Capitolo 28 - cosa scriveresti?

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Noli
12 agosto 1995
Ore 19,30

Massimo non era più stato in grado di parlare, in quel sotterraneo pieno di meraviglia.
Le tracce tangibili del passato di Noli avevano sfilato sotto i suoi occhi per ore intere.
C'erano carte vergate dal sigillo papale, lettere dei signori di Genova, del Doge di Venezia, dei reali di mezza Europa.
Carte nautiche, testi arabi incomprensibili, disegni... Di tutto.
La datazione al carbonio 14 avrebbe sicuramente decretato l'autenticità dei documenti, cambiando per sempre la storia d'Italia e del mondo.
Ma Massimo aveva ancora un lavoro da portare a termine, prima di scoprire quale sarebbe stato il suo destino.
Se ne stava in piedi, con un pennello stretto nella mano e la tavolozza che era appartenuta a suo nonno nell'altra.
Francesca era seduta accanto alla finestra.
Lo guardava divertita, mente lui spremeva i tubetti dei colori ad olio, accatastati in malo modo sulla base del cavalletto.
«Allora, pittore, vogliamo finire di dipingere l'ultima Monna Francesca di questo millennio?» gli disse ridendo.
Massimo aveva le mani che tremavano. Aveva già riempito di colore le linee del viso, donato quel tocco di rosa inconfondibile alle guance, dipinto le labbra che si era scoperto a desiderare.
Aveva tracciato la linea sottile del collo, con la luce che tagliava la carotide, imprimendo ombre leggiadre sul primo accenno di seno.
I capelli scendevano sulla fronte fatta di colore e tela, lambivano le sopracciglia, fino ad assottigliarsi e sparire completamente nel rosa della pelle.
Guardò Francesca ancora una volta.
Amava quella donna. L'amava di un amore che non aveva mai provato in vita sua.
Era qualcosa di potente, che trascendeva la ragione.
Qualcosa a cui lui non riusciva ad opporre resistenza.
Ma la cosa che più di tutti lo turbava ed eccitava allo stesso tempo, era vedere riflesso negli occhi di lei quello stesso sentimento assurdo. Così implacabile. Così meraviglioso.
Fece un respiro profondo, intingendo il pennello nell'azzurro intenso che aveva creato sulla tavolozza.
Poi chiuse le palpebre.
Avvertì la sua mano muoversi nell'aria, fino a sentire tra le dita la sensazione delle setole che toccavano la tela.

.....

Francesca restava immobile.
Aveva il cuore che le batteva nelle tempie.
Lo guardava lì, concentrato dietro ad un cavalletto che le sembrava troppo distante.
Si era innamorata di lui.
Di un amore profondo, dirompente.
Un amore che non pensava si potesse provare.
Tutto di quell'uomo la faceva sentire felice. Tutto di lei stessa le piaceva, quando gli stava accanto.
Ed era una sensazione bellissima.
Erano al cospetto di quel ritratto da portare a termine ormai da ore.
Il pomeriggio aveva rubato lo scettro al mattino per poi lasciarsi avvolgere dalla penombra del tramonto.
Dopo ore di attesa, a posare immobile per l'uomo che amava e per la leggenda che aveva segnato la sua vita, improvvisamente, vide Massimo chiudere gli occhi e fare un lungo respiro.
Lo osservò muovere lentamente il pennello nell'aria.
Quando riaprì le palpebre una strana espressione gli solcava il viso.
Diede due pennellate veloci, corrucciò la fronte, asciugandosi subito dopo una traccia di sudore che la imperlava.
Ancora un rapido movimento delle setole sulla tavolozza. Un'altra pennellata.
Poi ancora una, un'altra, un'altra ancora.
Massimo sembrava prigioniero in uno stato di tranche.
Dipingeva senza più guardarla, con gesti rapidi, con il fiato corto.
Quando finalmente arrestò i suoi movimenti, il fragore di un sospiro strozzato la colpì come un pugno allo stomaco.
«Francesca...» sussurrò.
Poi sollevo gli occhi dalla tela.
Li puntò nei suoi.
«Sono innamorato di te!»
Lei ebbe un fremito.
«Massimo io...»
«Tu sei innamorata di me.» fece una pausa, le sorrise. «Così come Gioacchino di Ferruccio del Bottari e monna Francesca di Francesco Ceretti erano innamorati l'uno dell'altra.»
Francesca sentì le guance diventare incandescenti.
Massimo proseguì.
«Abbiamo letto le lettere che ogni pittore della repubblica, dopo Gioacchino, ha lasciato nella cassa per i posteri. Tutti parlavano della loro dama, tutti ne decantavano la bellezza. Ma nessuno mai ha nemmeno lontanamente parlato di essersi innamorato di lei.»
Francesca spalancò la bocca, stava cominciando a capire.
«Abbiamo poi letto tutte le lettere delle Francesche che hanno attraversato i secoli. Tutte parlavano della stima che nutrivano nei confronti del pittore, del percorso che insieme a lui avevano dovuto affrontare. Mai nessuna, a parte la prima monna Francesca, ha scritto di essersi innamorata di lui.»
Francesca avvertì le lacrime bagnare la pelle delle guance.
«Se tu dovessi scrivere una lettera per descrivere noi, il nostro percorso, la nostra avventura. Una lettera da lasciare alle tue eredi, così che possano conoscere la parte di te che nessun altro, a parte me, conosce, cosa scriveresti?» le chiese con un sorriso.
Francesca trattenne il respiro. Poi dischiuse le labbra e lasciò uscire quel sentimento che le si dibatteva sotto le costole. «Che ti amo come non credevo fosse possibile amare...» sussurrò.
Massimo sorrise ancora, poi annuì piano con la testa. «È quello che scriverei anche io!»
Per un attimo le parve che il cuore si staccasse dalle arterie, che tentasse di risalire la gola e che le si infilasse nella bocca.
Si alzò dallo sgabello. Le gambe sembravano non reggerla in piedi.
«Massimo, vuoi dirmi che...»
«Che sono riuscito a dipingere i tuoi occhi, mia signora! E sono la cosa più bella che io abbia mai visto!»

La donna a cui nessuno riuscì a dipingere gli occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora