𝑾𝒐𝒐𝒚𝒐𝒖𝒏𝒈
Non so esattamente dire ad occhio quante ore di viaggio facemmo, ma il giro fu lungo, dovemmo dapprima raggiungere la città di Dongdaegu in treno, un tragitto lungo che sfiorò quasi le tre ore di viaggio a causa dei continui blocchi in mezzo al nulla; di seguito, dalla città, ci imboscammo in un bus che proseguì il viaggio verso le montagne, esattamente verso il Gayasan national park, situato sulle pendici del monte Kayasan (가야산). Non so neppure dire se io abbia dormito o fossi finito in un limbo di dormi e sveglia, tormentato dal tremolio della strada dissestata e dal finestrino freddo che rendeva complicato l'appoggiarsi il capo su di esso, anche perché appena mi appoggiavo questo iniziava a tremare e a sbattere indemoniato contro il mio capo, scatenando tutto il freddo che custodiva contro di me. Solo a notte fonda trovai riparo fra le braccia di San, seduto al mio fianco, che mi accolsero dolcemente, pronte per cullarmi e riscaldarmi per le poche ore che rimanevano di viaggio. Arrivammo attorno alle due di notte all'hotel, dove ci diedero velocemente la camera. Non feci neppure in tempo a cambiarmi totalmente per la notte che crollai in un sonno profondo, esausto, che mi intrappolò in vari e confusionari sogni per tutte le ore successive. Il mio unico ricordo di ciò che sognai quella notte fu una sorta di campagna, mi trovavo in un prato pieno di fiori rosa, che rendevano i propri colori vivaci quasi accecanti, il tempo non lo notai mai ma la luce e la sensazione che avevo addosso erano quelle che provavo durante l'arrivo dei temporali, soprattutto d'estate durante il periodo di pioggia torrenziale. Davanti a me avevo una figura di cui inconsciamente sapevo il nome ma il suo viso era svanito, ogni tentativo di guardarlo in viso era vano perché lui mi evitava. Mi tormentava quel sogno, forse l'unico che si tenne vivido nella mia mente per tutta la giornata, come potersi dimenticare quello stato di angoscia che mi aveva creato? Il senso di solitudine che aveva trasmesso assieme alla sua calma, inquietante, nostalgia. Non c'ero mai stato in quel prato, mai avevo visto quella persona, eppure avevo riconosciuto due elementi validi dal rendere tutto quel sogno qualcosa di agghiacciante per me: Il nome della persona ed una valigia. L'identità della persona mi fu confermata dall'etichetta su una vecchia valigia di cuoio, decadente, rovinata, a cui all'interno si trovava un elemento che a me premeva recuperare. Piangevo, mi stringevo la mano al petto davanti alla figura ghiacciata, si poteva forse definire solo come una sagoma visto la sua presenza inesistente, quasi svanita. La sagoma non si mosse di un solo centimetro quando mi avvicinai alla valigia, posta ad una certa distanza fra noi, non si mosse, né si voltò quando io l'aprii e al suo interno vidi il mio cuore. Nel sogno piansi a dirotto appena i miei occhi videro l'organo, ancora vivo e pulsava ardentemente, ma quel dettaglio non mi piacque molto.
«Perché lo fai ancora battere? Perché ti ostini a farmi questo?»
Gridai disperato, contro la sagoma o contro il cuore?
Quando tolsi la mano dal petto la mia visuale si spostò in esterno e potei vedermi: il senso di angoscia che pervase il mio corpo fu raggelante. Al posto del cuore avevo un semplice squarcio, insanguinato e aperto a metà, solamente ad un mio maggiore lamento la sagoma si volse verso di me, con i suoi occhi affilati, il sorriso furbo e malizioso fece comparire sul viso quelle insopportabili fossette che erano divenute la mia disgrazia. Le uniche parole che disse furono per me causa di una forte angoscia che mi fece realizzare la realtà:
«È il ricordo più bello che avrò di te.».«Wooyoung!»
Una voce forte mi svegliò catapultandomi nel modo reale. Una forte fonte di luce mi accecò appena aprì gli occhi di scatto per lo spavento che presi dallo scossone del risveglio. San era inginocchiato affianco a me che mi guardava preoccupato, con ancora quegli occhi gonfi e rossi, ora era scontato avesse pianto.
«Tutto ok? Stavi ripetendo il mio nome lamentandoti.»
Il suo nome.
Era lui quindi la sagoma dunque?
Mi portai una mano al petto in fretta per realizzare che io fossi tornato alla realtà e così era grazie a dio. Tornai con il capo appoggiato al cuscino, tentando di regolare il respiro, scosso ancora da quella sequenza di immagini avvenuta nel sogno.
«Cosa hai sognato?» domandò san una volta che mi calmai.
«Mi rubavi il cuore prima di partire, credo che tu me lo abbia strappato e poi lo abbia nascosto in una valigia vecchia. L'ho solo potuto vedere e le tue uniche parole sono state "È il ricordo più bello che avrò di te."». Mimai le sue parole sentendo il suo tono languido rimbombarmi nella testa.
«E poi?»
«Poi mi hai svegliato», risposi facendo così seguire un momento di silenzio fra noi due, forse attendendo una scusa da parte sua o che mi rassicurasse sulla sua partenza, ma non disse nulla, si limitò a fissare semplicemente il vuoto, mentre una leggera aria fresca e mattutina entrava dalla finestra della camera, smuoveva i suoi capelli, forse l'unico dettaglio che al momento mi ricordava di come lui fosse reale e non la sagoma del mio sogno.
«Se potessi ruberei davvero il tuo cuore.»
Commentò invece San, sporgendosi verso di me e accarezzando le mie labbra impietrite dalla sua frase, con le sue, mentre le sue dita iniziarono a correre agilmente sul mio petto, fermandosi ad accarezzare il pezzo di stoffa che copriva il mio cuore.
«Ti avrei con me in questo modo, lo proteggerei fin da subito in Germania.»
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Egeo Woosan
FanfictionWooyoung e San hanno vent'anni ed entrambi abitano a Seoul. Si incontrano un giorno sul treno per puro caso e fin da subito nasce un interesse l'uno nei confronti dell'altro, ma si lasciano senza nomi o collegamenti per ritrovarsi, San ha solo un pi...