«Quindi? Hai intenzione di marcire dentro il letto finché tua madre non ti dirà che sei guarito?» mi domanda Yoongi, al telefono. Speravo scherzasse, invece a quanto pare l'intenzione della donna era seria, per questo adesso sono a casa, con in mano alcuni snack trovati per caso in cucina e il telefono con impostato il vivavoce lanciato vicino a me.
«Nah» metto in bocca un biscotto, sedendomi il più comodo possibile. «Il divano mi va bene comunque» ridacchio. Percepisco da qua la sua voglia di mandarmi a fanculo. Per la noia ho ben deciso di chiamare Yoongi, anche lui stranamente già sveglio. «A meno che qualcuno non abbia voglia di andare a farsi un giro per Busan»
Ancora non voglio dirgli di sabato sera, né di ieri. Il mio cervello deve autoconvincersi che tra me e quello stronzo non ci sia e non ci sia stato niente, ed il petto deve smettere di bruciarmi ogni volta che ci penso.
Cosa ho capito dopo ieri? Beh, assolutamente niente. Forse, anzi, molto probabilmente sono ancora più confuso di prima. Odio ogni suo singolo gesto, pure ciò che mi ha fatto per ben due volte, lasciandomi col fiato sospeso e la testa ancora piena di domande senza risposta.
Me l'ha proprio messo nel culo, metaforicamente.
«Non se ne parla, non voglio uscire di casa» il suo tono diventa più serio, ed io capendo già dove vuole arrivare, metto su un'espressione triste. «E poi tua madre che direbbe se ti vedesse fuori casa dopo averti costretto a rimanerci?»
«Torneremmo sicuramente prima del suo ritorno, e poi tu non puoi rinchiuderti in casa solo per paura di incontrare Jimin da qualche parte della città» lo rimprovero per la ventesima volta, minimo.
«Immagina se dovessi vederlo con quel tipo, non so com'è fatto ma so come reagirei, e ti assicuro che non sto pensando a niente di buono per la sua faccia» ignora la mia frase, ma io sorrido, quasi mi piace questo suo lato geloso.
«Invidioso, Min?» lo prendo per il culo.
«Soffoca nel cuscino, Jeon» il telefono perde la connessione, spiazzandomi. Lo stronzo ha attaccato. Istintivamente ridacchio, anche se ormai non può sentirmi.
Smetto improvvisamente di ridere.
Forse so cosa fare. Se non posso aiutare me stesso, né posso far finta di seguire le lezioni, perché non aiutare il mio migliore amico?
Detective Jungkook in azione.
-
Sono nel quartiere dell'università in cui si trova la facoltà di informatica, penso. Ho messo una felpa nera ed un paio di jeans neri, proprio per non dare nell'occhio. L'ambiente è decisamente carino, ci sono molte persone che camminano di qua e di là, molte più di quante ce ne siano nel mio liceo. L'idea di dover venire qua in futuro non mi dispiace affatto, anche se delle persone non mi interessa più di tanto.
Ancora non lo vedo da nessuna parte.
So che non incontrerò il bianco nei dintorni, quindi il mio culo è salvo. Ha detto di non volerlo vedere per tempo indefinito, e pure lui sa bene che i posti più a rischio sono il palazzo in cui abitano e l'università.
Mi guardo attorno, ma vedo solo teste scure e ragazze. Eppure dovrebbe spiccare.
Ed ecco che lo vedo.
Non so chi siano i pochi conoscenti che ha Yoongi della facoltà, quindi non c'è neanche il rischio di essere riconosciuto. Solo non voglio essere visto troppo. Vado in direzione della testa rosa, iniziando a camminare più velocemente, e quando sono abbastanza vicino lo chiamo.
«Jimin» si volta immediatamente, ed appena mi vede indietreggia di qualche passo, sgranando gli occhi. Poi probabilmente si ricompone, sistemandosi il colletto della camicia. «Jimin...» metto le mani sulle ginocchia per riprendere fiato.
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Nᴏɪ Sɪᴀᴍᴏ Aʀᴛᴇ | ᴋ.ᴛʜ ᴊ.ᴊᴋ
Fanfiction«Pronto?» Una voce calda e più bassa di quel che mi aspettassi, parla prima che io possa realizzare di aver accettato la chiamata e aver portato il telefono all'orecchio. «Signora Jeon. Vorrei chiederle se fosse possibile fare gli striscioni color o...