Prologo

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Se in questo momento vi chiedessi di dirmi qualcosa sulle repubbliche marinare, so già cosa quasi tutti mi rispondereste.
Furono quattro: Amalfi, Genova, Pisa e Venezia, i cui stemmi sono riportati, ancora oggi, nelle bandiere della Marina Militare e della Marina Mercantile Italiane.
Non mi dilungherò a raccontarvi la loro storia. Come tutti sappiamo, intorno all'anno Mille, una ripresa economica si affacciò in Europa, rivelando però l'insicurezza delle comunicazioni via terra.
Le coste del Mediterraneo divennero così il terminale delle rotte commerciali con l'Oriente e con l'impero Bizantino.
Con il vuoto di potere creatosi nell'Alto Medioevo, dovendo difendersi dai continui attacchi dei pirati saraceni che infestavano i mari, alcuni centri abitati costieri avevano talmente organizzato la loro difesa da poter vantare una potenza bellica senza pari, che le trasformò in città fortificate, capaci di passare dalla mera difensiva, addirittura all'offensiva.
Intorno al 1100 d.c. le repubbliche marinare erano così potenti e prosperose da poter competere con l'impero bizantino e con gli arabi che, fino ad allora, avevano vantato il monopolio indiscusso sui traffici mediterranei, strappandoglielo infine del tutto.
Guidate da governi autonomi, di tipo oligarchico, unirono i loro sforzi imponendo nel Mediterraneo il predominio assoluto italiano, per tutto il periodo delle Crociate, sottraendolo ai musulmani che avevano sempre esercitato quasi indisturbati.
Questo dominio portò però ben presto alle prime rivalità fra le repubbliche, che condusse alla scomparsa rispettivamente di Amalfi nel 1131 d.C. e di Pisa nel 1406 d.C., e incoronando Genova e Venezia come potenze indiscusse fino al 1797, rendendole peraltro acerrime rivali.
Fino a qui non vi ho raccontato nulla di nuovo, immagino.
Ma se vi dicessi che le repubbliche marinare sulle coste italiane erano ben più di quattro? Ci credereste?
Effettivamente le città che potevano vantare l'indipendenza e fregiarsi del nome di Repubblica, erano otto: Amalfi, Genova, Pisa, Venezia, Ancona, Gaeta, Ragusa e... Noli.
Mentre le altre tre sorelle minori si imposero sempre comunque all'ombra delle grandi potenze, la piccola città di Noli (Naboli come viene chiamata nei più antichi scritti a noi pervenuti, datati 1004 d.C.), ubicata su un territorio dalle caratteristiche irripetibili, si impose con grande autorevolezza, tanto che Genova stessa, nelle memorie dell'epoca, indica chiaramente la Quinta repubblica come sua pari e non come sua sottomessa.
Si pensi che Noli, grazie alla sua potenza navale, partecipò a pieno titolo alla prima Crociata del 1099 d.C., traendone notevoli benefici e privilegi, e raggiungendo una tale ricchezza da richiedere ed ottenere l'indipendenza dalla città di Savona, che resterà sua nemica giurata fino alla fine del 1797.
Incastrata nella baia tra Bergeggi e capo Noli, protetta dal grande monte Ursino (all'epoca chiamato Orsino) che garantiva una vista a 360 gradi sul mare e sul territorio circostante, risultò essere la repubblica marinara più facilmente difendibile.
Questo le garantì uno splendore tale da far impallidire le più grandi città d'Europa.
Si dice che, intorno alla metà del 1400, Noli vantasse ben settantadue torri che saettavano verso il cielo, all'interno di una città prospera ed efficientissima, protetta da alti muraglioni di cinta.
Il 7 agosto del 1192, i marchesi del Carretto di Savona (sotto il cui dominio la città era stata fino a quel giorno) firmarono il trattato che incoronava Noli repubblica indipendente, dotata di un proprio governo e di un proprio potere decisionale.
Numerosi sono ancora i resti che testimoniano la sua gloria, dalle torri che ne disegnano il profilo (ne sono rimaste quattro) alla chiesa pretoromanica di San Paragorio, ancora perfettamente conservata, che rappresenta l'architettura sacra più antica della Liguria.
Noli operò indisturbata, ottenendo addirittura il vescovado e trasformando San Paragorio in cattedrale, fino al 1797, anno nel quale tutte le repubbliche marinare cessarono di esistere con la campagna d'Italia del generale Bonaparte.
Eppure, di lei, restano poche sporadiche tracce in alcuni libri di storia.
Nessuno studente inserirà mai il suo nome nell'elenco, rispondendo ad una domanda sulle splendenti città che regnarono sovrane sulle coste del Mediterraneo.
Nessun militare saluterà mai il suo stemma con la croce bianca su fondo rosso.
Nessun poeta canterà mai della sua flotta, tanto potente da primeggiare sull'antico mare nostrum per oltre seicento anni.
Forse perché il territorio su cui tuttora sorge non ha permesso la sua espansione, come invece è accaduto con Genova e Venezia, forse per una svista, o forse... Forse per un associazione segreta che ha dovuto nascondere ai posteri la sua magnificenza.
Forse per una maledizione, sussurrata per sbaglio da un pittore innamorato.
Forse per una porta che si è chiusa senza mai più poter essere riaperta. Fino ad oggi...

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Quello che sto per raccontarvi, in parte è solo leggenda.
Una di quelle leggende segrete, che serpeggia nei vicoli della città vecchia, custodita dagli anziani, canzonata dai giovani, sussurrata dai bambini.
È una leggenda a cui tutti vorrebbero credere e a cui nessuno riesce a credere del tutto.
È la storia di una torre arrampicata su un castello, di un castello arrampicato sulla collina e di una collina arrampicata sul mare.
È la storia di un'antica città gloriosa, di una porta aperta sulle pieghe del tempo e di un segreto tramandato negli anni.
Questa è una storia vera.
O forse no.
Questa, proprio questa che sto per raccontarvi, è la storia della donna a cui nessuno riuscì a dipingere gli occhi.

Note
Tutti i luoghi presenti in questo romanzo sono realmente esistenti.
Alcune parti, nella realtà inaccessibili senza i dovuti permessi, sono state romanzate e quindi integrate appigliandomi solamente alla fantasia.

- Angolo dell'autrice -
In questo caso un'autrice emozionata, che si accinge a pubblicare una storia a cui corre dietro da anni.
Era un'estate come tante, quella in cui i miei passi mi hanno portata nell'entroterra di una costa che conoscevo a memoria.
E lì, appena dietro ad una passeggiata brulicante di gente, mi sono imbattuta in un paesino che ha saputo stregarmi.
Mi sono addentrata nei suoi vicoli, e ho conosciuto la sua gente. E più mi addentravo, più li conoscevo, più giorno dopo giorno mi innamoravo della storia che bramavano di poter raccontare.
Galeotto fu il mio incontro con un signore anziano, che mi accompagnò per mano all'interno di San Paragorio per la prima volta. Mi spiegò cose sconosciute, con tanta di quella passione da lasciarmi dentro qualcosa di grande.
Quella notte tornai a casa e non riuscii a dormire. Il giorno seguente, dal mio lettino sulla spiaggia, vedevo un castello stagliarsi nel cielo terso dell'estate, e più i miei occhi vedevano il castello, più la mia mente cominciava a fantasticare su quei tesori nascosti, appartenuti ad un medioevo tanto tangibile in quel paesino, da renderlo quasi presente.
Questa storia è nata così, e ci ha messo anni per uscire del tutto.
Complice una traccia del concorso del Cappellaio matto di magicartist2018, complice un commento sotto un mio scritto di RomBones che mi ha iniettato quella voglia di tirare fuori tutto e di finire finalmente di scrivere questo romanzo, adesso sono qui, e vi presento, tremando di emozione, la storia della donna a cui nessuno riuscì a dipingere gli occhi.
Sperando di potervi far appassionare almeno quanto l'ho fatto io, augurandomi come sempre di regalarvi emozioni, vi ringrazio di dedicare del tempo alle mie parole.
Un abbraccio
Bianca

La donna a cui nessuno riuscì a dipingere gli occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora