Capitolo 19 - la grotta dei falsari

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Sentiero del pellegrino
Grotta dei falsari
11 agosto 1995
Ore 10,00

«Monna Francesca, illustre pittore della repubblica, vi porgo i miei saluti.» disse l'uomo, togliendosi il cappello con un gesto d'altri tempi.
«Cosa vuoi da noi?» Massimo lo chiese con risolutezza, cercando di non lasciar scorgere la paura nascosta nella voce.
Non ci riuscì.
«Non temete.» bisbigliò appena l'uomo, spostando lo sguardo dagli occhi di Massimo in quelli di Francesca. «Non voglio farvi del male, mia signora!»
Qualcosa nella voce di quel vecchio lo fece smettere di tremare.
«Non hai risposto alla mia domanda. Cosa vuoi da noi?» Massimo continuava a restare in allerta, malgrado la sensazione di sicurezza che sentiva emanare dalla persona che aveva davanti.
«Stimatissimo pittore, mio signore, voglio aiutarvi.» si interruppe, poi sorrise ancora. «Siete giunti fin qui seguendo gli indizi, io sono il successivo.»
«Perché ieri mi seguivi a Noli? Perché mi spiavi mentre guardavo la torre del Canto?» Massimo sentì la voce di Francesca superare la sua spalla. Sembrava anelare una spiegazione che potesse finalmente scacciarle di dosso le ultime tracce di terrore.
«Vi ho riconosciuta appena siete entrata in città, mia signora. Io osservo, osservo tutto, da sempre. È questo il mio compito. Io sono il custode della repubblica. La terza parte di un sistema affinato negli anni, che ha permesso di difendere e far perpetuare il segreto.»
Massimo avvertì una sensazione di sicurezza salirgli nella schiena, come se qualcosa di leggero gli accarezzasse la spina dorsale, convincendolo, in un modo che gli parve assurdo, a dare fiducia al vecchio dallo sguardo annebbiato dal tempo. Allentò la presa su Francesca, che continuava a proteggere dietro al suo corpo, e le permise di fare un passo e di mettersi al suo fianco.
«Devo farle i miei complimenti, professore!» proseguì l'uomo, imponendo alla voce una calma quasi forzata, amplificata dalla vecchiaia che gli faceva strascicare leggermente le parole. «Ha risolto l'enigma di Santa Margherita con una velocità che si è vista poche volte nel corso della storia. Alcuni pittori hanno impiegato anni interi per risolvere l'indovinello. Altri addirittura sembrava che non ce l'avrebbero fatta mai, così i miei avi hanno dovuto spiarli, per poi aiutarli a superare l'indizio e a giungere fino qui, dove dovevano incontrare il custode.»
Massimo si convinse del tutto. Quell'uomo voleva davvero aiutarli, e forse era l'ultimo tassello del mosaico per arrivare a scoprire qualcosa a cui non sapeva dare un nome. Il custode. Suo nonno glielo aveva scritto nella lettera. Il custode sulla collina.
Gli tese la mano. L'uomo gliela strinse.
«Piacere, Massimo Bottari»
«Lo so.» disse il vecchio. «E io sono Giovanni Canepa, piacere mio!» poi rivolse lo sguardo a Francesca.
«So che vi sembrerà scontato quello che sto per dirvi, mia signora, ma siete bella come vostra nonna. Avete la stessa luce accecante negli occhi!»
«Lei ha conosciuto mia nonna, signor Canepa?» Massimo sentì la voce di Francesca tremare.
«Sì. Vedete mia signora, a differenza del pittore e della dama, la conoscenza del custode passa di padre in figlio, o di padre in figlia. la mia, di figlia, ha purtroppo lasciato questo mondo qualche anno fa, e mio nipote è ancora troppo piccolo per un compito tanto importante.»
Per un attimo Massimo vide gli occhi del custode, resi opachi da una cataratta incipiente, riempirsi di lacrime.
«Ho tanto pregato perché voi arrivaste, Monna Francesca. Perché lo faceste in tempo per poter essere io a condurvi all'imbocco del sotterraneo. Non so quanto tempo la vita vorrà ancora concedermi.» si asciugò gli occhi con un fazzoletto che estrasse dalla tasca dei pantaloni. «Mio nipote è addestrato, ma è ancora troppo giovane, come ho già detto.»
Francesca sorrise. Con quel maledetto sorriso che sapeva rendere più bella persino una meraviglia della natura come quella in cui erano nascosti.
«Ok, signor Canepa...»
«Giovanni.» la interruppe lui.
«Ok, Giovanni. Sono qui, ci conduca dove la storia vuole che andiamo!»
«Certo, mia signora!»
Francesca fece per parlare, ma lui non glielo permise.
«Vi prego, non chiedetemi di chiamarvi in modo diverso. Ho dedicato la mia esistenza a servirvi, così come mio padre e il padre di mio padre prima di lui, fino alla notte dei tempi. Quindi voi siete e resterete sempre la mia signora. Concedete ad un vecchio le sue passioni!»
Francesca sorrise. Poi gli prese la mano, gliela strinse leggermente e a Massimo sembrò che l'uomo avesse finalmente cominciato a credere di poter trovare la pace.
Si ritrovò ad osservare in silenzio la storia della sua terra prendere vita, un pezzo dopo l'altro. A vedere la sua personalissima leggenda guadagnare corpo e in fondo, in lontananza, a scorgere la consapevolezza di aver raggiunto il suo scopo. Di aver regalato al mondo la sua parte di storia.
Quando il cuatode si girò, facendo loro strada, afferrò la mano di Francesca in un gesto che ormai gli sembrava imprescindibile come l'aria.
Lo seguirono fuori dalla grotta, incamminandosi a ritroso sul sentiero che li aveva condotti lì.
«Giovanni, perché ci ha fatto venire fino a qui, se ci aveva intercettati già a Santa Margherita? Nella grotta non c'era nulla, a parte lei, da dover scoprire» chiese Massimo.
«Osservazione corretta, professore. Ma vede, poco fa ho chiesto a Monna Francesca di concedermi le mie passioni. Qui è più o meno lo stesso. In un tempo lontano il custode attendeva il pittore e la dama all'interno di quella conosciuta come la grotta dei falsari. Come giustamente ha detto poco fa la mia signora, è una grotta scavata dal mare, miliardi di anni fa.
Veniva usata in epoca medioevale dai ladri e dai briganti che, al suo interno, trovavano rifugio. Venne scoperta da un mio avo intorno al 1450 e di lì, anche egli, la usò come nascondiglio. A noi custodi è concessa una strana vita fatta di solitudine e menzogne. Ci siamo inventati i lavori più disparati per sfuggire al controllo delle nostre mogli e dei nostri mariti. Chi diceva di fare il minatore, chi il pirata, chi il mercante. Così da potersi assentare da casa senza creare sospetti per mesi interi.
Così da poter seguire, riconoscere, condurre e infine istruire il pittore e la sua dama che si sono avvicendati nei secoli.
Per gli uomini è sempre stato più facile. Le custodi donna hanno avuto vita più difficile, soprattutto nei tempi antichi. Ma siamo una stirpe forte. Ce la siamo sempre cavata! Adesso la grotta non serve più come nascondiglio. Negli anni ci siamo organizzati, costruendoci una casa dotata di ogni confort, immersa tra le braccia della foresta.
I pirati hanno ricominciato ad usarla intorno al 1550. Ma poi la distanza dalla civiltà la rendeva troppo scomoda e così hanno preferito trasferire altrove le loro malefatte.
Però vede, Massimo, io non posso lasciare che un tesoro come la grotta dei falsari resti sconosciuto al Signore e alla Signora di Noli. Per questo vi ho fatti arrivare fin lassù, così come avevo fatto con i vostri nonni e come mio padre aveva fatto con i nonni dei vostri nonni. Per farvi apprendere ancora di più la meraviglia di cui la vostra città è stata capace. Da ogni punto di vista.»
Massimo sorrise. Quel vecchio gli piaceva. Era un sognatore, proprio come lui.
«Comunque, professore, un indizio all'interno della grotta in realtà c'è. È messo lì per scongiurare il caso in cui il custode non possa raggiungere il pittore e la dama. A voi non è servito. La mia pellaccia è più spessa di quanto si creda e, malgrado i miei ottanta anni, sono ancora riuscito a portare a termine il mio compito. A breve scoprirete la prossima mossa. Ma se i miei eredi non saranno altrettanto coriacei, i vostri scopriranno l'indizio che sonnecchia nella grotta, in attesa di essere rivelato.» disse il custode, rivolgendogli un sorriso quasi beffardo.
Sì, quel vecchio gli piaceva un sacco!
Avevano camminato, rapiti dalle parole di Giovanni, per un tempo che non sapeva quantificare.
Si erano infilati nella boscaglia e, senza di lui, probabilmente non sarebbero mai stati in grado di uscirne.
Ad un tratto, nascosta dai rami, Massimo vide quella che aveva tutta l'aria di essere una casa di legno, costruita in un curioso stile coloniale su un basamento di pietra a secco.
«Benvenuti a casa mia, miei signori! Entriamo, vi prego. Lì saremo al sicuro e potrete concedervi un po' di riposo.»

La donna a cui nessuno riuscì a dipingere gli occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora