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Che palle.

Sospiro, sconsolato.

L'ennesima mostra della quale farei a meno, vivendo decisamente meglio. È sempre così triste vedere tutte quelle persone attorno a dei pezzi di carta o di cemento, emozionate per qualcosa di straziante e immensamente menoso. I volti pieni di meraviglia, di passione....ribrezzo per i miei occhi. Proprio non li capisco.

Per prima mia madre, organizzatrice di questi eventi, qua a Busan. Brava donna, questo non lo metto in dubbio, ma ogni volta che le mostre si avvicinano, per giorni o settimane, diventa un'altra persona. Iperattiva, sempre in movimento, piena di energie, una lavoratrice modello, se solo non portasse anche me, ogni fottutissima volta. Potrei benissimamente starmene a casa, tra i miei amati videogiochi e la mia adorata cameretta, che quella traditrice osa chiamare 'topaia'. Ma Jubeka si vendicherà su di lei, ne sono certo.

Solo il suo sorriso mi da la volontà di aiutarla.

Adesso sono proprio nella mia topaia, con il mio migliore amico, nel bel mezzo di una partita a Call of Duty.

«Allora? Felice di partecipare ad un'altra mostra di tua madre?» Mi domanda il bianco, continuando ad uccidersi le dita sul joystick. Farebbe di tutto pur di battermi. Ha gli occhi attenti sullo schermo luminoso, non li chiuderebbe, pur di non perdere millesimi di secondi distogliendo lo sguardo e rischiando di farmi accaparrare qualche tipo di vantaggio.

«Cambiamo discorso, che è meglio» metto in bocca una patatina, non prima di aver quasi buttato tutte le altre a terra, per rimanere concentrato sul gioco. Siamo entrambi seduti sul pavimento, con le gambe incrociate e il busto in avanti per stare il più vicino possibile alla tv.

«Per fortuna non l'ha chiesto anche a me sta volta. Ti ricordi l'anno scorso?»

«Quando ci cacciarono perché tu ebbi la meravigliosa idea di staccare il cazzo a quella statua? Come dimenticarlo» cerco di rimanere serio, anche se una risatina scappa da entrambi.

«Ricordo lo sguardo incazzato di tua madre, ci avrebbe uccisi a mani nude» continua, divertito.

Il mio joystick meno, al ricordo del mese in cui non vide neanche una volta la luce del sole. Mi prendono i brividi al solo pensiero che possa succedere di nuovo.

«Adesso ti faccio fuori io se non la smetti di parlare e ti concentri sul gioco, Min Yoongi» lo minaccio con un ghigno sorridente. Mi avvicino pericolosamente a lui, tirandogli una spallata e facendolo spostare.

«Oh, Jeon Jungkook ha paura di essere stracciato per caso?» Si prende gioco di me, il coton fioc fumante di rivalità.

«Mai» pronuncio muovendo più velocemente le mani sull'aggeggio. È sempre così rilassante fare questi nostri pomeriggi, in cui se uno dei due, o entrambi, abbiamo pensieri per la testa, basta prendere il joystick in mano ed accendere la play, che per ore non pensiamo a niente. La gente non capirebbe quanto si sta bene.

Dalle nostre labbra escono schiamazzi ed insulti, soliti di queste partite adrenaliniche. È così che noi ci divertiamo, non certamente guardando volti, per lo più brutti, su della carta o su del marmo.

Ad un certo punto bussano alla porta, ma noi due siamo troppo presi dal gioco, che telepaticamente, decidiamo di ignorare chiunque sia là fuori. E per dieci secondi riusciamo, ma dopo la porta viene ripicchiettata, sta volta più decisamente.

«Se ne andrà» sussurra Yoongi, mettendo la lingua di fuori, al lato della bocca. Io non mi muovo, ma concordo pienamente con lui.

E per altri dieci secondi il silenzio, finché bussano di nuovo.

Nᴏɪ Sɪᴀᴍᴏ Aʀᴛᴇ | ᴋ.ᴛʜ ᴊ.ᴊᴋDove le storie prendono vita. Scoprilo ora