25 - Priorità

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KOROVIN

Erano trascorse oramai più di due settimane dall'ultimo incontro con mia sorella Hamada.

Ne avevo perso le traccie, era come se non volesse più farsi trovare. Non ero nelle migliori condizioni, faticavo a percorrere grosse distanze e i venti gelidi che soffiavano in quella regione non mi facilitarono il compito. Dovevo tornare a casa, a Luxor, il mio porto sicuro.

Abbandonai quel posto dimenticato da Dio, teatro della mia disfatta. Diedi una degna sepoltura a Sauer, mio fratello e feci perdere le mie tracce. Gli abitanti di Zambon se pur ridotti all'osso bramavano vendetta nei miei confronti, dovevo sparire.

Camminai, per giorni interi. Procurarsi il cibo stava diventando difficile, inoltre la menomazione all'occhio aveva reso i miei poteri affievoliti, per fare le stesse cose che facevo prima dovevo porre una maggiore concentrazione.

Mi sentivo come quando ero bambino, come quando Isaac mi trovò.

Il ghiaccio, la neve, il suolo fangoso stavano diventando ostacoli troppo grandi.
Mi rifugiai in una piccola grotta. Vi entrai e accesi in fuoco, cercando di scaldarmi il più velocemente possibile.

Da lì a poco avrei fatto la conoscenza del "proprietario" della grotta, un orso bruno stava rientrando. Quando mi vide mi scrutò incerto. Poi si sollevò su due zampe e ruggì. Era visibilmente arrabbiato. Se fosse riuscito a colpirmi sarei morto sul colpo, in una situazione normale non sarebbe stato un grosso problema, adesso però era tutto diverso.

Mi alzai delicatamente cercando di non innervosirlo ulteriormente.

L'orso emise un ulteriore ruggito, i denti affilati e gialli, il fiato che era quasi palpabile tanto il freddo. Mi caricò.
Con ogni grammo residuo che avevo in corpo provai a fermarlo con la telecinesi, volevo interrompere le vie respiratorie. Non riuscii, maledetto occhio, maledetto Walther. L'orso stava per farmi a pezzi, che fine miserabile mi sarebbe spettata.

L'orso sfoderò gli artigli, grossi come lame, poi, improvvisamente una grossa stalattite gli cadde addosso ad una velocità sovrannaturale. Gli trafisse il cranio e cadde a terra. No, non poteva essere un semplice colpo di fortuna. Capii immediatamente che c' era qualcos'altro dietro.

Mi sollevai a fatica appoggiandomi al muro. Lo vidi, era uno delle ultime persone che avrei mai immaginato di incontrare.

«Whitney, tu qui?» chiesi con un certo stupore.

«Ti ho trovato fratello. Ma cosa ti è successo? Korovin, il tuo occhio...».

Mi coprii con la mano la vergogna, cercando in qualche modo di nasconderla al mondo.
«Non è nulla» dissi stizzito.

«Nulla? Stai scherzando spero, chi ti ha fatto questo? Non dirmi che è stato...» Whitney non finì la frase, non lo lasciai finire

«Ti ho detto che non è nulla!!» sempre più rabbioso.

«D'accordo, d'accordo non ti arrabbiare, piuttosto dobbiamo parlare di nostra sorella Hamada»

Temevo il peggio, temevo che le fosse successo qualcosa.
«Che intendi dire? Parla Whitney».

«Ci ha traditi, è scappata con quel... quell'essere non so come definirlo esattamente. Lo stesso che ti ha procurato quella ferita. A proposito, Sauer, le voci sono vere?».

Mi limitai ad un semplice cenno della testa, in segno di approvazione. Hamada, che diavolo stavi facendo? Dovevo trovarla, dovevo ottenere delle risposte. Non mi sarei fermato, a costo della mia stessa vita.

«Io vado a cercarla Whitney, non posso tornare a Luxor a questo punto, non adesso».

«Ma Korovin, ragiona, se non fossi intervenuto saresti stato sopraffatto persino da un orso. La soluzione migliore è tornare a casa, a Luxor e studiare un piano assieme ad Isaac, lui saprà cosa fare».

«È per l'arroganza di nostro padre se ci troviamo in questa situazione, basta io ho chiuso!» tuonai colmo di rabbia.

«Oltre che l'occhio a quanto vedo hai perso anche la ragione. Ti dovrò costringere a questo punto a seguirmi, mi dispiace. Sauer, Hamada, non possiamo perdere anche te. Ne va della nostra sopravvivenza».

«Dovrai uccidermi per impedirmi di fare ciò che voglio» risposi con sfida mentre mi sollevavo di nuovo in piedi. Pronto a combattere.

Whitney sospirò, sapeva benissimo che ora come ora non avrei avuto la benché minima possibilità contro di lui. Non mi stava prendendo sul serio e la cosa poteva andare a mio vantaggio.

«Fratello, sarò il più delicato possibile» e si mise in posa.

«Credi davvero di essere al mio livello? Non farmi ridere» ribattei bluffando una tranquillità ingiustificata.

Whitney iniziò ad usare i suoi poteri psichici agendo sull'ambiente circostante facendomi franare addosso dei massi. Riuscii ad evitarli, ribattendo i sassi contro Whitney, ma questi li frantumò con la sola forza del pensiero.

La peculiarità di noi Indaco era senza dubbio quella di poter fare tutto, o quasi, la nostra mente immaginava. C'erano poche eccezioni. Whitney era specializzato nell'usare a suo vantaggio l'ambiente che lo circondava, ogni cosa in una stanza o in un luogo come la caverna in cui ci trovavamo poteva essere utilizzato come un arma. Dovevo prestare attenzione. Qualsiasi direzione, qualsiasi momento poteva essere quello giusto. Farmi crollare qualche sassolino addosso era solo la prima mossa.

«Korovin, o vieni con me oppure, ti seppellirò vivo. Sono stanco di fare da babysitter. Sii collaborativo».

«Sta zitto» lo intimai.

Dovevo fare qualcosa, la situazione era veramente tragica, non vedevo la minima via di fuga. Dovevo distrarlo, guadagnare tempo. Ma come?

Tesi la mano aperta in avanti, non avrei voluto ma era l'unica soluzione che avevo trovato. Mi ero focalizzato sulle gambe di mio fratello. Mi concentrai, chiusi il pugno e con il briciolo di forza interiore che mi restava recisi i legamenti degli arti inferiori di Whitney.
Mio fratello senza nemmeno rendersene conto cadde al suolo, le gambe non gli reggevano più.

Non persi tempo e corsi via.

«Sei sleale!! Torna qui!!» mi urlò mentre ancora disteso mi osservava fuggire.

Perdonami fratello, ma al momento abbiamo diverse priorità.

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