14 - Risveglio

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- KOROVIN -

Fissai il vuoto per qualche secondo. Davvero? Faticavo a crederci ma, non vi erano alcun dubbio. Il colpo era stato violentissimo. Sauer, quel buono a nulla, sempre così irruento, lo aveva ucciso all'istante.

Scossi il capo cercando di riacquistare la concentrazione necessaria, poi rivolsi le attenzioni a mio fratello. Anch'egli aveva lo sguardo perso nel vuoto. Sicuramente stava pensando alla reazione di nostro padre. Isaac detestava i fallimenti.

«Sword. Dimmi ti prego, dimmi che non è come penso» mi supplicò.

«Ti rendi conto di cosa hai appena combinato, razza di babbeo?».

«Cazzo!! Non sono riuscito a trattenermi, mi aveva preso alla sprovvista. I movimenti di quel ragazzo erano più veloci dei suoi pensieri».

«Ottima giustificazione da dare a nostro padre. I miei complimenti. Sarei dovuto venire da solo» ero furioso, in quel momento avrei potuto anche ucciderlo.

«Possiamo portargli comunque il suo cadavere. Che ne dici?».

«Ma ti ascolti? Siamo lontani kilometri da Luxor. Non possiamo trascinarci un morto per un mese, e poi ci rallenterebbe. Hai mai sentito parlare di un fenomeno chiamato "decomposizione"?».

Sauer abbassò lo sguardo con aria mortificata «È vero. Scusami, quanto successo non mi fa ragionare in maniera lucida».

«A volte faccio veramente fatica a credere che tu sia un Indaco».

«Fratello, ti scongiuro. Metti una buona parola con nostro padre. A te darà ascolto. Un incidente... È stato un'incidente» e si inginocchiò dinnanzi ai miei piedi.

«Sei pietoso. Alzati» vedere la sua figura possente dimenarsi e lagnarsi come un bambino, mi irritava ancora di più. Lo colpii violentemente infondendo nel mio calcio i poteri psichici di cui ero dotato.
La forza del colpo lo fece balzare via come una fruscello. Sauer urtò contro il muro e vi rimase adagiato. Non reagì, sapeva di meritarsi anche di peggio.

Non ci restava che portare a Luxor questa gente. Sapevo che non sarebbe bastato a placare le ira di Isaac, ma almeno non saremmo tornati a mani vuote. Rivolsi la mia attenzione verso quel ragazzo, Colt.

«Ehi tu, li in ginocchio. Raduna i superstiti. Prendete quante più provviste vi occorrono. Sarà un lungo viaggio. Non temete, con me al vostro fianco sarete perfettamente al sicuro».

Era giunto il momento di prendere in mano la situazione. Salvare il salvabile.

«Sauer, tagliali la testa. Mettila in una sacca con del ghiaccio. Porteremo solo quella con noi» poi aggiunsi «prega che Lord Isaac sia magnanimo verso entrambi».

Mio fratello, senza proferire parola, si sollevò da terra. Ancora stordito per il colpo che gli avevo inferto. Con passo deciso si apprestava a fare ciò che gli avevo ordinato. Raccolse la grossa ascia e si avvicinò al cadavere.
Sollevò la scure apprestandosi ad abbattere il violento colpo sulla testa del ragazzo.

Qualcosa di incredibile accadde poi.

Del fumo, stava fuoriuscendo dalle spoglie di Walther.
Nero, denso come la nebbia più fitta. In breve tempo la stanza se ne riempì. Pensieri maligni, di morte, di distruzione. Udivo solo questo provenire nella sua direzione. La sua mente, fino a poco fa del tutto assente, si era destata. Ciò che cercavamo, ciò per cui eravamo venuti da lontano, era ora lì. Dinnanzi a noi.

«Sauer! Allontani da lui!!» gli urlai contro.

Era troppo tardi.

Mio fratello si voltò verso di me. L'espressione del volto era di chi aveva scoperto per la prima volta in vita sua cosa significava davvero avere paura. Gli occhi Indaco di Sauer, da sempre un vanto, per la loro fierezza ed ineluttabilità, adesso sembravano quelli di un cerbiatto spaventato. Un animale, che aspettava inerme la sua fine.

Ci fu un rumore secco. Qualcosa proveniente dalla stessa direzione di Sauer e di quell'essere catapultò nella mia. Poi delle urla strazianti.

«Ahhhh. Il braccio! Oh mio Dio!!» si guardò il moncherino con gli occhi fuori dalle orbite.
Il braccio di Sauer, con ancora impugnata l'ascia ora si trovava a pochi metri da me. Tranciato di netto.

Quello che fino a poco fa era il corpo senza vita di Walther balzò in piedi con un movimento quasi innaturale. La strana nebbia che prima lo avvolgeva si diradò. Lo vidi. Era sempre lui, ne riconoscevo i lineamenti ma era profondamente diverso. La muscolatura decisamente più strutturata e definita lo rendeva un singolo fascio di nervi. Unghie somiglianti più a degli artigli, l'espressione del volto tesa e lo sguardo fisso. Il terrore si impossessò di me. Non era più umano.

Sauer cercò di venirmi incontro dando le spalle a quel mostro.
«Korovin, fratello. Aiu...»

Non completò mai la sua richiesta di soccorso.
Il braccio di quella Cosa, come una spada, gli trapassò la schiena uscendo dalla parte opposta. Poi lo ritrasse. Sangue, sangue dappertutto. Le pareti di quella che una volta era una prigione, vennero ricoperte, come dipinte, di un rosso scarlatto.

Sauer, cadde inerme al suolo. Lo sguardo fisso. Gli occhi, prima splendenti come diamanti, avevano perso tutta la loro lucentezza. Spenti. Vuoti.
Mio fratello, non faceva più parte di questo mondo. Mio fratello Sauer, un Indaco: l'apice della perfezione umana, aveva così smesso di vivere.

«Infondo...» disse la Creatura, con voce profonda, osservandone il corpo senza vita.

«Infondo...Siete solo umani».

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