Antico sentiero del pellegrino
10 agosto 1995
Ore 13,30Francesca era quasi sicura di non aver mai visto una persona tanto felice come lo era Massimo in quel momento.
I suoi occhi marroni brillavano di meraviglia, mentre si arrampicava, aiutandosi con le mani proprio davanti a lei, sugli enormi massi di pietra, intervallati alle lastre di ardesia.
L'antica via del pellegrino sfilava sotto i loro occhi affaticati dalla salita. Si rivelava in tutto il suo fascino nascosto, in tutti i suoi segreti custoditi subito dietro ad un litorale invaso di villeggianti impazziti.
Si arrampicarono sui resti di una scala medioevale per quelle che a Francesca sembrarono ore, in una dilatazione del tempo tipica della fatica.
Ma il sole era ancora alto nel cielo, quindi non doveva essere più tardi dell'una, una e mezza al massimo.
Improvvisamente vide Massimo arrestare la sua scalata, prima di sentire i suoi occhi pugnalarle la faccia.
«La strada di pietra si interrompe. Di qui in poi sembra solo boscaglia indistinta.» disse, ansimando per lo sforzo.
Francesca si guardò intorno, dall'alto il mare della Liguria sembrava fatto di lapislazzuli che luccicavano alla luce del sole. Se non fosse stata spaventata ed arrabbiata contemporaneamente, forse si sarebbe addirittura soffermata a godersi la meraviglia di un panorama mozzafiato.
«Non è possibile! Deve essere questa la via!» sputò malamente in faccia a Massimo, accasciandosi a terra per la stanchezza.
Estrasse la bottiglietta dallo zaino, mentre ringraziava mentalmente il suo compagno di viaggio per aver insistito e averla fatta fermare in un bar a comprare dell'acqua.
Ne diede una lunga sorsata.
«Ne vuoi?» chiese a Massimo, mentre per la rabbia assestava un piccolo calcio al suo zaino malconcio.
Fu in quel momento che un gruppetto di foglie si smosse, rivelando quella che sembrava una piccola mezzaluna rossa.
Lasciò cadere la bottiglia dell'acqua a terra, davanti agli occhi di Massimo che la guardavano increduli.
Con le mani, velocemente, spostò il fogliame ormai secco, pulendo le tracce di terra con la punta delle dita.
«Massimo, guarda! C'è un disegno qui! Sembra un cerchio...»
Il professore si chinò velocemente a terra, poggiando un ginocchio sui sassi e macchiando irreparabilmente il poco color cachi che era rimasto dei suoi pantaloni, dopo l'ingresso nel tunnel accanto al Collegio.
«Cazzo!» imprecò, prima di regalarle un enorme sorriso e di proseguire la ricerca con gli occhi che sembravano sprizzare scintille di fuoco «Questo non è un cerchio. Questo è lo stemma della Quinta repubblica!»
Francesca si tuffò sul disegno per osservarlo da vicino.
Effettivamente era un cerchio allungato color rosso brillante, solcato nel mezzo da una croce bianca. Se non avesse temuto di urtare la sensibilità del professore che le stava accasciato davanti, probabilmente si sarebbe lanciata in un parallelismo cromatico con la bandiera svizzera, ma lo sguardo di orgoglio che vide riflesso negli occhi di Massimo la fece desistere.
«Quindi la strada è questa! Ma adesso dove dobbiamo andare? Qui è un dedalo di presunti sentieri che si snodano a centottanta gradi. In che direzione proseguiamo?»
Vide Massimo portarsi una mano sotto al mento, studiare ancora una volta il piccolo disegno che se ne stava immobile accanto al suo piede.
«Noi veniamo esattamente dalla direzione verso cui punta uno dei due bracci lunghi della croce. Proseguiamo dritto, nella direzione indicata dal prolungamento del braccio!»
Francesca fece un segno di assenso, le sembrava un'idea sensata.
«D'accordo, professore. Ti seguo!» disse prima di vedere Massimo infilarsi nella boscaglia, facendosi strada con le mani.
Si inerpicarono su dalla collina, su un sentiero che via via si era fatto più chiaro, più battuto, come se il suo imbocco fosse stato volutamente reso poco riconoscibile da qualcuno.
Un precipizio a sbalzo sul mare li accompagnava sulla sinistra, mentre sulla destra la collina faceva loro da guida.
Era uno spettacolo tanto bello da togliere il fiato.
Salirono sul sentiero, superando pietre, fiori, arbusti taglienti e tutto quello che la lussureggiante vegetazione della riviera era in grado di regalare loro.
Finché non arrivarono ad un altro bivio.
Massimo smosse la terra con la punta di una scarpa. Cercò per qualche secondo nei dintorni poi, accanto ad un masso un po' più grosso degli altri, apparve nuovamente lo stemma della Quinta repubblica.
«Per di qua...»
Lo sentì quasi gridare in preda all'euforia.
Un altro sentiero, altri fiori, altri alberi, altro mare immenso, con l'isolotto di Bergeggi che appariva e scompariva in mezzo all'acqua, talvolta rivelato, talvolta nascosto dalla vegetazione.
Superarono un gruppo di piccolo massi diroccati, notando che improvvisamente il sentiero cominciava a scendere.
Francesca si arrestò all'istante. Si voltò indietro.
Lei aveva già visto quei massi!
«Massimo, hai con te i disegni che ti ha lasciato tuo nonno insieme alla prima lettera?» disse di fretta, strozzandosi quasi per l'agitazione.
«Certo! Ho tutto con me.» rovistò qualche minuto nelle tasche dei pantaloni. «Eccoli qui. Ma cos... Oh cazzo! Hai ragione!»
Prese tra le mani il foglio di carta ingiallita che le stava porgendo, lo aprì cercando di controllare la sua stessa foga, rallentando il respiro.
«È lui! Il disegno ritrae esattamente quell'ammasso di pietre!» esultò Francesca, indicando i massi poco distanti.
Vide massimo accennare un passo di corsa, raggiungerli con un balzo.
La vegetazione copriva ogni cosa, quasi come se fosse stata messa lì apposta.
Osservò le sue stesse mani dirigersi come comandate da una forza superiore verso le foglie, le osservò strapparle con foga, fino a liberare le pietre che adesso rivelavano chiaramente una costruzione umana, ottenuta a secco.
«Non è un ammasso di pietre, è un arco. Un muro, con un apertura sormontata da un arco!» quasi saltava di gioia, mentre rivelava a Massimo quello che, sicuramente, aveva già notato prima ancora che lei riuscisse a costruire una frase.
Lui le sorrise. Sembrava che avesse trovato la terra promessa. Poi superò l'apertura nella parete e si lasciò scappare un sospiro di stupore.
Francesca lo seguì, e le parve che il fiato le si fosse fermato in mezzo alla gola.
Le rovine di un'antica costruzione medioevale rilucevano in bella mostra sotto il sole di mezzogiorno. Immobili, nella loro staticità eterna. Ancora imponenti malgrado i secoli e l'incuria.
«Questo è l'antico lazzaretto di Noli. Quassù venivano portati i lebbrosi, così da tenerli lontani dalla città.» sussurrò Massimo guardandola negli occhi. «È citato in molti libri del 1200, poi le sue tracce vanno via via scemando, fino a trovarne un'ultima testimonianza nel libro della salute, redatto da uno speziale intorno al 1550. Si pensava che fosse andato distrutto!»
«Come fai ad essere sicuro che sia proprio il vecchio lazzaretto, Massimo?»
«Guarda lì!» le rispose lui, indicando una pietra proprio accanto alla porta da cui erano appena passati, sulla quale era inciso un simbolo in basso rilievo. «Quella è la croce ottagona dei cavalieri di San Lazzaro!»
Francesca si portò una mano alla bocca.
Lei non aveva mai visto una croce ottagona, e se non ce l'avesse avuta incisa davanti, probabilmente non sarebbe stata in grado di riconoscerla nemmeno se gliela avessero descritta. Ma se Massimo diceva che quello era il simbolo dei cavalieri di San Lazzaro, allora quello era il simbolo dei cavalieri di San Lazzaro. Non c'erano dubbi!
Evidentemente la sua faccia stupita non sfuggì al professore, abituato a rapportarsi con l'ignoranza travestita alla bene meglio da ore di studio, che proseguì argomentando meglio la sua tesi.
«I cavalieri di San Lazzaro, conosciuti anche come Lazzariti, furono dapprima religiosi ospedalieri e poi militari, appartenenti all'ordine di San Lazzaro di Gerusalemme. Nacquero appunto a Gerusalemme, intorno al 1100 d.c., per dare cure ed assistenza ai lebbrosi. A differenza degli altri ordini militari e religiosi che si stabilirono in Terra Santa in quel periodo, i Lazzariti non dipendevano dalla chiesa Latina, ma dalla chiesa d'Oriente, anche se dopo qualche anno passarono sotto la giurisdizione della Sacra Romana Chiesa.
A seguito della crociata del 1099 d.c., alla quale Noli partecipò brandendo il suo stemma, si diffusero lentamente in tutta Europa, e in particolar modo nelle repubbliche marinare italiane. Seguaci della regola di Sant'Agostino, vennero ufficializzati come ordine l'11 aprile del 1255, con bolla papale di papa Alessandro IV. La loro principale attività nei secoli, oltre alla cura dei poveri disgraziati che contraevano la lebbra, era quella di accogliere cavalieri di altri ordini, affetti dalla stessa malattia. Persino il grande ordine dei Templari, prevedeva nella sua regola la possibilità di entrare nell'ordine dei Lazzariti, per i cavalieri vittime del morbo.
Non è ben chiaro quando esattamente i cavalieri di San Lazzaro si trasformarono da ordine semplicemente monastico in ordine militare a tutti gli effetti, l'unica cosa certa è che parteciparono attivamente, brandendo le armi, durante la presa di San Giovanni d'Acri, nel 1191 d.c.
Continuarono ad operare per tre secoli, fino a che la Santa Sede non soppresse l'ordine nel 1400 d.c., incorporandoli ai cavalieri di Malta.»
Francesca lo guardava a bocca aperta. Non era umanamente possibile che una persona potesse ricordare a memoria tante nozioni di storia.
E la cosa che le faceva gelare il sangue nelle vene era la consapevolezza che, se si fosse azzardata a chiedere di un qualsiasi altro ordine cavalleresco o avvenimento storico, lui glielo avrebbe raccontato con altrettanta dovizia di particolari.
Di colpo si sentì ignorante, come mai si era sentita in vita sua!
Fece un passo in direzione del mare, più per scappare allo sguardo di Massimo che non si sarebbe fatto sfuggire le sue guance arrossate, che per effettiva voglia di allontanarsi da lui.
E fu in quel momento che si rese pienamente conto della meraviglia che li circondava.
«Professor Bottari, che lei sappia i lazzaretti erano delle chiese?» domandò, alzando la voce per farsi sentire al di là della boscaglia che li aveva separati.
«No, ma ogni tanto potevano averne una vicina, per garantire la salute dell'anima dei malati.»
«Ecco, mi sa che in questo caso era molto, molto vicina!» sentì i passi di Massimo raggiungerla alla schiena. «Io non sono un'esperta, ma quelli hanno tutta l'aria di essere i resti di un abside...»
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La donna a cui nessuno riuscì a dipingere gli occhi
Adventure⭐️ WATTYS WINNER ⭐️ Miglior Incipit ⭐️ Quello che sto per raccontarvi, in parte è solo leggenda. Una di quelle leggende segrete, che serpeggia nei vicoli della città vecchia, custodita dagli anziani, canzonata dai giovani, sussurrata dai bambini. È...