7 - Abisso

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HAMADA

Uscii bruscamente dal mio stato di trance.

Un brivido mi passò lungo la schiena. Quella strana sensazione mi avrebbe tenuto compagnia per tutta la giornata. La mia incursione nel subconscio di quel ragazzo mi aveva profondamente destabilizzato.
Appresi varie cose su di lui: il suo nome; i suoi desideri; le sue debolezze; le sue paure.
Tutto lasciava intendere che fosse un comune essere umano, tutto lasciava intendere che non avesse niente di così speciale.
Ma c'era dell'altro, lo intuivo, lo sapevo!
I miei occhi, i miei maestosi occhi che tutto potevano vedere non riuscivano ad andare oltre quello strato superficiale ed apparente. Un velo, un velo che annebbiava il mio sguardo ricopriva la sua mente. Cosa mi stavi nascondendo? Chi sei?
Dovevo sapere, anche se negavo di esserlo, dopotutto conservavo dei tratti tipicamente umani e gli esseri umani si sa sono per loro natura curiosi.
La sua mente era il mio canto delle Sirene. Mi stavano richiamando a sé. Mi stavano spingendo a sollevare, a squarciare quel velo. Vedere ciò che i miei occhi non potevano, era in quell'istante tutto ciò che desideravo di più al mondo. Ed era bellissimo. Bellissima sensazione di scoperta, di ignoto, per me abituata da sempre a sapere ogni cosa, qualsiasi cosa. Per me, che avevo ricordi nitidi di ogni singolo istante della mia esistenza.
Ma le sirene inducendoci in tentazione, se non si è debitamente cauti, possono rivelarsi fatali. Guardare nell'abisso può farci perdere la strada maestra, può inghiottirci in esso e non permetterci più di risalire.

Non mi importava. Quel richiamo era troppo seducente.

Pensai che un contatto diretto: toccarlo, mi avrebbe svelato cosa celasse. Posi così la mia mano sulla sua fronte e per una frazione di secondo lo vidi:

Qualcosa di tremendamente oscuro, nero come la notte più buia si annidava in lui, in profondità, lì nella sua mente. Qualcosa che non potevo comprendere nemmeno io. Immenso. Smisurato. Antico.

Qualunque cosa fosse, credo che il ragazzo non sappia. Era talmente ben nascosto, talmente radicato in profondità che ero sicura né ignorasse l'esistenza. Speravo solo di non averlo destato. Di non averlo infastidito.

Cosa avrei dovuto fare? Riportarlo ad Isaac? O forse era meglio lasciar perdere tutto e non pensarci più? Dimenticare.

Provavo un po' di dispiacere per quel ragazzo. Walther. Non sembrava una cattiva persona, tutt'altro! Era gentile, di buon cuore. Mi piaceva.

Qualcuno bussò alla mia porta, ma sapevo già di chi si trattasse:
«Vieni pure Lin».

Lin aprì delicatamente la porta e mi fissò:
«Signorina Hamada che ci fai ancora in camicia da notte?» chiese stupita - «forza, Lord Isaac ci aspetta per il ricevimento in onore del Generale Korovin di ritorno dalle terre dell'est. Dicono che abbia annesso alla nostra città una regione intera!».

Korovin era il più grande dei miei fratelli, avevo sempre nutrito una profonda stima per lui. Isaac lo aveva ribattezzato Sword, era la sua spada, il suo braccio destro. Nonché il più potente tra gli Indaco se togliamo Isaac ovviamente e forse, ma non ci giurerei, la sottoscritta.

«D'accordo Lin, concedimi un minuto»
Mi vestii alla meglio che potevo e raggiunsi assieme a Lin la Sala principale.
Tutti i miei sei fratelli erano lì: Sauer; Luger; Glock; Marakova; Whitney e ovviamente Korovin, il celebrato del giorno. Nostro padre Isaac sedeva tronfio su quello che somigliava molto ad un trono. Aveva la solita aria severa e imbronciata.
Servitori e altri del popolo erano presenti a far da contorno all'evento. Fosse stato per mio padre non avrebbe mai permesso agli inferiori di mischiarsi a noi, di sedersi alla nostra stessa tavola. Saggiamente Korovin gli fece notare invece quanto fosse importante mostrarsi misericordiosi e magnanimi con chi ci venerava. Verso il suo popolo.

La gente era in festa, tutti celebravano Il grande generale Sword e le sue imprese.

Poi, improvvisamente, lo avvertii. Era in pericolo. Stava morendo? Avrei dovuto fare qualcosa o avrei dovuto lasciar perdere? Lasciarlo al suo destino. Dopo ciò che avevo visto la notte scorsa forse era la cosa più giusta da fare. Ma quel ragazzo che cosa aveva fatto di sbagliato? Avevo il potere di aiutarlo, di fare qualcosa! Dovevo decidere in pochi decimi di secondo, ero nel bel mezzo della sala grande, con tutti i miei fratelli e mio padre. Quando mi trovavo in trance ero vulnerabile alla lettura del pensiero. Avrei rischiato.
Decisi: Entrai di nuovo nella sua mente e lo aiutai a destarsi.

***
"Walter il tuo cammino non finirà qui. Svegliati".
"Tu chi sei? Come sai il mio nome?".
"Devi andare".
***

Mi assentai per pochissimi secondi sperando che nessuno lo notasse, la mia si rivelò nient'altro che una speranza.

Mi sbagliai.

Tutti gli Indaco presenti in quella stanza: Lin e gli altri apprendisti; i miei fratelli e mio padre mi stavano fissando.

«Visione? Cosa significa tutto ciò?» mi domandò mio padre con voce soave.
Provai a far finta di non capire ma ovviamente non mi credette.
«Non mentirmi!!» tuonò, questa volta usando la voce e non il pensiero come faceva di solito. I muri iniziarono a vibrare, come se un terremoto fosse passato di lì, tutti i presenti rabbrividirono.
«Fuori! Tutti voi!» disse con tono sempre più irritato rivolgendosi agli invitati.
«Cosa stavi facendo? Chi era quell'uomo?» mi chiese sempre più furente mentre si avvicinava con aria minacciosa.
«Te lo avrei detto, te lo giuro! È solo un essere umano, niente di cui preoccuparsi, credimi»
Isaac mi fissò con i suoi occhi gelidi, poi mi disse con tono sibillino scandendo accuratamente le parole:

«Mo-stra-mi»

Mi stava chiedendo di aprirgli la mente, di togliere le mie difese. Era vietato. Erano le regole che noi Indaco ci eravamo imposti, le regole che lui stesso aveva creato. Quel giorno non ebbi scelta. Gli mostri tutto.
Isaac e tutti i miei fratelli videro quello che successe la notte scorsa.

Rimase senza parole, i miei fratelli e sorelle anche sembravano al quanto scossi.
«Dove si trova adesso?» chiese Isaac.
Mi portarono una mappa e mi costrinsero ad indicare il punto esatto della sua posizione.

«Ci sono stato circa un mese fa. Non c'era niente di interessante a parte qualche lupo e una popolazione di cacciatori!» disse Sauer con tono di sufficienza.
«Trovatelo! Portatemelo qui! Sword, vai tu. Sauer, visto che ci sei già stato andrai con lui!» ordinò Isaac.

«Si padre» risposero i miei fratelli all'unisono.

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