|Capitolo 1|

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<<Nico io esco>> dissi rivolgendomi a mio fratello.

<<va bene ma per quando torni?>>

<< per cena penso>>

<<ok allora ti aspetto>>

<<va bene, ciao>>

Fin qui sembra tutto estremamente normale e lo è… se non contate che sono Sara D’Aran. Sono la futura regina di questo principato, figlia del re Emanuele e della regina Elisa. La mia vita non è mai stata particolarmente difficile: ancora non svolgevo un ruolo determinante all'interno del regno. Tutto era abbastanza ordinario, sempre se si poteva considerare ordinaria la mia vita.

Mentre mi stavo perdendo tra i miei pensieri mi scontrai con un ragazzo. Prima che riuscissi ad alzarmi notai un poliziotto venire verso di noi e, una volta che lo ebbe costretto ad alzarsi, lo ammanettò. Solo in quell’istante lo osservai. Era davvero bello. Non era uno di quei ragazzi biondi e occhi azzurri, al contrario: era moro, non nel senso che era scuro di pelle, nel senso che aveva i capelli neri come la pece, e degli occhi di un azzurro davvero bellissimo.

<<grazie mille signorina per averci involontariamente aiutato a prendere questo delinquente>> mi disse il poliziotto con gratitudine. Come poteva un ragazzo con degli occhi tanto belli e profondi essere un delinquente?

<<prego>> dissi non molto sicura di essere felice di averlo fatto catturare.

'Avrà massimo un paio d’anni più di me, sembra così giovane'. Il poliziotto cercò trascinarlo fino al carcere ma visto che lui non voleva camminare e cercava di scappare, ad un certo punto la guardia gli diede un pugno nello stomaco che lo fece accasciare. Lo sollevò distrattamente e poi lo obbligò a procedere. Continuava a tentare di fuggire e a urlare. Non capì molto di quello che disse. Sperai soltanto di aver capito male quando lo sentì dire qualcosa riguardo a sua sorella e al fatto che sarebbe morta.
'Perché sua sorella dovrebbe morire?'
I sensi di colpa erano molti e non sapevo cosa fare per placarli. Senza accorgermene stavo andando nella stessa direzione in cui stavano andando anche loro.   
                                                                                                                               

Appena arrivata di fronte alla prigione decisi che in qualche modo avrei ascoltato la sua storia e, se sua sorella stesse davvero per morire, lo avrei fatto uscire. Non sapevo come ma l’avrei fatto, non volevo che una bambina stesse male per qualcosa che magari non era niente di grave.

<<mi scusi, è possibile vedere il ragazzo che è appena stato portato qui?>> chiesi alla signora che era alle casse.

<<in realtà non si potrebbe ma penso che per lei si possa fare un eccezione principessa>>

<<grazie mille>> aveva anche dei lati positivi essere me.

Mi portò davanti a una cella e mi disse che se volevo entrare potevo farlo ma avrei dovuto stare attenta. Quel luogo era tutto tranne che accogliente. Sulle pareti completamente dipinte di bianco si potevano notare delle macchie causate probabilmente dalla muffa, l’odore ricordava quello di uno studio dentistico e i lamenti che provenivano dalle varie celle rendevano il tutto molto più spaventoso oltre che inospitale.
Non ero intenzionata ad entrare ma quando sentì un singhiozzo presi la chiave e aprì la porta della cella. Mi avvicinai pian piano approfittando del fatto che fosse girato di spalle. Quando lo raggiunsi iniziai ad accarezzargli la schiena come a infondergli coraggio. Per istinto, o almeno penso sia stato per quello, mi abbracciò. Non penso che mi avesse visto in faccia altrimenti al posto di abbracciarmi avrebbe iniziato ad urlarmi contro. Dopo qualche minuto finalmente si calmò. Quando si voltò per vedere chi avesse abbracciato e si accorse di chi fossi si allontanò di scatto.

<<cosa ci fai tu qui?>> 'non penso sia molto felice di vedermi, dopotutto l’ho appena fatto finire in prigione'

<<cos’ha tua sorella?>> appena glielo domandai fece una strana espressione, delusa. Sembrava che la realtà gli fosse piombata addosso. Come un acquazzone improvviso in piena estate, solo che lui non aveva nessun tipo di ombrello per ripararsi.

<<cosa sai tu su mia sorella?>> Mi attaccò

<<so solo che non sta molto bene. Lo avevi gridato prima, non so altro>> mi difesi. Restammo per alcuni minuti in silenzio poi

<<quanto dovrò stare qui dentro?>>

<<non so, cos’hai fatto?>>

<<rubato, tre o quattro volte>> nel suo tono notai anche un po’ di vergogna.

<< un paio d’anni>> gli risposi sinceramente dispiaciuta per lui.

<<ti prego dimmi che questo è un incubo, dimmi che questo è solo un fottuto incubo e non la realtà!>> mi gridò contro

<<mi dispiace>> sussurra intimorita dalla sua figura

<<vattene>> mi disse solamente lui

<<ti prego, posso aiutarti>>

<< non voglio il tuo aiuto, se non fosse per te non mi avrebbero preso neanche stavolta>>

<< cos’hai rubato?>> provai a chiedergli. Ero troppo presa da quello strano ragazzo per andarmene

<<vuoi sapere cos’ho rubato? Bene. Ho rubato del cibo, del pane per la precisione, visto che avevamo finito i soldi per questo mese ed è da ieri mattina che non mangiamo>>

<<manca ancora una settimana alla fine del mese…>>

<<pensi non lo sappia? Sono stato costretto a farlo, non avremmo resistito per una settimana senza cibo>>

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