21- Usciamo

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Ibiza pov's

Degli spari si fecero spazio tra le nostre orecchie, portandoci a capire che Palermo si era sacrificato per tutti noi.
Il mio cuore si fermò per un attimo, al ricordo di un'altra perdita importante.
Eravamo tutti dispiaciuti, tristi, malinconici e distrutti.
Quel colpo ci aveva devastati, ma lo avremmo ricordato per tutta la vita, la Spagna e l'intero mondo lo avrebbero ricordato per tutta la vita.
Ritornare alla normalità mi dava un po' di tristezza, soprattutto pensando al fatto che tutti, ci saremmo persi per scappare il più lontano possibile dalla polizia.
Non avrei più rivisto i miei compagni, né Tokyo, con la quale avevo condiviso molto, come fosse una sorella;
Nè Lisbona con la quale parlavo come fosse una madre, la migliore anzi; né il professore che nonostante la rabbia  era ancora lì ad attenderci, a salvarci e ad augurarci un futuro migliore.
Forse non avrei rivisto più nemmeno Denver, non avevamo ancora avuto modo di chiarire, di parlarci e forse era un bene.
Mi sarei allontanata da lui il prima possibile e lo avrei dimenticato come ogni cosa successa nella mia vita.
Lui aveva deciso in quel modo, baciando Stoccolma aveva segnato la sua fine con me e forse, un po' mi stava bene non soffrire più per lui.
Tutto, mi sarebbe mancato, tutto di quella rapina, ma soprattutto Nairobi, Helsinki e Palermo.
Loro erano stati i pilastri portanti della rapina, pieni di grinta e con una voglia di vita assurda, eppure ci avevano lasciati nel modo più triste,  più becero.
Almeno, avrebbero raggiunto la pace.

Tra tutti quei pensieri non mi resi conto che Bogotà aveva già aperto il passaggio sott'acqua che ci avrebbe portati in mare, attraverso l'acquedotto, dove ad attenderci avremmo trovato gli uomini del professore.

Era davvero tutto finito, stavamo uscendo, finalmente.

Proprio mentre continuavo a fluttuare in acqua, i miei occhi e quelli del Riccio si incrociarono.
Quel blu brillava più del trasparente dell'acqua.
Il mio cuore perse un battito e una sensazione allo stomaco mi scombussolò.
Mi faceva sempre lo stesso effetto  ma la rabbia riusciva ad avere la meglio.
Mi sorrise, ma decisi di evitarlo, non potevo permettermi di soffrire ancora.

Continuammo a nuotare fino ad entrare dentro quello stretto, dove un forte capogiro, seguito da un senso di nausea mi bloccarono.
Il mio corpo tremava e la vista si offuscava ad ogni centimetro che percorrevo.
Non vidi più nulla, solo due braccia che mi presero a se, poi il buio mi annientò.

Quando riaprii gli occhi, vidi la figura del professore che mi parlava,mentre con dell'acqua mi bagnava il viso.
Non capii molto all'inizio: dove mi trovavo, se si trattasse di un sogno, se fossimo davvero riusciti ad uscire.
Ero proprio sconnessa dal mondo

"Ibiza, mi senti?" Chiese ancora quella voce, sta volta più chiara.

Annuii leggermente e quando provai ad alzarmi, mi sentii debole, tanto da accascisrmi di nuovo su quella base in legno, probabilmente di una grande nave

"No, non provare ad alzarti, sei ancora priva di forze" parlò dolcemente una voce al mio fianco.

Girai lo sguardo e quegli occhi color giada mi puntavano preoccupati, dolci e premurosi. Era Denver.

Mi limitai a fare un debole sorriso e dopo aver bevuto un bicchiere d'acqua,  gentilmente offerto da Lisbona,  decisi di chiudere gli occhi e perdermi in un sonno rigenerante, ero troppo distrutta ed il mio corpo non stava reggendo tutta quella situazione.

Denver pov's

La guardavo dormire sulle mie ginocchia, sembrava così piccola e indifesa, che avevo paura di romperla.

Finalmente eravamo usciti da quel buco, lasciandoci anche quel colpo alle spalle.
Il professore aveva recuperato tutto l'oro grazie a Copenaghen e Århus, gli uomini che ci avevano salvati creando un diversivo con la polizia.
Anche quel colpo era giunto al termine e ancora una volta ci trovavamo su una grande nave pronti a scappare via, lontani dalla polizia e da chiunque ci stava dando la caccia.
Ancora una volta ci saremmo divisi, il professore aveva già scelto le nostre mete, ma questa volta niente e nessuno si sarebbe messo più in contatto con l'altro.
Le nostre strade si separavano su quella nave e mai più avrei rivisto i miei compagni, eccetto Ibiza,  con lei avrei voluto chiarire e risolvere ogni malinteso.
Il futuro che avevamo progettato, dovevamo viverlo assieme, così come ci eravamo promessi dentro la banca.

Improvvisamente la sentii mugugnare sotto al mio tocco.
Era sudata e la sua pelle scottava, forse aveva la febbre.
Si dimenava come un cavallo inferocito mentre dalla sua bocca uscivano dei piccoli gridolini che probabilmente nel suo incubo erano di gran lunga forti.
Con delicatezza decisi di svegliarla,  di salvarla dal suo incubo giornaliero ormai

"Hei, Marta" sussurrai al suo orecchio mentre le scuoteva con dolcezza la spalla
"Hei piccola" azzardai accarezzandole una guancia, quando aprì gli occhi spaesata.

Le sue pupille erano dilatate, perse nel vuoto, come confuse e amareggiate.
Senza dire nulla, si voltò fondendo il suo sguardo con il mio.
Potevo percepire la rabbia che aveva ancora nei miei confronti, seguita da una sorta di implorazione, di dolcezza, come se volesse un abbraccio o la salvassi da quei fantasmi che si portava dietro.

Mi avvicinai non distogliendo lo sguardo dal suo e con una mossa furtiva la gettai tra le mie braccia.
Non si oppose a quel tocco, bensì si lasciò cullare dalla mia mano che accarezzava i suoi capelli ancora bagnaticci.
Chiuse gli occhi e si fece ancora più piccola tra le mie braccia,  più piccola di quanto già non lo fosse.
Era uno scricciolo.
Chiuse gli occhi e sembrò per un attimo bearsi di quel momento, come se, presto ci saremmo separati per sempre, ma io non lo avrei permesso

"Mi dispiace " sussurrai di scatto al suo orecchio, con l'animo rotto da un pezzo ormai.
Quello che aveva visto non era la realtà e volevo lo sapesse.

Non si mosse di un centimetro, ma si limitò a piantare i suoi occhi nei miei, attendendo che continuassi.

Gettai fuori un enorme masso che tenevo dentro e, chiudendo gli occhi per prendere coraggio, mi decisi a parlare, a raccontarle tutto

"È stato un malinteso. Lei ha baciato me, io non avevo,assolutamente, intenzione di farlo.
Tutto quello che ti avevo promesso dentro quel buco,  voglio rispettarlo e voglio portarti per sempre con me.
Io ti amo Marta, ti amo tanto e non voglio più perderti.
Sono stato male quei giorni lì dentro, senza un tuo bacio, un tuo abbraccio.
Quando notavo che il tuo sguardo era pieno d'astio nei miei confronti,  io non facevo altro che sentirmi più in colpa per quello che era successo e più la banca crollava e più la paura che ti avrei persa mi annientava.
La vita è breve ed io voglio viverla con te" parlai piangendo, con lo sguardo ancora incollato al suo.

Lei mi guardava senza dire una parola, ma dentro stava esplodendo. 
I suoi occhi erano persi nel vuoto,  tristi, ma contemporaneamente felici di ciò che avevo appena detto.

Proprio mentre stava per aprire bocca, la vidi allontanarsi verso il bordo della nave, dove un conato di vomito si fece beffa di lei, portandola a vomitare tutto.

"Hei, hei. Stai bene?" Domandai preoccupato prendendola dai fianchi, per reggere la sua debolezza.

Quel corpicino così piccolo, visto in quello stato, mi stringeva lo stomaco come una morsa

"Era una risposta questa?" Chiesi ironico facendola ridere, riferendomi al discorso che le avevo fatto

"No sciocco, oggi non sono stata per nulla bene" mi confessò con il suo sguardo da cerbiatto, per poi continuare a parlare
"Mi ha fatto male vederti in quel modo con Stoccolma, ma se si tratta di un malinteso sono pronta a perdonarlo. Voglio vivere la mia vita al meglio e voglio farlo con te Denver" parlò in un sussurro, fissandomi per bene negli occhi

Quella notizia mi fece felice,  dai miei occhi cominciarono a scendere delle lacrime di gioia, che mi portarono a prenderla in braccio e farla volteggiare in aria come una ballerina.
A quel gesto lei sorrise, come una vera propria bambina felice con il suo giocattolo preferito, ma in fondo lei era così piccola che per me era una bambina, la mia bambina...

Ibiza pov's

Il professore ci aveva spiegato che le nostre strade stavano per separarsi.
Avremmo trascorso la notte in una baita in montagna, isolata come non mai e che alle prime luci dell'alba, ognuno di noi avrebbe preso i proprii documenti e sarebbe scappato via, verso una meta sconosciuta, dopo aver celebrarato il funerale di Helsi e Palermo.
Copenaghen era riuscito a farsi dare i corpi in cambio di un po' d'oro e li avremmo portati via per una giusta sepoltura
Io e Denver avevamo deciso di andare assieme dopo il funerale, per dare il via alla nostra vita che avevamo tanto programmato, nella speranza che sarebbe filato tutto liscio..

La rapina giunge al termine,  ma la storia ancora no. Vi invito a lasciare tanti commy e stelline per il prossimo capitolo.
Instagram: @itsibizax

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