11 - Spada

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"D'ogni albero del giardino puoi mangiare a sazietà. Ma in quanto all'albero della conoscenza del bene e del male non ne devi mangiare, poiché nel giorno in cui ne mangerai positivamente morrai".

Genesi 2:16, 17

- KOROVIN -

La decisione di mio padre di mandarmi insieme a Sauer non mi rese per nulla felice. Al contrario, ne fui estremamente irritato. La strada sarebbe stata tanta. Un mese di cammino, un mese con Sauer. Al solo pensiero mi veniva il voltastomaco. Avevo sempre trovato estremamente irritante la sua presenza. Non mi era mai piaciuto, questo fin dai tempi dell'addestramento.

Con il passare degli anni divenne sempre più spietato. Sauer al pari di mio padre a malapena tollerava gli umani. Per loro quest'ultimi avrebbero dovuto solo temerci e prostrarsi ai nostri piedi. Gli Indaco: il nuovo gradino dell'evoluzione umana, coloro che avrebbero dominato per volontà divina il Mondo.

Ero un orfano. I miei genitori vennero brutalmente assassinati da dei banditi. La stessa sorte sarebbe toccata anche me, qualcosa di inaspettato accadde. Fu durante quella notte che risvegliai i miei poteri. Fu come nascere una seconda volta. Il mondo che potevo osservare con i miei nuovi occhi era profondamente diverso. Tutto ciò che era celato alla vista di un comune mortale, ora mi appariva chiaro e nitido. Ottenni un altro livello di conoscenza.

Dovevo tutta la mia vita ad Isaac. Fu lui a trovarmi. Solo, stremato dalla fame e dal freddo mi diede una ragione di vita. Fui il primo dei suoi Indaco e crescendo divenni il suo araldo, il suo braccio destro. Divenni la sua spada.

Sword.

Ero sempre stato solo questo per lui, non mi dimostrò mai affetto, quello che si suol dire "paterno", non che mi servisse. L'unico modo che avevo per ripagarlo era aiutarlo a compiere la sua missione. Ma l'avrei fatto a modo mio. Io e lui eravamo profondamente diversi. Se era vero che mio padre considerava gli uomini inferiori io divenni molto empatico verso di loro. È vero, sanno essere crudeli, ripugnanti e meschini. Leggere i loro pensieri, tutti i loro pensieri era un'esperienza tutt'altro che gratificante. Ma nutrivo ancora speranza. Per come la vedevo io questa gente poteva ancora essere salvata. Li avremmo resi migliori. Saremmo stati una guida, un faro nell'oscurità. Noi altri Indaco, i migliori tra tutti gli uomini.

Sarei stato il loro tribunale. Avrei deciso chi fosse degno di vita o di morte. Assassini, stupratori, mostri di ogni sorta. I miei occhi li avrebbero giudicati, la mia mano giustiziati.

***
«Dovremmo esserci oramai, riposiamoci ora. Domani sarà nostro» annunciò Sauer eccitato.

«Si. Adesso, a questa distanza, riesco a percepirlo. Avverto la sua presenza. Tu?» chiesi.

«A malapena, ma che cos'è? Non è uno di noi...» rispose mio fratello.

«Non lo so. Ma è davvero incredibile come Hamada abbia potuto accorgersi di lui a kilometri e kilometri di distanza».

«Già... quella a volte mi spaventa fratello. Per come la vedo io dovremmo occuparcene, prima che diventi un problema troppo grande. Sai cosa intendo».

Scrutai Sauer con aria severa: «Hamada è fedele ad Isaac, non è una minaccia: né ora, né mai. Piuttosto, vedi di non uccidere innocenti domani, il nostro obiettivo è uno solo».

«Uh che noia. Ancora con questa storia degli innocenti e dei colpevoli. Nessuno è innocente a questo mondo Korovin, dovresti tenerlo bene a mente. Quella specie di villaggio è un posto inutile e squallido. Avrei dovuto distruggerlo tempo fa ed è quello che domani farò. Tutta via, se vuoi, salva pure i tuoi stupidi umani. Non mi importa!» Sauer si sistemò il giaciglio per la notte e si distese dandomi la schiena.

Discutere ulteriormente di quell'argomento con lui sarebbe stata fatica sprecata. Odiavo l'essere in sua compagnia sempre di più. Decisi di dormire anche io. Domani era il grande giorno.

***
Giunti finalmente dinnanzi al nostro obiettivo, osservavamo quel ragazzo, Walther, incredulo di fronte a noi. Si chiedeva se fossimo reali o frutto della sua immaginazione, dei suoi incubi. Non riuscivo ancora a capire che cosa avesse quell'uomo di così diverso dagli altri. Non era un Indaco, né un comune umano. Allora cosa? Esistevano altre creature "sovrannaturali" oltre a noi?

Sentii la presenza di un altro uomo che si avvicinava con passi svelti. I suoi pensieri indicavano rabbia e frustrazione. Verso di me e mio fratello ma soprattutto verso quel Walther.

«Non la passerete liscia voi tre» ci disse mentre impugnava un ascia.

«Sfregiato, ti concedo 10 secondi per alzare i tacchi. Consideralo un atto di carità» gli disse Sauer con un ghigno malefico.

Avvertivo terrore e angoscia nella mente di quel ragazzo. Si stava domandando del perché avevamo distrutto la sua comunità. Del perché avevamo ucciso i suoi amici e compagni.

«Chiunque sia morto qui, oggi, meritava tale sorte. Ho scrutato le loro anime e sono stati giudicati colpevoli» dissi.

Il ragazzo non capiva. Mi osservava a bocca aperta stringendo ancora quell'inutile arma. Sudava freddo, avvertivo tutto il suo disagio. Si fece coraggio: «Cosa, vuoi dire? Sono tutti morti. Fuori è un cumulo di macerie. Dentro quelle case c'erano donne, anziani, bambini! E poi...» si fermò. I suoi pensieri corsero all'uomo che colpii con la sua stessa freccia.

«Ripeto. Quest'oggi è perito solamente chi meritava di perire. Guardati intorno ragazzo».

Sollevai con il pensiero tutte le macerie provocate da Sauer. Gli abitanti del posto da me giudicati degni, erano sani e salvi. Il mio scudo psichico li aveva protetti. Poi aggiunsi:

«Per quanto riguarda quell'uomo, Hal. Meritava di morire. Credimi, io l'ho visto. Ho visto il fetore della sua anima» annunciai con tono distaccato.

Colt, il ragazzo con la cicatrice sul volto si accasciò a terra lasciando scivolare la scure dalle mani: «Sono vivi!» gli occhi erano colmi di lacrime. «Sono vivi!» singhiozzò.

«Verrete tutti con noi, vi porteremo a Luxor e farete la vostra parte. Non avete più motivo di rimanere qui. Dovrete solo giurarci fedeltà. Giurare fedeltà ad Isaac».

Sauer nel frattempo sembrava molto divertito
«Lo sapevo. Sapevo che li avresti protetti. Sei sempre il solito sentimentale».

«Chi ti credi di essere?» era la voce di Walther che mi urlava contro.
Ci voltammo verso di lui con un certo stupore.

«Chi vi dà il diritto di decidere chi deve vivere? Assassini! Vi credete tanto superiori, ma siete solo questo!» fece un balzo in avanti, prese l'ascia ai piedi di Colt ancora in ginocchio e puntò contro Sauer. Era veloce, ci colse per un momento di sorpresa.

Mio fratello lo fermò e lo respinse con tutta la forza che possedeva contro le sbarre della cella. Walther batté violentemente la testa. Cominciò a sanguinare copiosamente. Non percepivo più alcun pensiero provenire da lui.
La nostra missione era fallita. Il ragazzo era morto.
...

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