Castello di monte Ursino
12 agosto 1995
Ore 00,15Francesca osservò Massimo estrarre dalla tasca dei pantaloni la piccola chiave che aveva ricevuto in eredità da Carlo.
Lo vide alzarsi sulle punte, far combaciare con attenzione il maschio e la femmina della strana serratura.
Con un movimento secco e un leggero sforzo, diede un mezzo giro alla chiave e uno strano rumore di ferraglia sembrò improvvisamente provenire dall'interno della parete.
Francesca sentiva il cuore batterle praticamente negli occhi. Aveva la salivazione azzerata e un sudore freddo le percorreva la schiena sotto la maglietta di due taglie più grandi della sua.
Improvvisamente la nicchia che sembrava più nuova delle altre si mosse, come se ruotasse su un cardine nascosto nel muro, rivelando un minuscolo passaggio in cui un uomo adulto avrebbe fatto fatica a passare senza abbassarsi e infilarsi di lato.
«Maledizione, Eccolo! Francesca eccolo! Il segreto di monte Ursino! Eccolo, Francesca, eccolo!» Massimo aveva gli occhi pieni di lacrime che si accendevano alla luce della torcia elettrica, mentre quasi saltava per l'emozione, stringendola convulsamente tra le braccia.
«Cosa aspettiamo, Massimo? Entriamo!» gli disse con l'eccitazione che le faceva tremare leggermente la voce.
Lui le rivolse un cenno frettoloso del capo, allungando una mano in avanti per farsi porgere la torcia e provare a scalfire il buio che invadeva il passaggio segreto.
«C'è una scala che scende, creata tra questo muro e quello esterno del maschio!» sussurrò mentre appoggiava il piede sul primo gradino.
In quell'istante un fruscio sibilò alle loro spalle.
Si voltarono di scatto in preda al terrore.
Un uomo alto, di circa quarant'anni se ne stava fermo in mezzo alla stanza circolare della torre. Aveva i capelli biondi, pettinati di lato con un riga perfettamente disegnata. E puntava loro addosso la canna di una pistola.
«Molto, molto bene! Finalmente vi siete decisi ad arrivare.» biascicò mellifluo con uno spiccato accento tedesco. «Erano anni che aspettavo questo momento!»
Massimo si parò davanti a Francesca, così come aveva già fatto nella grotta dei falsari poche ore prima, e la nascose dietro al suo corpo.
Ma questa volta lei sapeva che non sarebbero stati altrettanto fortunati. L'uomo che avevano in piedi davanti non nascondeva sorrisi e modi d'altri tempi. No, lui brandiva una pistola e aveva negli occhi lo sguardo di chi non aveva niente da perdere ed era pronto a giocarsi tutto per la causa che inseguiva.
«Chi è lei? Cosa vuole?»
«Mi chiamo Hans Schmidt, e cosa voglio penso che tu lo sappia, pittore!» si guardò per un attimo le unghie di una mano con fare svogliato, continuando a puntare loro addosso la canna dell'arma con l'altra.
«Mi dispiace, nulla di personale, ma sono costretto ad uccidervi! Anche se è un vero peccato, soprattutto una bella ragazza come te.» disse guardandola negli occhi. «È impressionante la tua somiglianza con quei tre quadri che mio nonno si è portato dietro dalla guerra!»
Francesca sentì Massimo tremare. I quadri non erano andati distrutti, allora. Almeno non quelli dipinti dopo la campagna d'Italia.
«Io voglio il tesoro di Noli. Sapevo che c'era qualcosa! Ho perso anni dietro a questa storia e avevo ragione.»
«Non potrai mai portar...»
«Stai zitto, e scendi le scale! Altrimenti le pianto una pallottola nella testa dopo essermi divertito un po' con quel bel corpicino!»
Francesca tremò per un'istante, mentre avvertiva la mano di Massimo stringerlesi con rabbia sulla maglietta bianca.
Con un gesto carico di rassegnazione lo vide voltarsi verso le scale e cominciare a scendere.
L'uomo armato li seguiva a breve distanza, rispondendo con occhiate cariche di pazzia ai loro sguardi terrorizzati.
«Io ho già sentito quel nome! Era un tizio che qualche anno fa mi tempestava di lettere che cercavano spiegazioni sul medioevo Ligure. Quando ha cominciato a chiedermi di Noli mi sono messo in allarme e ho smesso di rispondergli. Avrei dovuto capire che...»
«Come avresti potuto?» chiese Francesca, seguendo Massimo che accelerava il passo sui gradini nel tentavo di aumentare la distanza tra loro e l'uomo con la pistola.
Di colpo si fermò, avvicinò le labbra al suo orecchio.
«Cerco di distrarlo. Tu scappa.» le sussurrò piano Massimo, non appena una curva delle scale li celò allo sguardo attento del loro assalitore.
«No!» rispose lei sentendo la gola bruciare per il pianto che stava facendo capolino.
«Non fare la stupida Francesca! Io ho un figlio, la mia discendenza è garantita. Il custode troverà il modo di rivelare il segreto al mio futuro nipote. Ma tu... Tu devi permettergli di avere una nuova dama di Noli da dipingere.»
Francesca sentiva le lacrime premere agli angoli degli occhi con tanta forza da impedirle quasi di vedere.
Non poteva lasciare Massimo a morire così. Non poteva perché lo amava, lo amava immensamente.
Anche se aveva ragione! Maledizione, perché erano stati così stupidi?
Perché si erano dimenticati le parole di Carlo? Guardatevi le spalle, aveva scritto.
E loro invece erano stati così accecati dall'eccitazione della ricerca da dimenticare quell'avvertimento.
Scendeva quelle maledette scale immerse nel buio, con una pistola puntata sulla schiena, e cercava disperatamente un piano che avesse potuto salvare loro la vita. E più ci pensava e meno riusciva a trovarlo.
Quando giunsero all'ultimo gradino, nascosto nell'anfratto umido, arrivarono in quella che sembrava essere una grande stanza, appena rischiarata dalla luce della torcia.
Sentì un movimento dietro alle sue spalle.
Il tedesco aveva trovato quello che sembrava un bacino per l'acqua santa e stava armeggiando con un accendino.
«Previdenti voi Nolesi! Schivi, poco inclini a parlare, ma previdenti!» disse con un ghigno.
Quando la fiammella toccò l'interno della grande brocca, un chiarore immenso invase la stanza, espandendosi su quelli che sembravano dei canali scavati nelle pareti di una cantina di proporzioni immense.
Il fuoco stava disegnando lentamente i muri della stanza, illuminando un vecchio sotterraneo altissimo con il soffitto a botte.
Fu in quel momento che lo videro.
Una catasta di monete, forzieri, pietre preziose, calici, sculture marmoree, pale d'altare, icone, ciondoli e medaglioni, si perdeva verso l'infinito di un stanza che conduceva ad un nuovo cunicolo, che conduceva ad una nuova stanza.
Il tesoro di Noli riluceva sotto i loro occhi attoniti, occupando, dalla terra al soffitto, uno spazio che sembrava immenso.
Il tedesco dietro di loro scoppiò in una risata isterica. Aveva la voce glaciale, resa rauca dalla lussuria.
Massimo le si avvicinò all'orecchio.
«È il momento, Francesca. Corri!!»
Massimo aveva ragione. Non c'erano altri modi per provare a garantire alla leggenda di continuare ad esistere. Eppure lei non riusciva a muovere un passo.
Guardò Massimo negli occhi. Entrambi avevano gli occhi pieni di lacrime.
«Salvati Francesca. Ti prego!» le sussurrò.
Di colpo le risate sguaiate del loro rapitore si arrestarono e un rumore sordo rimbombò sulle pareti del sotterraneo, mentre lo sguardo del tedesco si faceva improvvisamente immobile.
Lo videro scivolare pesantemente sulle ginocchia, prima di lasciar cadere la testa in avanti sul pavimento gelato, con un rivolo di sangue che si espandeva lentamente sulle pietre.
Si paralizzarono entrambi.
Poi avvertirono un movimento provenire dagli ultimi scalini ancora avvolti da buio.
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La donna a cui nessuno riuscì a dipingere gli occhi
Adventure⭐️ WATTYS WINNER ⭐️ Miglior Incipit ⭐️ Quello che sto per raccontarvi, in parte è solo leggenda. Una di quelle leggende segrete, che serpeggia nei vicoli della città vecchia, custodita dagli anziani, canzonata dai giovani, sussurrata dai bambini. È...