∞HAMADA∞
«Signorina Hamada».
...
«Signorina Hamada» la voce nella mia testa si fece più insistente, ma la ignorai di nuovo.
Lin dovette ripetere il mio nome più volte prima che le prestassi attenzione.
«Si, Lin» le comunicai con aria pensierosa.
«Qualcosa non va?» chiese Lin mentre provava con scarsi risultati a leggere nella mia mente.
Lin era la mia apprendista, la mia prima apprendista. L'avevamo trovata un anno fa in un piccolo villaggio ad ovest. Era una bambina di undici anni molto intelligente e curiosa, è per questo che Isaac l'aveva affidata a me. Nutriva grandi aspettative su di lei.
«Lin, te l'avrò ripetuto un miliardo di volte, non cercare di intrufolarti nella mia testa» la rimbrottai con tono severo.
Al mio rimprovero Lin abbassò lo sguardo con aria mortificata «Perdonami» mi disse e si mise seduta di fianco a me.
La fissai per qualche secondo e una smorfia che somigliava molto ad un sorriso sfociò dal mio volto. Ultimamente ero assente dai compiti che mi avevano affidato. Qualcosa mi turbava e questo non capitava tutti i giorni. Da sempre ero abituata ad avere una visione totale delle cose che mi circondavano, niente poteva sfuggire a questi occhi, ai miei occhi. Quella volta no, non capivo, non capivo con cosa avessi a che fare.
Cercai di non pensarci troppo e di concentrarmi su Lin. Isaac mi aveva dato una bella responsabilità e non volevo deluderlo.
«Bene Lin, ora cerca di sollevare con il pensiero quella pietra laggiù» mentre le indicavo un enorme masso a pochi metri da noi.
«Cosa? Quello? Ma è impossibile! È troppo grande per me» ribatté Lin con tono sconsolato.
Non le risposi, mi limitai a fissarla. Lin fece un cenno con la testa, poi volse la sua attenzione verso la roccia e inizio a concentrarsi.
Rimasi ancora in silenzio e la osservai. Nulla, la pietra non si era mossa nemmeno di un centimetro. Forse questa volta avevo esagerato.
«Riprova» proferii con tono deciso.
Andammo avanti per circa mezzora ma Lin fece pochi progressi.
Ad un certo punto lo percepii arrivare. Non faceva mai nulla per celare la sua presenza. Era mio fratello maggiore Sauer. Proprio alle nostre spalle.
«Suvvia, Visione, quella mocciosa non potrà mai sollevare quell'enorme coso» mi fece notare Sauer mentre indicava l'enorme masso con cui si esercitava Lin.
Sempre puntando il dito verso la roccia, questa si sollevò da terra e rimase sospesa per aria a pochi centimetri. Sauer aveva un'espressione divertita. La roccia si alzò sempre di più fino a raggiungere una quota di qualche metro. La spostò in avanti portandola proprio sopra le nostre teste e la lasciò cadere. La roccia prese velocità, Lin chiuse gli occhi e si mise le mani sopra la testa per ripararsi. Io invece rimasi impassibile. Con un movimento della mano ne arrestai la corsa. Mi voltai verso di Sauer con sguardo di sfida. Poi feci cadere dolcemente l'enorme masso.
«A che gioco stai giocando?»
Sauer sogghignò «Oh ma per favore, sapevo che l'avresti fermato. In fondo sei o non sei Visione? La migliore di tutti noi. Sbaglio?» mi disse con tono sarcastico.
Se c'era qualcuno che in assoluto non meritava di essere un Indaco, questi era proprio Sauer. Arrogante, invidioso e con poco cervello. Nostro padre lo aveva relegato alle missioni di perlustrazione di nuove aree. Recentemente si era spinto nelle zone più nord. Si era fatto notare dagli umani per la sua violenza, ostentando in maniera sciocca i suoi poteri.
«Cosa vuoi allora, che ci fai qui?» gli chiesi.
«Mi manda nostro padre, mi ha detto di venire a controllare come precede l'addestramento della piccola. A quanto vedo, non molto bene» mi disse con il suo solito ghigno.
Continuai a fissarlo, poi come se nulla fosse mi voltai «Nostro padre, se vuole, sa dove trovarmi. Ma capisco che mandare il suo facchino sia più comodo»
Dal volto di Sauer si percepiva una vena di disappunto, le mie parole avevano colto nel segno.
«Ora se non ti dispiace, lasciaci» Lo intimai con tono fermo e deciso.
Sauer non disse nulla e se ne andò. Anche se era uno sbruffone non era un completo idiota, sapeva che era meglio non superare il limite con me.
«Il signor Sauer mi fa veramente paura» disse Lin prendendomi per mano.
«Non dovresti» proferii con tono distaccato.
La giornata volgeva al termine e l'addestramento di Lin per quel giorno poteva ritenersi concluso. Mi ritirai nella mia stanza. Isaac fece costruire una grossa torre, dove noi membri principali della famiglia vivevamo. La mia camera si trovava nei piani più alti, lo stesso dei miei sei fratelli. Sopra, nella torre principale, vi era la dimora di Isaac. Lin invece viveva, con altri cinque ragazzi della sua età, nei piani inferiori, in una sorta di dormitorio.
Dall'alto della torre si poteva ammirare la città, la nostra città, Luxor. La osservavo dalla finestra tutte le sere. La mia vista poteva spingersi ben oltre quella di un comune essere umano. Potevo percepire ogni cosa da quell'altezza. I miei occhi, i nostri occhi, gli occhi Indaco, avevano il completo controllo della città.
Chiusi la finestra e spensi la torcia che illuminava la mia camera. Ero finalmente sola.
Tolsi i vestiti che portavo da tutto il giorno e mi diedi una ripulita. Poi indossai la mia tenuta per la notte: una stola color avorio.Sedetti sul letto e mi concentrai sulla sua figura, erano giorni che lo avvertivo. La cosa strana era che non mi sembrava un Indaco, ma qualcos'altro. Un essere umano? Che le mie abilità siano diventate talmente potenti che ora potevo connettermi anche con i comuni umani? O era lui ad essere speciale? Ad essere diverso? Dovevo vederci chiaro. Recentemente stavo sviluppando nuovi poteri, poteri sconosciuti agli altri della mia specie. Era il momento opportuno per usarli, mi avrebbero aiutato a capire con chi o cosa avessi a che fare. Quella notte sarei entrata nel suo subconscio.
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Pianeta Indaco
FantasyUn mondo gelido e inospitale è la cornice di questo dark-fantasy. Una nuova specie di umani: gli Indaco, denominati così per via della loro peculiarità oculare, occhi blu splendenti come zaffiri, posseggono abilità paranormali. Gli uomini nonostante...