei amici del mare, a mangiare il gelato e ad osservare i più grandi, come mio zio, a giocare ad azzardo o biliardo nella saletta affianco al bancone, ancora nello stesso punto in cui mi ricordavo. Non era cambiato nulla in quel posto: le pareti ancora imbiancate erano ricoperte di crepe e di mille foto e poster di gente sconosciuta; la TV era appesa in un angolo sempre accesa sui canali di sport. Ci sedemmo ad uno dei tavoli di ferro appena fuori dalle scale d'entrata, giusto per rimanere in compagnia del vento.
Entrai ed uscii velocemente per ordinare, sedendomi poi con un profondo respiro sulla sedia ben incastrata fra le mattonelle del pavimento, non potei che appoggiare il viso alla mano per ammirare la semplice via riempita di bancarelle e negozi di luogo e turistici.
«Conosci bene questo posto?»
Wooyoung mi stava osservando sorridendo dolcemente e non potei mentirgli ancora a lungo, anche se avevo fin dal momento solo omesso.
«Molto, ci ho passato la mia infanzia, estati intere, prima di trasferirmi in Germania.»,
«É un bel posto, rilassante».
Fui felice di sentire quelle parole da parte del ragazzo, alla fine volevi aiutarlo a star bene, a trovare la sua serenità. Mi misi ad ammirare un altro po' i suoi lineamenti, ora ancora più diversi di qualche ora prima: sembravano mutare sotto la luce, modellarsi alle sue emozioni e al luogo dove lo ammiravo, Wooyoung era molto espressivo anche senza volerlo.
«Mi trasmette un'energia positiva questo luogo, serenità e tranquillità. Dovevo venirci più spesso, ma invece non ci sono mai riuscito, me ne dimenticavo.» mormorai soffiando una risata mentre la barista ci porse l'ordine sul tavolino.
«Come fai?»,
«Cosa?»,
«A stare così tranquillo. Intendo, se qua ti trovi così bene, come hai fatto a dimenticartene per questi anni? Tanto da venirci solo ora? Io non mi scorderei mai di un luogo del genere e cercherei di venirci sempre.»
Il tono di Wooyoung sembrò quasi scocciato, che stessi mentendo? No, amavo quel posto, avevo così tanti ricordi a me cari trascorsi in quelle vie che era impensabile che io mentissi.
Bevetti un sorso della coca prima di schioccare le mie labbra fra di loro e rispondere al ragazzo.
«Conosci le 50 Massime di Schopenhauer, esattamente "L'arte di essere felici"?», Wooyoung mi osservò non capendo io punto del mio discorso.
«Quelle cinquanta massime non ti insegnano come essere felice, ossia come ti aspetteresti di trovare nel libro, sennò andrebbero contro il pensiero del filosofo. Invece ti insegnano ad accettare la parte meno marcia della vita, a sopravvivere con quel poco.
Per quanto tu sappia che esistono cose, luoghi o persone che ti fanno stare bene, finché riuscirai a vivere secondo quelle Massime, non sentirai mai la necessità di ricorrere ad una cosa specifica sempre, saprai trovare la serenità e felicità nel quotidiano, nel personale, nella calma e nella rabbia. Così facendo non ti accorgerai che non sei stato con tale persona o in tale luogo per tot tempo. No, quando sarai nel tuo posto felice, allora capirai che effettivamente ce l'hai fatta anche senza di esso, perché hai accettato e imparato a vivere secondo L'arte di essere felici.»
Un colpo di vento si alzò di colpo scompigliando i capelli miei e del ragazzo che era ancora seduto davanti a me con un sorriso in viso, appena accennato, come una carezza. Non disse molto, si limitò a soffiare una risata allargando il sorriso, mentre le sue dita scorrevano fra o suoi capelli, spostandoli indietro, via dal viso, e scoprendo il suo taglio fresco.
«Schopenhauer non mi ha mai interessato più di tanto.»
«Certo, perché non è del '900.»
Commentai sarcastico bevendo un altro sorso dal bicchiere, mentre Wooyoung mi zittì con un'occhiata cattiva delle sue, quelle infastidite ma che ammettevano di aver torto.
«Dovresti leggere le sue Massime, ne ho fatte molte, su vari argomenti, potrebbero interessarti.»,
«Mi lascerai il libro?» chiese di getto,
«Si.» risposi io altrettanto di getto, dimenticandomi di non possedere più quel libro ormai da anni, custodendolo in Germania.

Egeo WoosanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora