Santa Margherita
Sentiero del pellegrino
11 agosto 1995
Ore 5,30La notte era passata lentamente, con quel dilatarsi infinito del tempo, tipico di quando non si dorme nel proprio letto e si fatica a prendere sonno.
La sera prima avevano mangiato una cena di fortuna, composta da crackers mezzi ammuffiti, ripescati da Francesca sul fondo della borsa.
Massimo aveva avuto l'impressione che fossero lì dal giorno, sicuramente lontano, in cui lei aveva comprato lo zaino su una qualche bancarella hippie dell'obei obei di Milano.
Ne aveva dato un morso, giusto per non morire di fame, e per avere la forza di affrontare la meraviglia che l'alba successiva, con ogni probabilità, gli avrebbe concesso.
Avevano passato la serata a chiacchierare, con la ferrea volontà di distrarsi entrambi dal mistero di una repubblica marinara dimenticata dalla storia, da pittori, da dame che ripercorrevano i secoli sempre uguali a se stesse, e da inseguitori senza volto.
Quando la notte era scesa, in lontananza, avevano visto i piccoli lumini solcare le acque del mare e accenderle di puntini arancioni che si perdevano nell'orizzonte.
Era un'usanza tipica di tutta la riviera di ponente. Nella notte di San Lorenzo i bambini scendevano in spiaggia, si mettevano il costume, si facevano consegnare i lumini di rito, li accendevano e lì abbandonavano alla corrente del mare. I più temerari, o almeno quelli con le madri più di manica larga, alla fine si concedevano un bagno nelle acque scure, divertendosi come non mai ad inseguire le luci che via via si allontanavano verso l'infinito.
Osservato da lassù era uno spettacolo che lasciava a bocca aperta.
Si vedeva tutta la costa, fino al promontorio di Bergeggi. E se si guardava bene, attentamente, si potevano vedere i piccoli puntini arancioni farsi strada nell'acqua al largo di Genova.
Quando anche l'ultimo lumino si era spento e aveva lasciato il posto alle luci delle barche dei pescatori in lontananza, Francesca aveva appallottolato il suo zaino, ci aveva appoggiato la testa sopra e, con la velocità di un battito di ciglia, si era addormentata.
E lui era rimasto lì, come un cretino, a guardarla dormire. Scoprendola, se possibile, ancora più bella.
I lineamenti rilassati del viso, la bocca appena dischiusa, un ricciolo bruno impertinente che si ostinava a caderle sulla fronte.
A metà notte l'aveva vista tremare, e si era concesso il lusso di abbracciarla piano, ancorandosi a quella scusa cavalleresca per poterla stringere tra le braccia.
I suoi capelli profumavano di fiori.
Malgrado le corse, il sudore, la terra che le si era appiccicata dappertutto, i suoi capelli continuavano a profumare di fiori.
Massimo si era sentito un imbecille.
E più si sentiva un imbecille più continuava ad abbracciarla.
Alla fine si era addormentato e aveva fatto sogni inquieti che parlavano di Noli, di stendardi che sventolavano nella brezza del mare, di navi antiche e moderne.
Quella accozzaglia indistinta di immagini di cui solitamente sono fatte le visioni oniriche.
Si svegliò di soprassalto, con Francesca ancora stretta tra le braccia e una luce timida che faceva capolino dalla sommità della collina.
Era ora, dovevano svegliarsi!
«Francesca... Francesca è ora di alzarsi, l'alba sta per nascere, dobbiamo stare pronti!»
Lei aprì gli occhi nelle prime luci del mattino, li stropicciò con le mani come una bambina, poi si mise a sedere e si aggiustò velocemente i capelli con le dita, in un gesto dettato dall'abitudine.
«Buongiorno!» gli disse guardandolo negli occhi da una distanza troppo effimera, che a Massimo parve particolarmente pericolosa.
«Hai dormito bene?» le chiese allontanandosi dal suo volto.
«Sì, all'inizio ho avuto un po' freddo, ma poi devo essermi abituata!» sussurrò lei, puntandogli addosso un sorriso malizioso.
Massimo, che si era sentito un cretino tutta la notte, se possibile si sentì ancora più cretino, mentre avvertiva le sue guance tingersi di rosso.
Era un ragazzino! Un ragazzino di cinquant'anni suonati!
«Avanti, abbiamo poco tempo!» bofonchiò alzandosi. «Se i miei calcoli sono esatti, il sole dovrebbe entrare nella chiesa tra poco.»
Francesca lo seguì velocemente, ripulendosi la terra dai vestiti e lottando con alcune foglie secche che si ostinavano a rimanerle attaccate alla maglietta.
Girarono attorno allo spiazzo che avevano eletto a loro giaciglio di fortuna, costeggiarono la parete della chiesa e si ritrovarono nel punto esatto in cui il giorno prima aveva visto il simbolo di Santa Chiara.
«E adesso?» chiese Francesca fremente di impazienza.
«Adesso aspettiamo.»
Lasciò vagare lo sguardo sulla cima della collina, osservando la luce rosata che si prendeva, poco a poco, sempre più spazio nel cielo.
Passarono alcuni minuti, in cui entrambi rimasero in un silenzio assorto carico di attesa.
Poi, di colpo, il sole sbucò dall'orizzonte.
La luce invase tutto.
Il bosco, il piazzale, le pietre... E la chiesa.
I raggi salirono lentamente sulla facciata, fino a colpire il rosone che, solo in quel momento Massimo si rese conto, era perfettamente integro.
Una cosa assai curiosa in una chiesa quasi diroccata.
Fu nell'istante esatto in cui si infranse sui vetri che la luce schizzò in direzione opposta, come se avesse colpito un minuscolo specchio nascosto tra i vetri colorati.
E in quell'attimo, esattamente in quell'attimo, un sentiero che sembrava uguale ad ogni spazio lasciato libero dalle foglie in mezzo al bosco, si illuminò rivelando la sua esistenza.
Massimo sentì Francesca sospirare di meraviglia, mentre lui a stento riusciva a trattenere le lacrime.
«La via è aperta. Santa Margherita ha rivelato il suo segreto!» mormorò appena.
Francesca saltò di gioia, battendo le mani nel gesto di giubilo che Massimo aveva imparato a conoscere.
«Andiamo?» le chiese tendendole la mano.
«Certo!» rispose lei ridendo.
Si incamminarono sul percorso tracciato dalla luce. Un solo centimetro di differenza nei raggi del sole avrebbe reso invisibile la strada. Massimo, nonostante una vita dedicata a studiare il medioevo, ancora non riusciva del tutto a capacitarsi della meraviglia di cui erano capaci uomini che vivevano senza luce elettrica, senza telefono e senza una medicina valida. Un periodo storico da sempre etichettato come buio, e che invece sapeva donare al mondo meraviglie di cui pochi ingegneri dei tempi moderni sarebbero stati capaci.
«Massimo.» la voce di Francesca, come spesso accadeva, interruppe i suoi pensieri. «Ho quasi paura di chiedertelo, ma perché il simbolo di Santa Chiara è quell'oggetto sacro che serve a mostrare l'ostia consacrata?»
Lui le spettinò leggermente i capelli con un gesto fatto d'istinto.
«È per via del miracolo che le viene attribuito. Si dice che Chiara fosse molto devota al Santissimo Sacramento dell'Eucarestia. Nel 1240 d.c. le truppe saracene, al soldo dell'imperatore Federico II di Svevia, invasero Assisi, riuscendo a penetrare nelle mura del monastero di San Damiano e invadendo il chiostro delle vergini di cui Chiara era Madre badessa. La storia racconta che lei, ormai malata, chiese di essere posta proprio di fronte ai nemici e che le venisse portato un ostensorio. Si prostrò in preghiera e disse, cito testualmente: proteggi, ti prego, Signore, queste tue serve, che io ora, da me sola, non posso salvare.
Prese poi in mano l'ostensorio e tracciò nell'aria il segno della croce davanti agli infedeli. La storia del miracolo narra che a quel punto una forte luce bianca investì gli assalitori e una forza misteriosa rovesciò le scale con cui stavano scalando le mura del monastero, scaraventandoli al suolo.»
Fece una pausa per guardare gli occhi di Francesca. Gli piaceva vederli mentre si dissetavano delle sue parole. Poi proseguì.
«Chiara nacque ad Assisi il 16 luglio del 1194 d.c., nel periodo in cui Noli regnava come una delle sovrane indiscusse dei mari. Fu amica di San Francesco d'Assisi e fondò l'ordine delle clarisse che venne approvato dal cardinale Rinaldo di Ienne nel 1252 d.c., per poi essere approvato anche da papa Innocenzo IV il 9 agosto del 1253 d.c., poco prima della morte di Chiara che avvenne ad Assisi il giorno 11 agosto del 1253 d.c.
Fu canonizzata come Santa Chiara nel 1255 d.c. da papa Alessandro IV nella cattedrale di Anagni.»
Francesca sollevò un sopracciglio.
«Tu sei sicuro di essere umano, Massimo?»
«Ho una buona memoria...»
Si vide rivolgere uno sguardo stupito.
«Sì, ma non puoi avere una buona memoria su qualsiasi argomento. Ora, io capisco che tu sia praticamente Dio sceso in terra su tutto ciò che riguarda il medioevo, ma qui stiamo parlando di storia della religione. Come diavolo fai a ricordarti tutto?» gli disse incrociando le braccia al petto.
«Medioevo e storia della religione sono due materie legate a filo doppio. Non c'è modo di comprendere appieno una, se si ignora l'altra.»
Francesca sembrò convincersi della spiegazione che le aveva appena fornito.
«Prova a chiedermi qualcosa di computer, di sport o di musica e ti dimostrerò quanto so essere umano!» le rispose ridendo.
Ma Francesca non sembrava ancora soddisfatta. E dire che aveva sfoderato tutta la sua cultura, gonfiando il petto come un gorilla in amore.
«Ancora una domanda...»
«Me l'aspettavo! Spara!»
«Perché la chiesa si chiama Santa Margherita se in realtà è dedicata a Santa Chiara?»
Era sempre sul pezzo, sempre attenta, sempre curiosa.
Quella donna rischiava di farlo letteralmente impazzire!
«Giusta osservazione! Vedi, penso che la chiesa di Santa Margherita sia stata costruita in epoca più recente sui resti della vecchia Santa Chiara. Qualcosa nelle rovine mi fa addirittura venire il dubbio che per un po' siamo state due chiese distinte, una appiccicata all'altra, poi inglobate in un'unica basilica che ha preso il nome della costruzione più recente. Sono state le arcate interne costruite in mattoni e non in pietra a farmi venire il sospetto che, quando la prima ha cominciato a mostrare segni di cedimento, le opere di completamento della seconda siano andate a ricostruirne una parte, creando un mix architettonico che ieri ho visto per la prima volta in vita mia.»
Francesca strizzò gli occhi, osservandolo da sotto i ciuffi bruni.
«Ho soddisfatto a pieno la tua curiosità, a questo punto?»
«Mmmm... Direi di sì. Ma tieniti pronto a fornirmi altre spiegazioni, professore.»
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La donna a cui nessuno riuscì a dipingere gli occhi
Adventure⭐️ WATTYS WINNER ⭐️ Miglior Incipit ⭐️ Quello che sto per raccontarvi, in parte è solo leggenda. Una di quelle leggende segrete, che serpeggia nei vicoli della città vecchia, custodita dagli anziani, canzonata dai giovani, sussurrata dai bambini. È...