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Mi trovo di nuovo qua.

Mi trovo di nuovo davanti a questa porta.

Mi trovo di nuovo dinanzi casa sua.

Come sono arrivato qua? Non lo so. Devo sicuramente aver preso la macchina di Namjoon, ma neanche ho la patente. No, adesso ricordo. Sono venuto a piedi. Ormai ho due solchi sulle guance, due righe rossastre che segnano quante lacrime ho versato. Sono un bambino, sono lo stesso bambino di quel giorno. Solo con molta più paura, più insicurezze, più terrore di non farcela. Sono immobile qua, indifeso, da non so quanto tempo. Si è pure fatto buio. C'è stato silenzio fino ad adesso e l'immagine di loro due baciarsi è ancora impressa nella mia mente, facendomi salire la nausea.

Poi all'improvviso una melodia riecheggia nelle mie orecchie, deve provenire dall'interno. Vorrei urlare il suo nome e chiedergli di quale canzone si tratti, con quale potere questa sinfonia riesca ad aumentare il ritmo delle mie lacrime, a far incrementare il bruciore agli occhi e il tremore alle mani, ma l'unica cosa che le mie forze vitali mi permettono di fare è sorridere, al pensiero del ragazzo che ondeggia il corpo sotto le note di questa armonia, magari con un bicchiere ricolmo di vino rosso tra le dita, rigorosamente con il mignolo in alto.

Poi i singhiozzi si fanno più forti, la testa più in basso e le mani rosso sangue chiuse nei pugni. Una parte di me spera che io vengo ignorato dal biondo all'interno, che lui continui a ballare spensierato, incosciente del fatto che gocce di vino stiano straboccando e di conseguenza cadendo a terra, ed inconsapevole della mia inutile presenza qua fuori. Ma la parte più emotiva di me, in questo momento completamente a pezzi, spera solo di poter stare tra le sue braccia.

E come se avesse ascoltato i miei pensieri contorti, come per miracolo, la porta viene aperta. La musica si fa ancora più alta e la sua figura tanto bella quanto annebbiata sbuca fuori, con un'espressione a dir poco terrorizzata.

«J-Jungkook...» sussurra talmente piano che non sono sicuro neanche sia uscito davvero dalle sue labbra, adesso strette tra di loro. Gli occhi talmente lucidi che è costretto ad abbassare il capo. Sta piangendo....per me? Non dice altro, cade a terra, si inginocchia davanti a me, prende le mie mani perdenti liquidi tra le sue, tenendo il capo basso. Sento il suo pianto silenzioso fare da eco nelle mie orecchie come forti martellate. Rimaniamo in quella posizione per un paio di minuti: io a piangere ininterrottamente, lui a rilasciare gemiti di dolore emotivo, tenendomi stretto. È sempre così debole quando c'è la mia salute di mezzo. Mai lo avevo visto in questo stato e mai avrei pensato di farlo.

Mi chino anche io, senza guardarlo negli occhi. Non riuscirei a sopportarlo. Sono troppo codardo pure per questo.

«F-fa freddo» la mia voce esce più come un lamento. Annuisce facendo una smorfia, cerca di mandare via le ultime lacrime e si alza, prendendomi per mano e portandomi all'interno. Ormai non provo più niente, ed anche quando passa le mie dita sbucciate sotto l'acqua bollente del lavandino al primo piano lascio che lui le massaggi, senza star a pensare al dolore. Lo fa in modo fin troppo lento, come estenuante, pieno di frustrazione e pietà nei miei confronti. Urlerei di smetterla di provare compassione per me se riuscissi a dire qualcosa, ma mi limito a guardare i lineamenti del suo viso mentre compie quei gesti logoranti. Come un deja vù, ma sta volta cola talmente tanto sangue macchiando l'acqua trasparente, che la nausea aumenta. Non mi è mai piaciuta la vista del sangue, ed anche per questo divento sempre vulnerabile quando mi martorio le mani.

«Cos'hai combinato Jungkook...» mormora, la voce incrinata. Io non reagisco, ancora una volta. Poi si allontana, io lascio cadere le mani lungo i fianchi, mentre lo guardo accendere l'acqua. «Fatti una doccia, ti aspetto di là» la sua voce è tanto calma e tanto bassa che a malapena annuisco, ma vorrei che continuasse a parlare. Inizio a togliere la felpa, e lui esce dalla porta senza dire altro, senza guardarmi nel viso. Mi blocco improvvisamente, sentendo una fitta alle nocche, dopo aver fatto una smorfia per il dolore ricomincio, fino a ritrovarmi senza indumenti.

Nᴏɪ Sɪᴀᴍᴏ Aʀᴛᴇ | ᴋ.ᴛʜ ᴊ.ᴊᴋDove le storie prendono vita. Scoprilo ora