17 - Giustizia

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∞HAMADA∞

Aprii lentamente gli occhi lasciando a poco a poco filtrare le luce.

Mi sentivo ancora molto debole, ci misi qualche secondo a capire che mi trovavo nella mia stanza, nel mio letto. Al sicuro.

Mia sorella Marakova vegliava su di me, seduta di fianco al mio letto. Quando i nostri sguardi splendenti si incrociarono dal suo volto potei notare un espressione di sollievo.

«Sorella mia, grazie al cielo. Stai bene» disse con la sua solita voce soave.

Mi sollevai dal cuscino e mi misi seduta, avevo lo sguardo chino, fisso su un punto non meglio definito. L'espressione vuota, di chi temeva il peggio. Ne ero certa, era successo qualcosa, le mie sensazioni difficilmente si rivelavano errate. Era la prima volta però, nella mia breve vita, che avevo a che fare con una cosa del genere.

«Hamada che è successo? Prima di svenire hai parlato di Korovin e Sauer, di...morte» chiese Marakova mentre mi carezzava i capelli scoprendomi la fronte.

«Isaac» dissi con tono distaccato ignorando la domanda di mia sorella.

«Lo abbiamo contattato, sta arrivando. Ma puoi confidarti con me, mi stai facendo preoccupare. E' successo qualcosa ai nostri fratelli? Hamada te ne prego, non tenermi all'oscuro».

Questa volta avrei parlato soltanto con nostro padre. Dovevo farlo immediatamente.
Provai ad alzarmi dal letto, ero ancora barcollante ma riuscii a tenermi in piedi

«No, fermati. Dove vai? Sei così debole».

«Marakova mi dispiace ma devo parlare assolutamente con Lord Isaac. È molto importante» ed uscii dalla mia stanza.
Percorsi il lungo corridoio che portava alle scale. Li sulla torre più alta vi erano gli alloggi di mio padre e la sala del trono. Mi aiutai a salire appoggiandomi alla gelida parete di pietra. Delle fioche torce illuminavano le scale a chiocciola.
Finalmente ero di fronte la porta delle stanze di Isaac.
Mi feci coraggio e liberai tutto il mio potere. Non volevo farmi vedere debole. Inoltre era usanza tra noi Indaco annunciare in questo modo la nostra presenza ad un nostro simile.

Spalancai la porta, Isaac era lì di schiena ad osservare il camino ravvivato da un fuoco vivace. La luce delle braci ardenti si rifletteva sugli occhi oceano rendendoli ancora più ammalianti. La tonaca rossa, i lunghi capelli color mogano tenuti raccolti da una coda, la carnagione pallida, tutti elementi studiati con dovizia maniacale per risaltarne gli occhi. Lo rendevano quasi inumano, una figura mistica

«Visione. Ho saputo che hai avuto un piccolo incidente. Spero sia tutto a posto» disse con tono serafico.

Indugiai per un momento, poi feci un piccolo passo in avanti
«Padre. Ho un brutto presentimento. Su Korovin e Sauer. Io, io l'ho visto. Quello che cercavamo. La cosa che albergava nell'animo di quel ragazzo, si è destata. È potente padre. Molto potente».

Isaac mi fissò. Gli occhi spettrali che un tempo tanto ammiravo ora mi apparivano carichi di scetticismo.

«Sai, ho pensato parecchio» si voltò incrociando le braccia dietro le schiena tornando a fissare il fuoco «Ultimamente mi hai molto deluso. Dovresti ricordare che se oggi sei la creatura stupefacente che tutti possiamo ammirare è merito mio. Se non fosse per me...»

«Se non fosse per te cosa? Hai strappato una neonata dalle braccia di sua madre» lo interruppi bruscamente.

«Sacrifici. Sacrifici necessari per costruire un mondo migliore. Un mondo giusto!» tuonò con voce poderosa.

«Un mondo giusto? Proprio tu parli di giustizia? Sei stato in città di recente? La gente ci odia. Per loro noi siamo più un male, una sciagura, che un bene. Quello che tu vuoi creare è un'utopia».

Dalle guance pallide e scavate di Isaac si fece strada in ghigno «Bene, male. Sono concetti instabili figlia mia. Chi è che decide veramente cosa è giusto e cosa è sbagliato? Pensaci bene.... I vincitori. I vincitori decidono cos'è bene e cos'è male. I vincitori scrivono la storia. I vincitori sono nel giusto. I vincitori sono la giustizia!».

Lo scrutai con attenzione dando molto peso alle sue parole. Non aveva una morale. Troppo megalomane, troppo pieno di sé per capire gli altri.

La stanchezza continuava a non abbandonarmi «Korovin, Sauer. Davvero non sei preoccupato?».

«Ho già mandato Whitney e un gruppo di uomini in avanscoperta. Forse abbiamo preso la situazione sottogamba. Sono sicuro però che i tuoi fratelli stanno bene. Stiamo parlando di due Indaco di élite. Addestrati personalmente dal sottoscritto». disse fiero, forse cercando di convincere se stesso.

«Ora riposati. Mi servi in forze. Quella tua abilità di entrare nei sogni mi servirà molto presto. Possiamo usarla per entrare in contatto con i tuoi fratelli. Ci sarà molto utile».

Mi limitai a fare un timido cenno con la testa in segno di approvazione.

«Ora va. Lasciami solo».

Mi concedi e mi diressi al piano inferiore. Marakova e Glock erano lì ad aspettarmi.

«Allora? Cosa vi siete detti?» chiesero i gemelli all'unisono.

«Non ha voluto ascoltarmi. Fratelli io ho una strana sensazione. È successo qualcosa. Nostro padre si fida troppo delle capacità di noi Indaco. Ma al mondo possono esistere creature ancora più spaventose. Non potete capire. Anche se vi aprissi la mente alcune sensazioni non si possono spiegare. Ma dovete fidarvi di me. Siamo tutti in grave pericolo, ora che quella cosa è libera».

«Dov'è adesso? Riesci ad avvertirlo» chiese Marakova

Mi concentrai, pur essendo stanca, con tutte le forze che mi restavano.
«Nulla. Non riesco a percepirlo»

«Forse è morto» ipotizzò Glock.

Mi misi a rimuginare. Ci potevano essere varie spiegazioni sul perché non potevo più percepirlo. La morte era solo una delle opzioni, ma la ritenevo poco probabile.

«Riproveremo domani sorella. Hai solo bisogno di un lungo riposo» tagliò corto Marakova.

«Si, forse hai ragione» ammisi, «a domani, buonanotte».

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