Noli
10 agosto 1995
Ore 9,40La casa di Massimo si trovava proprio accanto al palazzo del governo, in uno dei vicoli più antichi di Noli.
Quando aprirono la porta dello studio la sua cultura sconfinata le piombò addosso come un'aquila su un agnello indifeso.
Libri di storia facevano capolino ovunque dalle pareti, si ammassavano su una scrivania invasa di carte, restavano placidi a custodire i loro segreti accanto al camino, sulle poltrone, sui davanzali. Ovunque.
Francesca capì di essere entrata nella vita di un uomo che aveva immolato la propria esistenza al sapere.
Si sentiva quasi un'intrusa nel silenzio delle sue letture infinite, delle sue ricerche spasmodiche.
Vagò qualche minuto per la stanza, si avvicinò al camino.
Cinque cornici d'argento custodivano i ritratti di una donna e di un bambino. In alcune erano abbracciati, in altre ridevano, coprendo lo sfondo che immortalava qualche meraviglia dell'architettura del mondo, in una facevano le smorfie dal bordo di una piscina.
«Sono tua moglie e tuo figlio?» chiese, facendo scorrere un dito sulla lastra di marmo bianco che copriva l'indotto della canna fumaria.
«Sì» rispose Massimo «Clara e Andrea.»
«Tuo figlio ti assomiglia. Quanti anni ha?»
«Tredici.»
Francesca sorrise alla foto che rifletteva il suo sorriso.
«E adesso dove sono?»
«Clara è un medico, lavora all'ospedale di Savona. Andrea è a scuola... O almeno mi auguro che lo sia!» rise lui.
«Avete due lavori impegnativi, tu e tua moglie. È stato difficile crescere un bambino?» si rese conto che probabilmente aveva una fatto una domanda troppo personale ad un uomo che conosceva da poco più di un'ora.
«Lo è stato, ma i miei suoceri sono persone straordinarie. Ci hanno sempre aiutato nella gestione della vita di Andrea.»
Francesca annuì.
«E tu e tua moglie?» le era scappata un'altra domanda inopportuna.
Ma stava cercando di fare di tutto per scacciarsi di dosso la paura provata poco prima. E voleva sentire parlare di banalità, di vita normale.
«Io e mia moglie ci vediamo poco, pochissimo. Lei ha orari assurdi e io spesso sto fuori per giorni interi, inseguendo qualche scavo in un qualche paesino sperduto d'Italia... Ho sempre pensato che il nostro sia il segreto perfetto per avere un buon matrimonio!» disse Massimo ridendo.
Francesca annuì. Forse aveva ragione.
«Aspettami qui.» le intimò improvvisamente lui con tono gentile, prima di sparire al di là del corridoio, per poi riapparire qualche istante più tardi, con una caraffa resa opaca da un frigo tenuto al massimo della potenza.
«È da questa mattina che tento invano di farti bere un bicchiere d'acqua.» disse sorridendo al suo sguardo che sapeva ancora invaso dalla paura.
«A questo punto direi che posso accettare! È dalla mia folle corsa giù da Monte Ursino che muoio di sete.»
Prese il bicchiere che lui le porgeva, lo strinse tra le mani e diede una lunga sorsata di acqua gelata.
Il liquido limpido donò un minimo di sollievo alla sua gola arsa, attenuando il terrore che continuava a non abbandonarla.
«Vieni, conservo tutta la roba di mio nonno giù in cantina. Se non ti fa impressione qualche ragno, allora è un bel posto per passare qualche minuto al fresco.»
Francesca annuì, posando il bicchiere su un tavolino, ricolmo anch'esso di libri, così come lo era tutto il resto.
Pochi secondi dopo si trovò a scendere da una scala che doveva contare gli anni della città stessa. Un cunicolo semi buio di pietra verdastra.
Massimo intercettò il suo sguardo.
«Sono le pietre delle cave che un tempo esistevano a Monte Ursino. Viene chiamata pietra del Sino, nome derivante appunto da quello del monte. La lavorazione è a bugnato listato, la stessa che puoi trovare sul basamento della torre del Canto e della torre del Governo.»
«Grazie professore!» disse Francesca lasciandosi scappare una risata, alla quale Massimo rispose battendosi una mano sulla fronte.
«Ti chiedo scusa, deformazione professionale!»
Un'altra risata e a Francesca si aprì sotto gli occhi uno spettacolo al quale avrebbe stentato a credere se non fosse stato lì, proprio davanti a lei.
Una cantina dalla volta a botte di dimensioni immense faceva bella mostra di sé, in tutta la sua imponente maestosità. I muri erano strani, come rovesciati, la parte bassa sporgeva rispetto al resto, creando l'effetto di un tunnel.
«Si chiama a basamento rovesciato. È tipico delle costruzioni medievali della Liguria e di alcune zone del Piemonte. Il basamento sporge rispetto al muro e riprende la volta sovrastante. Questo espediente permetteva di rendere le fondamenta capaci di sopportare carichi enormi. E con questo finisco le mie spiegazioni da professore! Non so che farci, è più forte di me!» disse Massimo ridendo.
«Non smettere! La cosa mi aveva incuriosito, e senza che te lo chiedessi mi hai risposto alla mia domanda. Direi che questo tuo atteggiamento da docente in licenza mi piace parecchio!» gli sussurrò, mentre lo seguiva al centro della stanza e lo guardava aprire un baule di legno appoggiato su un tavolo di fortuna.
Ne estrasse una chiave strana, che invece della classica forma sembrava essere una stella tozza, un mazzo di lettere, di carte spiegazzate, di schizzi a carboncino e di foto che ritraevano monte Ursino e alcuni vicoli di Noli.
«Tutto quello che mi ha lasciato mio nonno è qui. Un'accozzaglia di disegni e foto, una chiave che non apre niente, e questa lettera che, se possibile, è ancora più enigmatica del resto.»
Francesca prese la carta tra le mani, era sottile, ingiallita e solcata da una grafia elegante, tipica di una mano che era abituata a mettere su tela le emozioni.
Trovò una sedia poco distante, ci si abbandonò sopra.
Lentamente la paura stava scemando, lasciando spazio ad una curiosità e ad una voglia di scoperta che aveva avvertito poche volta in vita sua.
Cominciò a leggere a voce alta, con quella strana sensazione di essere in procinto di conquistare il suo posto nella storia.
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La donna a cui nessuno riuscì a dipingere gli occhi
Adventure⭐️ WATTYS WINNER ⭐️ Miglior Incipit ⭐️ Quello che sto per raccontarvi, in parte è solo leggenda. Una di quelle leggende segrete, che serpeggia nei vicoli della città vecchia, custodita dagli anziani, canzonata dai giovani, sussurrata dai bambini. È...