15 - Furia

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~ WALTHER ~

Sentii chiaramente il mio cuore riprendere a battere.
Batteva, batteva all'impazzata.

Tum, tum.
...
TUM...

Fu come nascere di nuovo. Come venire al mondo per una seconda volta. In effetti, in un certo senso fu esattamente così. Il mio corpo senza vita aveva ripreso a muoversi. Ero diverso. Più veloce, più agile, mi sentivo bene, mi sentivo forte. Non mi ero mai sentito così prima d'ora. Il potere, il vero potere. Ecco cos'era. Avvertivo in me sensazioni nuove, istinti che prima erano nascosti stavano venendo alla luce. La rabbia stava facendo posto alla calma; la crudeltà alla misericordia. Ogni freno, ogni freno inibitore che mi rendeva umano era sparito, dissolto.

La cosa però che più mi spaventava, che più mi lasciava interdetto. Era che quella sensazione mi piaceva. Molto di più di semplice piacere, ero estasiato.

Vidi il braccio di quell'Indaco staccarsi come se fosse fatto di burro, poi lo trapassai mirando al cuore. Il mio arto sinistro si fece strada tre le sue carni. Tutto quel sangue mi eccitò. Ne volevo ancora. Pensavo che dopotutto gli Indaco, così tanto temuti erano pur sempre degli essere umani. Io, anzi noi eravamo qualcosa di diverso. Qualcosa di più.

Fissai senza alcun timore gli occhi splendenti dell'Indaco rimasto. Se davvero questi esseri potevano leggere nelle menti, speravo. Speravo con tutto me stesso che lo stesse facendo.

«Ti ucciderò» questo stavo pensando, questo volevo che sentisse.

L'Indaco non capì cosa stesse accadendo. Poteva leggere pure nei miei pensieri ma io ero comunque troppo veloce per lui, troppo rapido.

Tentò di bloccarmi, una strana forza simile ad una barriera invisibile mi fermò, ma la mia forza di volontà in quel momento era superiore a qualunque cosa. Superiore anche ai suoi poteri mentali. Riuscii ad affondare le mie unghie sulle sue carni e lo ferii. Sentivo che potevo farlo a pezzi.

Improvvisamente mi fermai. Cominciai ad esitare. Era come se io fossi un passeggero e mi stessi facendo guidare da qualcuno, o meglio da qualcosa, Garmr.

-- Cosa stai facendo ragazzo? Finiscilo.

-- Io, io. No, non posso. Non voglio!

-- Non essere sciocco. Nessuna pietà, uccidilo!!!

-- Non prenderai le decisioni al mio posto. Avevamo detto che sarei stato io a mantenere il controllo.

-- Non sono mai venuto meno alla promessa.

-- E allora, l'altro tizio morto dietro di noi?

-- Sei stato tu. Io ti ho fatto solo assaporare cosa significa avere il potere, il vero potere. Tutta quella rabbia, quella crudeltà era già radicata dentro di te. Io non ho fatto altro che farla venir fuori. Non ho fatto altro che dare libero sfogo alle tue pulsioni, ai tuoi istinti. Povero ingenuo, quell'istinto animalesco è insito in tutti voi umani. A volte lo dimenticate, ma questo siete: animali. Io ho solo scosso quello che già era li.

Il ragazzo Indaco continuava a fissarmi con la bocca spalancata. Si rialzò e avvertii una strana sensazione, era come se stessi affogando. Sentii il fiato mancarmi. Stava facendo qualcosa: con i suoi stupidi giochetti mentali stava ostruendo le mie vie respiratorie. Se solo non avessi esitato.

Si rialzò, tese la mano verso di me. Stavo svenendo, non respiravo più.

«Interessante, molto interessante» aveva ripreso il controllo della situazione, la sua voce era calma e posata. Ripresi lentamente ad usare i polmoni, ma una strana forza continuava a trattenermi ancorato al suolo. Non riuscivo a muovermi. La pressione si fece più forte e finii schiacciato sul pavimento.

«Garmr eh?» disse mentre mi osservava con interesse «Quindi sei nel corpo di questo ragazzo, anzi oramai siete un tutt'uno. Isaac ha detto di portarti vivo, ma vista la tua condizione non credo che tu possa servire in alcun modo alla nostra causa. Gli animali rabbiosi vanno solamente abbattuti»

Sentivo la pressione aumentare. Era come se avessi addosso un'intera montagna. La colonna vertebrale stava andando in mille pezzi.

-- Ehi, non mi dirai che hai intenzione di arrenderti?

-- Cosa posso fare? Mi sta riducendo a una poltiglia.

-- Lascia fare a me. Non preoccuparti.

Ci sollevammo da terra scagliandoci contro di lui usando tutta la potenza degli arti inferiori. Eravamo veloci, quasi supersonici. Puntammo agli occhi, quegli occhi blu di cui tanto si vantavano, quelli che li rendevano così speciali. Sarebbero stati nostri. L'Indaco provò ad evitarci ma eravamo troppo rapidi per lui. Lo colpimmo, dritto all'occhio destro. Un urlo di dolore gli fuoriuscì.

Il ragazzo Indaco cadde a terra e con la mano opposta si teneva l'occhio. Era spaventato. Lo percepivo dal suo unico occhio buono.

- Finiamolo ora Walther!

Rimasi immobile davanti a fissarlo. Ero pronto a finirlo. Improvvisamente mi destai, la mia attenzione si concentrò su uno degli altri presenti alla scena: Colt. Ci stava osservando incredulo e terrorizzato. Vedere la sua figura mi tranquillizzò.
Lasciai perdere quell'Indaco e mi diressi verso di lui, verso colui che mi aveva tenuto prigioniero per un mese, ma che in fondo aveva sempre avuto atteggiamenti gentili verso di me.

«Stai lontano da me, mostro!» mi urlò con voce strozzata.

Non dissi nulla. Lo sollevai, me lo misi sulle spalle e corsi. Corsi il più lontano possibile e velocemente possibile. Lontano da quella prigione, lontano da Zambon, oramai ridotta in macerie. Lasciando l'Indaco lì, solo e agonizzante.

Perché lo feci? Non ne so bene il motivo. Forse, dopotutto, non ero diventato in tutto e per tutto un vero mostro.

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