4 - Ricordi

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∞HAMADA∞

Qual è il vostro primo ricordo?

Quello che scavando in profondità nella vostra mente riuscite ad assaporare, a rivivere. Non è un esercizio facile. La maggior parte di voi avrà ricordi sbiaditi, frammenti di vita, ricordi vaghi di un qualcuno o di un qualcosa. Ricostruiti e messi insieme solo con l'aiuto della fantasia. L'immaginazione: è questa che dà ordine al Mondo, che vi permette di mettere insieme i pezzi in modo che questo non vi risulti spaventoso, privo di senso.

Io, invece, ero diversa da chiunque avessi mai incontrato, diversa anche da quelli che si definivano della mia razza: gli Indaco, ci chiamavano così. Onestamente vedevo quel sostantivo solo come un altro modo degli uomini di classificarci, di collocarci all'interno del loro mondo, trovando un senso a qualcosa che non potevano comprendere. Quindi anche io da ora in poi mi limiterò con voi ad usare questa espressione: "Indaco", così che possiate, per quel che possibile, comprendere l'ineffabile.

Stavamo parlando di ricordi: Il mio primo ricordo risale, e so che farete fatica ad accettarlo, mentre mi trovavo nel ventre di mia madre, poche settimane prima di nascere. Se davvero esiste il paradiso, quello fuor di ogni ragionevole dubbio si trova lì. Nessuna preoccupazione, un torpore che ti inebria. Sei solo ma allo stesso tempo non lo sei. Potevo sentire i suoi pensieri, le sue gioie e le sue paure. Eravamo collegate. Delle volte riuscivo, attraverso i suoi occhi, a vedere cosa c'era al di fuori. Ciò che vidi non mi piacque: solo ghiaccio, solo neve, desolazione ovunque. Se avessi potuto sarei rimasta lì per sempre. Sapevo, però, che quel momento sarebbe arrivato, il momento di lasciare il mio Eden e di scendere in quel purgatorio che voi chiamavate Terra.

Nacqui e suscitai subito scalpore.

Avevo degli occhi di un color blu mai visto. Erano quelli che mi rendevano così speciale, speciale come vi dicevo anche tra gli altri Indaco. Per un Indaco gli "occhi" si manifestavano sempre intorno i dieci, dodici anni di vita. Io invece ero la prima ed unica persona al Mondo, ad oggi conosciuta, "nata Indaco". Venuta al mondo con questo dono, o questa maledizione.

Poco dopo la mia nascita venni strappata dalle braccia di mia madre, sapevo che mi stava cercando, ma non potei impedirlo, non allora. Gli Indaco riescono a percepirsi tra di loro, ad entrare in comunicazione con l'altro. I più esperti possono interrompere il collegamento, possono isolarsi, ma è una cosa che si affina con il tempo e non tutti sono in grado.

Quella sera ero parecchio irrequieta, con mia madre che provava in tutti i modi a calmarmi senza successo.

Poi arrivò.

Isaac, fece irruzione in casa nostra. Aveva i miei stessi occhi. Blu come l'oceano. Splendenti come due enormi zaffiri. Il suo sguardo era glaciale, incuteva timore ad ogni creatura vivente, sembrava che nulla potesse fargli del male. Con passo deciso ed inesorabile si avvicinò a mia madre mentre mi stringeva tra le braccia. Era incredulo, quando il suo sguardo incrociò il mio rimase esterrefatto. Non si aspettava di trovare una come me, una neonata Indaco. Mi guardò intensamente, poi le sue parole riecheggiarono nella mia mente, mi stava parlando telepaticamente: «Incredibile, sei davvero incredibile». Imparai in seguito che gli Indaco tra di loro non utilizzano la voce, ma il pensiero, è così che comunichiamo.

Mentre il suo sguardo si faceva sempre più insistente e bramoso verso di me, mia madre mi strinse più forte a sé, il suo istinto le diceva di proteggermi. Isaac intanto continuava a fissarmi, si chinò verso di me, eravamo a pochi centimetri, i nostri sguardi si incrociano di nuovo. Quasi a specchiarsi l'uno con l'altro. Si sollevò, batté due volte le mani e un gruppo di quattro uomini entrò in casa. Uno di loro mi strappò dalle braccia di mia madre mentre gli altri la tenevano.

Mia madre emise un urlo straziante, ancora riesco a sentirlo se lo rievoco alla mia mente. Tentò, tentò in tutti i modi di salvarmi dai miei rapitori, ma non poté nulla. Piangevo, piangevo ininterrottamente, non avevo ben chiaro cosa stesse succedendo, del perché quegli uomini mi stavano portando via dalla mia casa, del perché tutto questo.

Mi avvolsero in una spessa coperta e mi portarono fuori. Ero al freddo tra le braccia di Isaac, il mio rapitore. «Non temere, mio gioiello, da oggi sarai la mia prediletta. Sarai quella che un giorno mi aiuterà a regnare incontrastato su questo mondo».

Non rividi mai più mia madre, la persona che mi diede la vita. Sinceramente non la cercai nemmeno. Passarono gli anni e crebbi al fianco di Isaac ed altri ragazzi che chiamai fratelli, Indaco come me, o quasi. Isaac ci fece da mentore, ci aiutò a controllare i nostri doni, ci indirizzò verso il suo credo: Portare la luce. Da troppo tempo il Mondo non aveva più una guida, era la guerra di tutti contro tutti. Villaggi, tribù, piccoli insediamenti si combattevano tra loro. Isaac, puntava ad essere il sovrano assoluto di tutte le terre, di governare su tutti gli uomini, gli inferiori, così li chiamava. Si considerava, forse a ragione, un Dio.

Ma per farlo aveva bisogno di altri come noi, di altri Indaco. Col tempo divenni molto brava nel trovarli, tant'è che presto sostituii Isaac in questo compito. Mentre lui e tutti gli altri riuscivano ad avere una percezione approssimativa nelle ricerche, le mie erano molto più precise, molto più accurate e soprattutto infallibili. Le balie a cui venni affidata mi chiamarono Hamada, ma successivamente mio padre, Isaac, mi ribattezzò Visione per via della mia grande abilità.

Ero il suo prodigio, la sua prediletta, nonostante i miei sedici anni, ero tra gli Indaco più potenti. Molti tra i miei fratelli bramavano la mia posizione, il mio talento. Ma non potevano avvicinarsi a me, infondo, dopotutto io così ci ero nata.

Isaac fondò la sua città: Luxor, nella parte sud del continente. Qui dopo anni di gelo, il clima stava lentamente cambiando. La neve stava iniziando a sciogliersi. Rovine di un'antica civiltà vennero alla luce, conservate dal decadimento provocato del tempo. Queste ci aiutarono a capire molte cose sul nostro passato. La città crebbe ed ora era tempo di spingersi più a nord, di portare il verbo di Isaac. Era l'alba di un nuovo Mondo.

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