Capitolo 16 - la strada del disegno

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Sentiero del pellegrino
10 agosto 1995
Ore 17,10

Guardati bene intorno, Francesca. Facciamo un gioco!
Le parole continuavano a rimbombarle nella testa come una cantilena.
Quello era il posto in cui sua nonna l'aveva portata tutte le estati, malgrado le sue lamentele, i suoi goffi tentativi di liberarsi dal loro piccolo, assurdo rito vacanziero.
Improvvisamente si rese conto del perché sua nonna avesse tanto tenuto a farle ricordare quel posto, a farglielo disegnare fin da quando era piccolissima, così da imprimerglielo indelebilmente nella memoria.
Non lo aveva riconosciuto finché non ci era stata in piedi nel mezzo, semplicemente per il fatto che lei lo aveva sempre raggiunto dall'altra parte. Dalla strada sterrata che adesso poteva riconoscere chiaramente e che sapeva portare fino al paesino di Varigotti.
Massimo le restava immobile accanto. Con ogni probabilità si era reso conto di essere entrato in mezzo ad un ricordo che poteva ancora fare male. E con l'eleganza e l'educazione che aveva rapidamente imparato ad attribuirgli, se ne stava in silenzio, aspettando che lei assimilasse il suo passato e che fosse pronta a metterlo a servizio del presente.
Guardati bene intorno, Francesca. Facciamo un gioco! Cerca di ricordare ogni particolare di questo posto, di quella stradina che scende leggermente verso il mare, la vedi? Quando arriveremo a casa dovrai disegnarlo. Se lo farai bene, questa sera andremo a mangiarci una pizza gigante nel ristorante sul mare che ti piace tanto, d'accordo?
Sentiva la voce di sua nonna soffiata dal vento, come se ce l'avesse avuta alle spalle, senza riuscire a vederla.
Si girò sul posto.
Cercò la stradina che scendeva verso il mare. Quella che aveva disegnato una volta ad ogni estate.
Le sarebbe bastato semplicemente chiudere gli occhi e avrebbe potuto disegnarla nuovamente a memoria.
Si girò ancora.
Eccola! Le apparve davanti in tutta la sua semplicità che si era appena rivelata intrisa di mistero.
«Dobbiamo andare di qua!» disse a Massimo, indicando il soggetto che aveva disegnato tante volte nella sua vita.
Lui le si avvicinò ancora.
«Tua nonna ti ha addestrata a riconoscere la via, quindi? Ha fatto in modo che tu potessi ricordartela. Monna Francesca lo sa, la lettera aveva ragione!»
Fece un cenno del capo ai suoi occhi marroni che la guardavano sfidando gli strafottenti raggi del sole.
«Sì...Monna Francesca lo sa!» ripeté piano, sistemandosi meglio lo zaino che si ostinava a caderle dalle spalle.
Era tempo di dimostrare a sua nonna che aveva imparato la lezione che con tanta costanza le aveva impartito.
Di dimostrare a lei e a se stessa che la nuova Monna Francesca era all'altezza delle altre, e che avrebbe portato a termine il suo compito, che avrebbe permesso alla leggenda di continuare a scivolare nei secoli.
Si avventurarono su una strada di cui conosceva solo l'imbocco.
Per terra la ghiaia scricchiolava sotto le loro scarpe, creando quel rumore che le faceva venire in mente il vialetto di sua nonna, nella casa di Bergeggi.
Da qualche ora a quella parte, tutto le ricordava sua nonna. Il colore del mare, il profumo dell'aria, l'accento marcato di Massimo che riprendeva quello de "la marinara".
Proseguirono sul sentiero che dapprima scendeva, poi cominciava a risalire verso la collina. Camminarono per quelli che potevano essere una ventina di minuti, poi sul fondo, con i contorni appena sfocati dalla luce del sole, apparve una costruzione imponente di pietre grigiastre.
«Guarda Francesca! Quelli sembrano i resti di un'antica chiesa! Deve essere Santa Margherita.» le disse Massimo, camminando al suo fianco e indicando l'orizzonte con la mano.
«Santa Margherita attende a picco sul mare...» recitò Francesca citando la lettera del lazzaretto.
Accelerarono il passo, finché entrambi non si trovarono a correre, in preda al desiderio difficilmente sopibile di raggiungere quel nuovo tassello del puzzle.
Corsero a più non posso. Il caldo cocente di agosto contribuiva ad impregnare i loro vestiti di sudore, ma nulla in quel momento poteva distrarli dalla voglia di scoprire un altro indizio.
Raggiunsero la chiesa con il fiato corto.
Massimo aveva gli occhi che faticavano a stare intrappolati sotto le palpebre per la meraviglia.
E a Francesca piaceva tanto vederlo così. Le sembrava un bambino davanti ad un barattolo di caramelle aperto, con nessuno intorno a guardarlo e la possibilità di poterne mangiare fino a farsi dolere la pancia.
«Guarda! Sembra una copia esatta di San Paragorio!» disse girando intorno a quel che restava della chiesa come un condor, mentre se la trascinava dietro tenendola per mano. «Era costituita da tre navate e tre absidi, anche qui rivolte verso il mare, proprio come la vecchia cattedrale.»
Francesca si stupì ancora una volta della capacità di Massimo di ricostruire nella sua testa una pianta perfetta, basandosi semplicemente su un ammasso di ruderi.
Superarono il portone, entrando virtualmente in quella che un tempo doveva essere la navata maggiore. Il tetto era in parte crollato e il sole illuminava le pietre facendole brillare.
«Questa non è pietra del Sino. Questa è pietra grigia, uguale a quella di San Paragorio.» si sporse per guardare meglio. «E sono presenti dei mattoni, su quello che resta delle arcate interne. La costruzione è palesemente di stampo romanico. Maledizione! Questo deve essere uno dei primissimi esempi di utilizzo dei mattoni al posto delle pietre per quel tipo di arcate e per la decorazione degli archetti pensili esterni!»
Massimo quasi saltellava per l'emozione.
«Ci sono dei rifacimenti, quasi sicuramente del periodo cinquecentesco, ma qui siamo davanti ad una svolta della storia dell'architettura!»
No, Francesca non poteva capire a pieno il suo entusiasmo, ma le piaceva guardarlo. Le piaceva farsi trascinare da quella sua eccitazione dirompente, che sembrava spazzare via ogni altra cosa intorno.
Camminarono con il naso praticamente infilato nei vecchi muri della chiesa, si infilarono sotto le decorazioni, esplorarono il rosone, si arrampicarono sulle macerie per un tempo che a Francesca sembrava non voler finire mai.
E, a dirla tutta, avrebbe voluto davvero che potesse durare per sempre. Era così bello scoprire quei pezzi di passato accanto a chi poteva raccontarglielo tanto bene.
Massimo le descriveva ogni cosa, indicandole con le dita particolari che altrimenti le sarebbero sicuramente sfuggiti.
Ogni pietra raccontava una storia davanti ai suoi occhi che sapevano leggerla come lei avrebbe fatto con un libro di favole.
Quando ebbero esplorato ogni angolo più nascosto di Santa Margherita, tornarono nella navata centrale, dove si potevano contare più massi accatastati per terra di quelli che erano rimasti sulle pareti.
«E adesso? Hai trovato qualche simbolo che possa essere un indizio per il prossimo passo?» chiese, permettendo a se stessa di introdursi nel suo delirio di scoperta.
«No, non ho visto niente che possa farmi pensare a una traccia da seguire.» rispose Massimo scuotendo il capo.
Poi di colpo si illuminò.
«E se non fosse qualche indizio lasciato nella chiesa ma la chiesa stessa?»
Francesca corrucciò lo sguardo. Non riusciva a capire.
Massimo colse la sua domanda muta e proseguì.
«Ti ho detto che questa chiesa è uguale a San Paragorio, giusto?»
Lei annuì prontamente.
«Ecco, non solo è uguale nella struttura, nei materiali usati, negli alloggiamenti dei bacini ceramici posti nell'abside. Differisce per l'uso dei mattoni nel corpo di fabbrica maggiore, solo in quello. Come se quel pezzo della chiesa volesse essere evidenziato. Il corpo di fabbrica maggiore definisce l'orientamento. Se fosse quello su cui ci dobbiamo basare?»
A Francesca sembrava di capire poco e niente di quello che Massimo le stava dicendo ed evidentemente dalla faccia perplessa, lui era riuscito a cogliere la sua confusione.
«Vedi, le chiese, soprattutto in epoca medioevale, non erano mai costruite a caso. Non si prendevano le pietre e si accatastavano l'una sull'altra e basta. No, l'orientamento della chiesa era un fattore fondamentale. Spesso venivano edificate in modo che la luce entrasse in un giorno particolare, ad un ora particolare, illuminando qualcosa in particolare.
L'asse abside-facciata di questa chiesa mi sembra simile a quello di San Paragorio, ma non identico. Come se volesse avere un azimut diverso.» si interruppe a pensare. Francesca poteva vedere chiaramente i suoi occhi persi nel nulla alle sue spalle.
«Questa chiesa, basandoci sulla lettera che abbiamo trovato a San Lazzaro, è dedicata a Santa Margherita, giusto?»
Lei si ritrovò ad annuire ancora.
«Bene, ecco. I giorni più importanti dedicati a Santa Margherita, se ben ricordo, sono due: il 22 febbraio per Santa Margherita da Cortona, e il 16 febbraio per Santa Margherita di Scozia.
Il problema è che nel calendario le
Margherite si sprecano. Quella più in voga in Italia è Santa Marina, detta anche Santa Margherita, il cui giorno è il 20 di luglio...»
«20 luglio? Quindi in estate... il giorno in cui appare la dama di Noli è in estate, magari c'entra qualcosa!» lo interruppe Francesca.
Le sembrava una strana coincidenza il fatto che ci fosse una Santa Margherita che veniva festeggiata più o meno nel periodo della leggenda di Noli.
«No, mi sembra troppo campato in aria...» rispose Massimo.
Poi si zittì di colpo.
Francesca vide i suoi occhi abbattersi come due predatori sui resti dell'architrave d'ingresso, al quale lei dava le spalle.
«Maledizione, quello è un ostensorio!» disse correndo verso l'ingresso.
Francesca lo vide salire su una vecchia pietra caduta, cercando di issarsi più in alto.
«A te sembra un ostensorio?» le urlò mentre era in piedi malfermo sul suo trespolo di fortuna e indicando un disegno sulla sommità dell'ingresso.
«Massimo, se avessi una vaga idea di che cos'è un ostensorio potrei darti una risposta migliore!» disse, quasi in preda ad un attacco di risate.
Lui si voltò, la guardò negli occhi, prima di scoppiare a ridere, anche lui, rischiando seriamente di volare giù dal grande masso e di rompersi l'osso del collo.
Poi si ricompose, scendendo lentamente e tornando con i piedi ben fermi sul terreno di pietra.
«Un ostensorio è un arredo sacro. Serviva, e serve tutt'ora, ad esporre ai fedeli l'ostia consacrata.» la guardò nascondendo un nuovo sorriso.
Francesca alzò gli occhi al cielo.
«Dai! Per favore! Non farmi sentire più ignorante di quello che già ritengo di essere! Dimmi perché questa cosa ti sconvolge tanto... visto che siamo in una chiesa! Sono sicura che saprai fornirmi una spiegazione alla quale io non avrei mai potuto arrivare!» bofonchiò mimando un capriccio.
Massimo rise, ancora.
«L'ostensorio è il simbolo con cui, solitamente, viene identificata una chiesa dedicata a Santa Chiara.» le rispose con tono da professore in cattedra.
«E questo dovrebbe sconvolgermi perché...?»
«In primis perché è curioso che in una chiesa dedicata a Santa Margherita sia presente il simbolo di un'altra Santa.»
Francesca annuì «Non fa una grinza!»
«In secondo luogo perché avevi ragione!» proseguì Massimo.
«Sono molto felice di avere ragione! Ma ragione riguardo a cosa, esattamente?» chiese curiosa.
«Riguardo al fatto che il Santo a cui la chiesa è dedicata, il giorno del calendario e quindi l'orientamento della stessa, se la mia teoria è giusta, possa indicarci la via per proseguire!»
Francesca lo guardava con occhi che sapeva essere sgranati.
«E il giorno dedicato a Santa Chiara è...?» gli chiese con un fremito di eccitazione.
«È l'11 di agosto... Domani!» sorrise Massimo sornione.
«Oh cazzo! Quindi ci siamo! Se dai per scontato che il pittore e la dama, secondo la leggenda, si devono incontrare il 10 di agosto, che con ogni probabilità un pittore più ignorante di te ci avrebbe messo un po' di più ad arrivare, che magari hanno voluto lasciare un po' di gioco per dare un briciolo di respiro ai nostri eroi... Allora ci siamo!»
Massimo rise di gusto, ancora una volta.
Dio quanto le piaceva quando rideva!
«Sì Francesca, ci siamo! Dobbiamo solamente restare qui e aspettare che il sole di domani colpisca il rosone e illumini la strada da seguire... Sperando che il tempo tenga!»

La donna a cui nessuno riuscì a dipingere gli occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora