Capitolo 7 - il vecchio porto

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Noli
10 agosto 1995
Ore 8,30

La torre del comune svettava verso il cielo, con il suo orologio baciato dai raggi del sole del mattino.
La caserma dei carabinieri era poco distante, capace di infondere una tranquillità che Massimo vedeva chiaramente riflessa nelle spalle della donna che aveva davanti.
Le aveva chiesto se voleva entrare, se voleva farsi accompagnare a casa da un appuntato.
Le aveva offerto l'ennesimo bicchiere d'acqua e alla fine, al suo ultimo rifiuto, le aveva proposto di sedersi su una delle panchine accanto al parco giochi dei bambini.
Gli era sembrato un posto in cui lei avrebbe potuto sentirsi al sicuro.
Non avevano più parlato.
Lui poteva vedere chiaramente mille pensieri ronzarle nella testa. Mille domande a cui forse aveva cercato di dare una risposta.
E se fosse davvero stata lei?
Se Giacomo avesse avuto ragione?
Ma poteva seriamente chiederle di posare per un ritratto? Ad una donna che fino a poco prima era stata tanto terrorizzata da scoppiare in un pianto disperato davanti ai suoi occhi?
No, non poteva.
Eppure sentiva che quella che aveva davanti era una persona in cerca di risposte. Sentiva che, forse più di lui, aveva la necessità di capire cosa diavolo le stava succedendo intorno.
«Signorina, lei ha mai sentito...»
«Francesca, mi chiamo Francesca.»
Il cuore di Massimo cominciò a battere all'impazzata.
Francesca, Monna Francesca.
La dama di Noli.
Cercò di calmare la vibrazione che sicuramente avrebbe potuto incrinargli la voce.
«Lei ha mai sentito parlare della leggenda di Noli?»
Gli occhi di Francesca gli si puntarono addosso come due pistole cariche, pronte a fare fuoco.
«No! Quale leggenda?»
Massimo sospirò per un attimo. La brezza del mare portava l'odore della salsedine, mischiato a quello dei secoli, custodito tra i vicoli.
«Lei conosce la storia delle repubbliche marinare, immagino...»
Un cenno del capo della donna che aveva seduta accanto sancì il permesso di continuare a raccontare una storia vecchia di quasi un millennio.
«Bene, allora saprà che esistevano queste città fortificate, nate nel periodo delle crociate.» si sentiva uno stupido professore, mentre lasciava uscire una banale lezioncina, seduto su una panchina di solito occupata dai vecchietti in pensione.
«Certo! Genova, Amalfi, Pisa e Venezia!» lo interruppe Francesca.
«Ecco, non esattamente. O meglio, non solo.»
Vide lo sguardo della donna assottigliarsi per un attimo, cercando una risposta che poteva sembrare tanto assurda quanto desiderata.
«Le repubbliche marinare non furono solo quattro. Quelle che ha giustamente citato sono le più conosciute, è vero, ma in realtà furono otto... E lei, in questo momento, è seduta nel bel mezzo dell'antico porto della quinta.»
Francesca spalancò la bocca.
«Vuole dire che Noli...»
«... che Noli era la Quinta repubblica, esattamente!»
Ancora una sguardo tra lo stupito e il curioso.
«D'accordo, ma cosa c'entra con me?»
Massimo fece un nuovo sospiro. C'era davvero un modo che potesse sembrare sensato per dire cosa aveva da dirle?
No, non c'era. E allora proseguì, così come era capace di farlo.
«Ecco signorina, una leggenda aleggia su Noli.» Cercò i suoi occhi. Quando li trovò ci vide dentro solo la necessità di sentirlo parlare, di farsi raccontare una storia vecchia di nove secoli. «Nell'anno del Signore 1192, il 7 di agosto, i marchesi del Carretto, con atto redatto nella chiesa di San Paragorio, incoronarono Noli come repubblica indipendente, libera dal marchesato di Savona. Quel giorno un pittore, il pittore ufficiale della repubblica, avrebbe dovuto essere presente alla cerimonia, avrebbe dovuto dipingere il grande evento. Ma Gioacchino di Ferruccio del Bottari, quel giorno, era rinchiuso in quella che oggi è la torre del Canto, e decise di dipingere un ritratto della donna di cui era perdutamente innamorato."
«Del Bottari... Si chiamava come lei...»
Massimo abbassò lo sguardo.
Monna Francesca, la sua Monna Francesca, se davvero quella che aveva davanti lo era, non solo vantava una bellezza da togliere il fiato, ma era anche intelligente, attenta e curiosa.
«Esattamente! Vede, la leggenda vuole che quel pittore innamorato, lanciasse involontariamente una maledizione. Disse alla donna che amava e che aveva ritratto, che la grandezza di Noli sarebbe durata finché i suoi occhi fossero rimasti impressi sulla tela e fossero stati visibili dai posteri.»
Francesca lo guardava con un misto di entusiasmo e paura, come se sentisse qualcosa salirle dallo stomaco.
No, Massimo non poteva essere sicuro che fosse lei, almeno finché non avesse provato a dipingerle gli occhi, eppure qualcosa gli diceva che quella donna, che gli stava accanto, era l'erede vivente della dama del dipinto scomparso.
«Il ritratto fu custodito nella torre di Monte Ursino fino al 2 dicembre 1797, notte in cui le truppe Napoleoniche della campagna d'Italia, presero Noli, sancendo la fine della repubblica.»
Francesca si portò una mano alla bocca.
«Quindi il ritratto è andato perso per sempre?» aveva fatto uscire appena un sussurro dalle labbra.
«Sì.» proseguì Massimo « la donna amata da Gioacchino si chiamava Francesca di Pietro Ceretti.»
«Si chiamava Francesca come me? Questo dovrebbe legarmi alla leggenda?» una risata nervosa interruppe la brezza del mattino.
Massimo abbassò gli occhi, cercando le parole giuste per raccontare una storia tanto assurda.
Poi improvvisamente gli venne un'idea.
«Non è tanto il fatto che si chiamasse Francesca come lei, signorina quanto, se la mia teoria è giusta, il fatto che si chiamasse Francesca anche come sua nonna, e come la nonna di sua nonna...»
La vide spalancare la bocca, ancora una volta.
«Lei come lo sa?»
Massimo fece un lungo respiro.
Maledizione! Era lei!
«La leggenda narra di una donna di nome Francesca, nipote della Francesca precedente, che appare a Noli ogni cinquanta anni circa. Una donna sempre uguale, con gli occhi azzurri. Occhi, per citare le parole esatte, liquidi e difficili da dimenticare.» fece una pausa, poi proseguì. «E narra di un pittore, anche lui nipote del pittore prima, a cui spetta il compito di dipingere Monna Francesca e di consegnare alla storia il ritratto. Vede, signorina, non è un caso che io porti il cognome Bottari.»
Francesca aprì i suoi enormi occhi azzurri che, alla luce del sole del mattino, sembrarono ancora più belli, ancora più difficili da dimenticare.
«Quindi è lei il pittore, e lo era anche suo nonno e il nonno di suo nonno...»
«Proprio così!» si lascio scappare una risata tra i denti.
«Professor Bottari, ma se anche suo nonno e il nonno di suo nonno hanno dipinto questa donna, dove sono adesso i ritratti? La campagna d'Italia, ha razziato i vecchi, ma i nuovi, quelli dal 1797 in poi?»
Maledizione! Se quella donna dagli occhi splendidi e dai lineamenti sottili avesse continuato a mostrare anche tanta intelligenza, avrebbe finito per innamorarsi.
«A quelli hanno pensato i nazisti, signorina! Praticamente nessuno ha più memoria visiva di Monna Francesca. Mio nonno aveva il ritratto di suo nonno, e suo nonno quello di suo nonno ancora prima. A me tocca basarmi semplicemente sulle supposizioni, e sulla possibilità di dipingere gli occhi della donna che ho davanti.»
«Cosa significa? In che senso la possibilità di dipingere... Insomma, diciamo per assurdo che la Francesca sia io, in che senso la possibilità di dipingere i miei occhi?»
«Vede, signorina...»
«Francesca, io sono Francesca. Mi sembra inutile continuare a mantenere questa formalità» lo interruppe quasi bruscamente.
«D'accordo, ma solo se io smetterò di essere professore e diventerò Massimo!»
«D'accordo» disse lei, tendendo la mano nella sua direzione.
Massimo la strinse, sentendo brividi di eccitazione che gli si infilavano su dalle braccia, per scomparire nel collo.
Era lei.
In quello stesso istante aveva toccato la sua parte di storia.
«Ti dicevo, Francesca, la leggenda chiama la dama di Noli la donna a cui nessuno riuscì a dipingere gli occhi. Non so il perché, mio nonno è morto che ero solo un ragazzino, e mi ha raccontato una storia che negli anni si è mischiata a ricordi confusi, a sensazioni, a ipotesi che sono diventate indistinguibili dal racconto. Mi trovo ad essere il primo pittore, in quasi mille anni, a non avere una maledetta traccia da seguire! Oltre ad essere il solo, dopo il nipote di Bartolomeo del Bottari, pittore della repubblica nel 1797, a non avere un quadro a cui far riferimento. Se vedessi il ritratto che mio nonno fece a tua nonna, allora magari potrei avere la certezza che sia tu la Francesca della leggenda... E invece, tutto quello che posso fare è basarmi sul fatto che eri a monte Ursino all'alba del 10 agosto, che hai due occhi da togliere il fiato e che ti chiami Francesca, come tua nonna e come la nonna di tua nonna. Un po' poco, non trovi?» disse sollevando le spalle, quasi in segno di scusa.
«Forse, ma penso di poterti aiutare...» disse la donna nascondendo un sorriso.
Massimo si pietrificò a guardarla. Che anche l'erede di Monna Francesca avesse qualche leggenda tramandata da nonna a nipote?
La osservò rovistare freneticamente nello zaino, estrarne un portafoglio gigantesco che doveva pesare almeno due chili, aprire anche quello e cercare disperatamente qualcosa all'interno.
Quando lo trovò un lampo di gioia le prese possesso delle iridi fatte di acqua di mare.
«Ecco professore, vedi? So che forse qui siete così appassionati di medioevo da tentare in ogni modo di viverci dentro, ma sai, da qualche anno a questa parte, esiste la fotografia... E questa è mia nonna, qualche anno più giovane di me adesso!» disse mentre gli depositava sulle gambe un ritratto in bianco e nero di una donna bellissima, in tutto e per tutto uguale a quella che gli sedeva davanti.
«Allora sei tu... monna Francesca sei tu!» lo sussurrò a mala pena, mentre sentiva lacrime vecchie di anni invadergli gli occhi.
La donna lo guardò, poi sorrise ancora.
«Tutti hanno sempre ritenuto qualcosa di fantastico il fatto che io e mia nonna fossimo esattamente uguali. Noi ci abbiamo sempre giocato su. Spesso ho fatto virare in bianco e nero alcune mie fotografie che mi ritraevano a fare cose assurde, poi le stampavo e la prendevo in giro, chiedendole come faceva a brandire un telefonino negli anni '60! Evidentemente nessuno aveva mai capito quanto, tutto questo, fosse effettivamente fantastico! Forse solo mia nonna, che però non mi ha mai detto niente!» fece una pausa, puntò le iridi liquide nelle sue «È così importante per te questa storia, Massimo?»
Il professore di storia, abituato ad interagire solo con vecchi tomi impolverati e con un barista folcrostico, sentì improvvisamente il cuore battergli all'impazzata sotto le costole.
«Sì, lo è! Lo devo a mio nonno, lo devo a Noli, e forse lo devo anche un po' a me stesso, per aver cercato tracce di questa leggenda dal giorno in cui ho imparato a leggere.» disse appena, con voce sottile.
«Allora dipingimi! Regala a Noli la sua nuova Monna Francesca.» gli rispose lei sorridendo.
Massimo sentì per un attimo la voglia di piangere, poi provò l'impulso di abbracciarla ed infine di saltare di gioia.
Guardò Francesca. Voleva provare a ringraziarla. Per essere vera, per aver acconsentito a sottomettersi alla follia della sua città, per avergli creduto, malgrado la storia assurda che aveva da raccontarle, quando, incrociando i suoi occhi, ci vide dentro il terrore.
«Massimo è lui! L'uomo che mi seguiva questa mattina. È davanti alla caserma dei carabinieri!»
Lui si voltò di scatto.
«Lo conosci? Sai chi è?» la voce di Francesca era invasa di paura.
«No, non lo conosco. Ma dobbiamo andarcene!»
«Perché? Allora avevo ragione ad avere paura!»
«Non lo so Francesca, forse no. Ma qualcosa non mi piace! Qualcosa che mi ha lasciato scritto mio nonno... Ti fidi di me?»
Francesca lo guardò tentando di studiarlo. Poi improvvisamente sorrise in mezzo al panico.
«Sì!»
«Allora seguimi, dobbiamo andare a casa mia. Lì ci sono i pochi scritti che mi ha lasciato mio nonno. Forse insieme potremo capire qualcosa in più di questa storia!»

La donna a cui nessuno riuscì a dipingere gli occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora