Capitolo 15 - l'abside rivolta verso il mare

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Chiesa di San Lazzaro
Antico sentiero del pellegrino
10 agosto 1995
Ore 14,00

Massimo non riusciva a credere ai suoi occhi.
I resti di una chiesa del 1200 d.c. spiccavano tra la vegetazione, importunando l'orizzonte del mare di un blu quasi irreale.
Era un'abside, non c'erano dubbi, anche qui come era accaduto per San Paragorio, rivolta verso il mare, quasi a volergli mostrare il suo profilo migliore.
Quel mare che aveva garantito la grandezza di Noli nei secoli.
Le pietre diroccate erano ammassate su un terreno ricoperto di terra dura e di foglie secche, tra le quali lo strisciare di qualche abitante della vegetazione ligure, generava rumori quasi sinistri.
«Guarda Massimo! Lo stemma di Noli!» gli urlò Francesca da dietro la spalla, indicando un nuovo basso rilievo inciso sulla parete che un tempo doveva essere stata dietro all'altare.
Si avvicinò al punto esatto che la donna gli stava indicando per riuscire ad osservare meglio.
«No, non è lo stemma di Noli, ma quello degli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme. Anche loro un ordine religioso cavalleresco nato intorno all'anno Mille, e reso ufficiale da papa Pasquale II nel 1113 d.c.
Evidentemente la chiesa è stata costruita dai Giovanniti e poi, successivamente, è stato annesso il lazzaretto costruito dai cavalieri di San Lazzaro.»
Francesca si portò una mano al mento con fare pensoso.
«Senti, adesso te lo devo dire. Con il sigillo delle Quinta repubblica sono stata zitta per non urtare la tua sensibilità, ma questo simbolo dei Giovannini... Giovannelli... come cavolo si chiamano... è uguale alla bandiera della Svizzera!»
Massimo scoppiò in una risata fragorosa che si infranse sulle rovine dell'antica chiesa.
«Non esattamente, Francesca. La bandiera svizzera ha la croce disegnata all'interno di un fondo rosso, il simbolo dei Giovanniti» sottolineò l'esatto nome dell'ordine cavalleresco. «Ha la croce bianca che sborda e che quindi va a terminare esattamente dove termina il sigillo. Comunque sì, ci assomiglia molto!»
Vide Francesca fare una smorfia di scherno, mentre senza tante riserve prendeva in giro con rispetto la sua cultura sul medioevo che, egli stesso, riconosceva come immensa.
«Guarda qui. Vedi?» disse Massimo indicando le antiche rovine. «La chiesa doveva essere ad una sola navata, con una volta a botte. È pietra del Sino, anche questa, come quella del basamento delle torri. Dai resti sembra che non avesse un campanile, ma non ne sono sicuro. Qui le rovine sono completamente distrutte.»
Francesca si sporse per guardare meglio.
La vide addentrarsi nella antica abside, superando traballante alcuni massi rotolati a terra, che rendevano l'incedere difficoltoso e insicuro.
Improvvisamente la sentì urlare, poco prima di rovinare a terra con un tonfo e di sparire alla sua vista, nascosta da quello che un tempo doveva essere il basamento dell'altare.
Avvertì le sue stesse gambe muoversi di scatto in preda allo spavento.
«Ti sei fatta male?» urlò, cercando di superare le rovine senza cadere nella sua stessa trappola.
«No, sto bene, sto bene! Sono scivolata su queste maledette pietre malferme!» rispose Francesca con voce leggermente ovattata dalle rovine.
Poi la sentì gridare di nuovo.
«Massimo!! Vieni, presto! Qui c'è qualcosa!»
Si lanciò sul terreno instabile, maledicendo i suoi mocassini da barca che, erroneamente, aveva scelto di indossare quella mattina all'alba.
Superò i massi più grossi, atterrando con non poche difficoltà sul terra dura, invasa di pietre più piccole. Raggiunse il retro dell'altare, dove trovò Francesca praticamente sdraiata, con lo sguardo puntato dritto verso il grosso masso sacro di sostegno e il dito che tremava leggermente indicandogli un punto nascosto.
«Lo stemma di Noli, Massimo! Questa volta ne sono sicura!»
Si chinò per vedere meglio.
Sotto la pietra d'altare una piccola nicchia faceva bella mostra di sé tra i rovi. All'interno, un piccolo sasso levigato portava impresso il cerchio allungato con la croce bianca. Il sigillo della Quinta repubblica.
«Maledizione, hai ragione!» si fece scappare tra i denti infilando la mano nel piccolo anfratto nascosto dai ruderi.
La pietra era liscia, fredda, e sembrava posta lì come a nascondere qualcosa.
Massimo spinse con forza. La lastra si mosse leggermente.
«Qui dietro c'è un vuoto, come nella parete di casa tua. Sembra un anfratto murato da un mattone!»
Provò a spingere da un solo lato, cercando di far ruotare la pietra su se stessa.
Il bassorilievo si sottomise al tocco della sua mano, rivelando un piccolo spazio creato sotto l'altare.
Spinse il braccio all'interno del buco umido, rovistò velocemente con le dita.
Improvvisamente i suoi polpastrelli urtarono qualcosa. Sembrava meno freddo della pietra tutto intorno.
Afferrò l'oggetto con qualche difficoltà e con attenzione lo liberò dal suo nascondiglio.
Un piccolo scrigno di legno, esattamente uguale a quello che aveva dissepolto nella casa di Francesca, gli ammiccò dalle mani.
«Dio mi sento così... Aaah che emozione!» esclamò Francesca battendo le mani.
Massimo si lasciò scappare una nuova risata. Quella donna era semplicemente spettacolare. Così spettacolare da riuscire quasi ad annientare il potere eccitante della storia che gli si stava consumando davanti.
Con un gesto rapido fece scattare la piccola chiusura di ottone dello scrigno.
Una nuova lettera ripiegata con grazia riposava placida nel suo alloggiamento misterioso.
La prese tra le mani, la aprì con attenzione per non rischiare di distruggere quello che pensava essere un nuovo indizio, mentre con la coda dell'occhio vide Francesca sporgersi oltre la sua spalla per vedere il nuovo, piccolo tesoro.
La carta sembrava meno vecchia di quella su cui aveva trovato le lettere di suo nonno. Più simile a quella della nonna di Francesca, che era stata scritta in epoca più recente.

San Lazzaro ha svelato i suoi segreti. Santa Margherita attende a picco sul mare. La vecchia via del sale porta a Varigotti, Monna Francesca lo sa.

Massimo lesse a voce alta. C'era solo quello, nient'altro.
Quattro righe che avevano rivelato più interrogativi che risposte.
Puntò gli occhi in quelli della donna che aveva davanti e che lo guardava con un punto interrogativo praticamente tatuato sulla faccia.
«Cosa dovrei sapere io?» chiese quasi in preda allo sconforto. «Io non so niente, ho appreso di tutta questa storia poco più di sei ore fa!»
Massimo si alzò in piedi, sentendo le ginocchia che cominciavano a dolere per l'accoppiata devastante tra arrampicata e accovacciamento prolungato.
Ogni tanto i suoi cinquanta anni si facevano sentire in tutta la loro potenza spietata.
«Non lo so, ma Varigotti è di là.» disse indicando l'orizzonte verso Capo Noli. «La lettera cita un'antica via del sale. È facile pensare che passasse sulla collina. Probabilmente era la vecchia via Aurelia romana. Si è sempre saputo che i faraglioni di Noli, a picco sul mare, non avrebbero potuto essere scavati all'epoca dei romani. Sarebbe stato troppo dispendioso e pericoloso. Sono anni che gli studiosi cercavano la vecchia via Aurelia... E penso che noi l'abbiamo appena trovata! Sono quasi convinto che ci siamo sopra.»
Francesca lo guardò ancora. Aveva due occhi impossibili da descrivere a parole, e Massimo pensò a quanto fosse crudele la consapevolezza di non riuscire a dipingerli.
Già, dipingere. Non appena avessero completato la ricerca che li stava conducendo non si sapeva dove, avrebbe preso la tela, e avrebbe regalato alla storia i lineamenti perfetti della Monna Francesca del suo tempo.
«Sì, ma resta il fatto che io non so niente! A parte il fatto che Varigotti è di là, proprio come lo sai tu.» interruppe i suoi pensieri con un un broncio da bambina.
«Cominciamo a camminare verso Varigotti, il sentiero era ancora visibile davanti all'ingresso del lazzaretto. Se siamo fortunati potremo percorrerlo senza difficoltà. Poi speriamo in un nuovo stemma che ci indichi la direzione al primo bivio che incontreremo.» disse Massimo cercando inutilmente di pulirsi le ultime tracce di terra accumulatesi sui suoi pantaloni.
Francesca si tirò in piedi a fatica, si sistemò meglio lo zaino sulle spalle, poi gli sorrise, con quel suo modo di sorridere che sapeva fargli tuonare il cuore all'interno della cassa toracica.
«D'accordo! Andiamo. Qualcosa ci inventeremo!»
Uscirono dal lazzaretto lanciando un ultimo sguardo alla meraviglia che si stavano lasciando alle spalle.
Massimo si premurò di riscoprire alla bene meglio con il fogliame i resti della costruzione medievale. Era quasi sicuro di aver seminato il loro presunto inseguitore, ma la prudenza non era mai troppa.
Proseguirono sul sentiero che, dopo averli costretti ad una discesa impegnativa, aveva cominciato nuovamente ad inerpicarsi sulla roccia.
Camminarono per circa una mezz'ora. Lui davanti, Francesca dietro, intenta a far vagare i suoi occhi sul panorama magnifico che li accompagnava ormai da ore.
All'improvviso, dopo una curva, il sentiero sfociò su uno slargo di terra battuta, dal quale partivano, in tutte le direzioni, almeno quindici percorsi diversi. Alcuni più visibili, altri completamente camuffati dalla vegetazione.
«Merda!» imprecò Massimo, attirando l'attenzione di Francesca che smise di dedicarsi alla vista mozzafiato.
«Cosa succede?»
«Guarda!» disse, indicando una dopo l'altra con il dito, tutte le direzioni possibili.
«Avanti, mettiamoci a smuovere la terra vicino all'imbocco di ogni sentiero. Lo stemma di Noli sarà da qualche parte e ci indicherà la via da seguire.» affermò secco, chinandosi accanto ad un masso vicino alla prima direzione possibile, posta alla sua destra.
Quella dannata diramazione avrebbe fatto perdere loro un sacco di tempo!
«Massimo...» sussurrò a malapena Francesca.
«Tu comincia da quello verso il mare, io sto cercando vicino a questo, verso la collina. Ci incontreremo nel centro.» le disse, mentre la guardava immobile in piedi, in mezzo allo spiazzo polveroso.
«Massimo...» ancora solo un sussurro.
Qualcosa non andava.
Si alzò velocemente da terra, la raggiunse nello spazio centrale, in cui il sole riusciva a filtrare tra i rami della boscaglia.
Lei si girò a guardarlo. Aveva gli occhi pieni di lacrime.
«Cosa succede, Francesca?» chiese in preda ad una preoccupazione che gli sembrò troppo prorompente.
«Guardati bene intorno, Francesca. Facciamo un gioco!» la voce della donna era sottile, come persa in qualche luogo che lui non sapeva dove fosse.
«Stai male? C'è qualcosa che non va?»
Silenzio.
«Francesca parlami, ti prego! Mi stai spaventando!»
I suoi occhi tornarono presenti, come se fosse riemersa dalle pieghe del tempo.
«Massimo, io sono già stata in questo posto... Ci sono già stata tante volte!»

La donna a cui nessuno riuscì a dipingere gli occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora