𝐗𝐗𝐈𝐈𝐈

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𝑾𝒐𝒐𝒚𝒐𝒖𝒏𝒈

Il crepuscolo mi illuminava il volto nel silenzio del vagone, e come sempre, il paesaggio sfrecciava fuori dal finestrino accanto al mio posto, nel solito suo modo malinconico, ritmato, noioso e fastidioso. Ogni secondo che trascorrevo a fissare quel vetro sporco di calcare, era un secondo sprecato ad ammirare la bellezza di San; ogni istante di silenzio, era del tempo perso senza la sua voce, ma cosa c'era da dire quel giorno se non l'addio definitivo?
Mi tremava il cuore, ad ogni ticchettio dell'orologio, il mio cuore sobbalzava, si tormentava in un pianto sconsolato trattenuto all'interno del petto a stento, cullato solamente qualche attimo dalle dolci carezze che le dita di San posavano sulla mia coscia, mentre il suo capo era adagiato sulla mia spalla in silenzio a contemplare il nostro ultimo viaggio.
«Visiteremo assieme anche la Germania e il resto d'Europa.»,
Mi ammonì con la sua voce docile e innocente.
«Credi che verrò a trovarti?»,
«Si, sarà il mio regalo per te al tuo compleanno: un biglietto per la Germania»,
«Non sono mai uscito dalla Corea.»,
«Avrai le tue occasioni.»,
Sorrisi divertito e spaventato da quella sua proposta, così terrorizzato da sentirmi immobilizzato dal parlare ancora una parola di troppo. I miei sentimenti erano troppo forti, fuori controllo per lui, e ne avevo il terrore, come tenerli sotto controllo per anni? Lontano da lui e dalla sua protezione? Appoggiai la mia mano sulla sua, intrecciando le sue piccole dita con le mie.
«E se ci fermassimo?»,
Sentì il suo sguardo alzarsi sul mio volto, in modo glaciale, forse smise di respirare qualche istante, esplodendo in una piccola risata.
«Non abbiamo altro tempo per un'altra tappa.»
Mi mentì per la prima volta in quel modo, fingendo di aver mal capito la mia frase, quando l'aveva colta in pieno. Soffiai una risata scuotendo il capo.
«Sei sempre stato pessimo a mentire.»,
«Non voglio una pausa.», rispose schiettamente San, con uno sguardo serio e barcollante.
«Credi che sarà facile tirare avanti un flirt in due continenti diversi?»,
«Stesso continente se vedi l'Eurasia.»,
«No. Non la vedo.»
Schernii il suo tentativo goffo di rassicurarmi, usai un tono che gli fece intendere che non ero in vena di scherzi o battute.
«I portali a noi concessi quest'oggi sono adatti per mantenersi in collegamento in modo stabile, non credi?»,
«È difficile gestire i miei sentimenti con te affianco, ne ho il terrore, potrei morire di crepacuore se tu non mi facessi, da un lato, stare così bene. Se ci aggiungessi la separazione, peggiorerei. Non sono capace di sopportare tutto quello.»,
«Non lo sei perché non vuoi.»
Il tono freddo e severo di San fu come una lama a doppio taglio: onesta ma cattiva.
«Vero. E non credo che neppure tu dovresti sforzarmi.»
«Stai rompendo come me quindi?»,
«Non siamo mai stati assieme San.»,
«Perché tu non lo volevi.»,
«Perché tu non eri sicuro della partenza e non voglio basare una relazione che potrebbe essere importante per me, su una possibilità, uno schermo di un computer.»
Era quello lo stono che si mostrava fra di noi, la nostra diversità di affrontare i sentimenti e le situazioni, lui non capiva a pieno il mio disagio, il mio bisogno di fisicità anche se sarebbe parso strano.
«Non vuoi?»,
«Non voglio finché saremo separati.».
Lo sguardo di San cadde sulle nostre mani, dondolando il capo su e giù con un bambino, probabilmente bisognoso di piangere. Non volevo risultare cattivo o crudele ma era meglio se la questione rimaneva chiara ad entrambi, per molto tempo.
«Fra cinque anni prometto di tornare e di farti innamorare di nuovo di me»,
«È una promessa rischiosa.»,
«Per te è il minimo, anche tu lo faresti, no?»
Non risposi, avrei mentito se avessi risposto con un "No". Il mio animo era troppo delicato per andarlo a tormentare con altre storie d'amore con sconosciuti. No, mi sarei legato a quella avventura per molto tempo, tenendo vivo San e il suo ricordo nelle mie memorie personali, volendolo riavere indietro assieme ai suoi baci e attenzioni.
Lo avrei aspettato per decenni se fosse stato necessario e lui lo sapeva.
«Avevo iniziato questo viaggio con la voglia di aiutarti a trovare qualcosa di confortevole nella società, nel mondo moderno, sai? Ma alla fine mi sono accorte che te sai già trovare i posti adeguati, le situazioni adeguate a te, più che bene. Il problema è che non te ne sai staccare.»
«E per te cosa è stato invece?»
Lo sorpresi interrompendo quel discorso smielato che stava cominciando a proclamare, con probabilmente l'intento di addolcirmi un ultimo volta.
«Per me?»
«Si.»
Feci un respiro profondo, storcendo le labbra prima di alzare le spalle, i suoi occhi divennero più fini, dandogli quell'aria da pensatore profondo qual era.
«Beh, stare con te, mi sembra ovvio.»
Il mio sguardo si assottigliò, mentre iniziai a giudicarlo nella mia mente, chiudendo le pagine del mio libro per un istante.
«Dalla notizia, forse, l'ho usato per godermi un po' l'ultima libertà...»
Borbottò dopo aver distolto lo sguardo innocente dal mio, cedendo sotto i miei occhi pieni di giudizio. La prima cosa che avevo conosciuto di San, potevo chiaramente affermare, che fossero stati i suoi pensieri, la struttura e la procedura che usava per crearli. Lui conosceva me, come io lui e forse era un enorme punto a favore di entrambi, sapevo perfettamente le paranoie e le ansie del ragazzo, per questo, da lui, non mi sarei mai aspettato un abbandono così improvviso.
«Sei arrabbiato?»,
La sua voce mi fece notare la mia espressione corrucciate che adornava il mio viso, mi rilassai qualche istante, negando con il capo.
«Dovrei esserlo? »
«Ti sto lasciando.»
«Fisicamente. Non avevi detto che ero il tuo filo rosso?»
Alzai il mignolo fra i nostri due visi, sorridendo dolcemente al mio innamorato, mi guardava ancora con quegli occhi persi, dispiaciuti, leggermente corrucciati a causa delle sopracciglia.
«Si», rispose semplicemente avvinghiando il suo mignolo al mio, trascinandolo poi sulle nostre gambe e sporgendosi per lasciarmi un bacio.

Erano ormai le 17 quando la fermata di Seoul centrale venne avvisata, ci era rimasta un'ultima mezz'ora scarsa. San non si era neppure addormentato, come era solito fare, anzi, era rimasto tutto il tempo a chiacchierare con me, a leggere alcune pagine del mio libro incuriosito anch'esso dalla trama, pur non avendola seguita dall'inizio. Le nostre mani erano inseparabili, e ben presto lo furono anche le nostre labbra, totalmente perse a rincorrersi in quei ultimi baci nascosti che ci stavamo concedendo.
Nessuna parola lasciò le nostre labbra, nessuno dei due aveva realizzato concretamente cosa stesse per avvenire, eravamo come bambini innocenti all'ultimo giorno di estate, che salutano un bambino appena conosciuto in spiaggia, considerandolo amico e sapendo di certo che lo avrebbero rivisto il giorno seguente, anche se così non era programmato, non più per voi due.
«Conosci la legge di Murphy?»
Domandò all'improvviso San, interrompendo le nostre smancerie. Mi allontanai dal suo viso qualche istante, pensando via su, ma il moro non attese risposte da parte mia.
«La legge di Murphy dichiara che tutto ciò che può accadere, accadrà. Siamo di romantici pessimisti, abituati a fini tragiche e probabilmente poco reali, ma per te voglio pensarla diversamente. Ora, la mia vita non si concluderà appena tu scenderai dal treno, ma la storia si. Questa nostra, intima storia d'amore la puoi pensare come ad un libro, senza una fine tragica, No, quella possiamo deciderla noi. La tua fermata può essere il punto definitivo, oppure solo un capitolo. Il prossimo capitolo si aprirà direttamente fra cinque anni, con la nostra riconciliazione. Ti piace l'idea?»
«Tutto ciò che può accadere, accadrà...»
Ripetei con lo sguardo sulle nostre mani, strette l'un all'altra per gli ultimi istanti, mentre sul treno iniziava a rallentare appena fuori la stazione.
I miei occhi incrociarono quelli di San trattenendo a stento le lacrime.
«Mi piace il positivo.»
Mormorai soffiando una risata, nella quale mi seguì anche San, con i suoi occhi sottili e lucidi, il loro taglio netto ed elegante non mi avrebbero mai abbandonato il cuore e la mente.
«Vorrei dirti tante altre cose, vivere tanti altri momenti con te, ma le parole, ironicamente, per noi sono inutili.»
Le parole di San mi baciarono il cuore, all'unisono con le sue labbra sulla mia fronte.
«Li vivremo, con il nostro tempo ed equilibrio.»
Sentì le labbra di San aprirsi in un sorriso sulla mia fronte ed annuire con il viso, probabilmente si stava trattenendo dal non piangere.
«Come il tempio?» domandò con voce vibrante.
«Come i libri», corressi io sentendo le prime lacrime scorrermi lungo il viso.
Quella sera il vagone non era deserto, non era illuminato dalla luce pesca del tramonto, né tanto meno c'era la ragazza con la coda sciolta. In quell'istante eravamo solamente io e quello sconosciuto del treno, seduti vicini a prometterci un incontro ancora, nel temibile futuro.

«Ricordo il giorno e l'ora in cui il mio sguardo si posò per la prima volta sul ragazzo che doveva diventare la fonte della mia più grande felicità e della mia più totale disperazione.»

Mormorai la citazione che San proclamò quel giorno sul treno, per attirare la mia attenzione in modo innocente e plateale.
«Mai frase più giusta fu pronunciata.»
Mormorò quasi ridendo, scendendo con le labbra sul mio viso, baciandole ancora una volta, con disperazione e amore.
La mia corsa era ormai giunta al termine, appena San trovò la forza di staccare le nostre mani e le nostre labbra, io, ingenuamente, ripercorsi i gesti del nostro primo incontro: Quella volta estrassi prima "L'amico ritrovato" dalla borsa, dalle tasche presi uno scontrino ed una penna che tenevo sempre con me, scrissi rapidamente su di esso prima di inserirlo nel libro e lasciarlo al ragazzo, in modo che comprendesse i miei pensieri.
Era già la mia fermata.
I suoi occhi si illuminarono appena posai sulle sue mani pallide il libricino stropicciato.
«Portatelo dietro sempre, appena ci rivedremo me lo ridarai»
Dissi semplicemente, senza mezzi termini, nomi o saluti. Semplicemente dissi addio a quella parte di me, affidai quel giorno al ragazzo il libro, come per i mesi precedenti feci con la mia vita. Le nostre mani si sfiorarono un'ultima volta, le nostre labbra si sorrisero e i nostri occhi si rincorsero in silenzio per gli ultimi istanti di aria condivisa. Scesi alla mia fermata tranquillamente, camminando quasi velocemente.
Gli avevo affidato una promessa quel giorno: la promessa di tornare a cercarmi.






Spazio Autrice:

Non credo ci sia molto da dire, l'addio finale, con cui vi ho tanto tormentato, è giunto. L'ultima parte è scritta molto simile all'ultima parte del primo capitolo, mi appariva molto da "circolo vizioso".
Ovviamente posso ipotizzare che abbiate, probabilmente, già intuito il vero finale di questa storia.

Aspetto con ansia i vostri commenti, sperando in pochi ‼️ e tante ⭐
Grazie di star leggendo 🤍

Egeo WoosanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora