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Infilo la testa sotto al cuscino, mentre quella dannata sveglia continua a suonare. È come avere un centinaio di martelli pneumatici nelle orecchie.

Dio, devo distruggerla, se mai avrò un giorno libero.

Allungo il braccio e, a tastoni, riesco a spegnerla. Sono le sei e mezzo del mattino. Oggi ho voglia di fare tutto, tranne andare al lavoro. Da quando ho iniziato, cinque mesi fa, non ho mai avuto neanche dodici ore di riposo. Capisco di essere appena arrivata e di dover fare la gavetta, ma questo mi sembra un po' troppo.

Lancio il cuscino per terra e prendo a calci le coperte. Se poi non dovessi essere io a rimettere a posto, spaccherei tutto.

Mi trascino giù dal letto, strofinandomi la faccia. Ieri sono rimasta in ufficio fino a notte fonda. Mi sento una specie di zombie.

Tiro fuori la biancheria dall'armadio e mi infilo sotto la doccia. Quando apro l'acqua calda, però, vengo investita da un getto ghiacciato. - Cazzo! - urlo, cercando di regolarla. Niente. - Avanti. - borbotto. Ancora niente. Ci mancava solo questa. - 'Fanculo. - trattenendo il fiato, cerco di lavarmi in fretta e nel miglior modo possibile. Esco di corsa e mi stringo l'accappatoio in vita. Ho i brividi dalla punta dei piedi fino alla punta dei capelli.

Non so cosa sia successo, ma sembra che abbia affittato la sfiga già da appena sveglia.

Accendo il phon e lascio che l'aria calda mi salvi dall'ipotermia, prima di iniziare a vestirmi. Dunque, stamattina ho una riunione, quindi dovrei vestirmi elegante, ma sono un semplice agente operativo, non un agente speciale. Quindi, cosa diavolo dovrei mettermi? La mia divisa abituale è fatta di una maglietta bianca senza loghi, un paio di jeans neri, scarpe scure adatte a un possibile inseguimento a piedi, cappello e occhiali scuri. Se indossassi la camicia, mi confonderei con gli agenti speciali e James mi torturerebbe più di quanto non faccia già di solito.

Al diavolo, meglio essere pronta all'azione.

Ho perso qualche chilo, nelle ultime settimane e la maglia mi sta larga, ma non ho tempo per uscire a comprarne altre. Dio, mi sembra di aver perso anche la dignità, da quando sono entrata nell'FBI.

Lascio tutto sottosopra e corro giù per le scale. Vivo in un complesso di appartamenti, a mezz'ora di distanza dall'ufficio. Dieci case uguali, dieci sbirri di ogni tipo. Salgo a bordo della mia BMW X5, il regalo di mio padre per il lavoro, e sfreccio verso la caffetteria. Ho un disperato bisogno di oro nero e una brioche strapiena di crema al cioccolato, altrimenti arrivare all'ora di cena sarebbe un'impresa epica. Perché ovviamente James, quando siamo in giro, non mi permette di mangiare.

- Stronzo. - borbotto, svoltando nel parcheggio.

Entro nel locale. Si sente subito odore di caffè e dolci appena sfornati. Lo stomaco inizia immediatamente a brontolarmi.

- Ciao, Isabel. - Flo, la proprietaria, mi sorride. Da quando vengo qui, credo di non averla mai vista arrabbiata, in realtà. - Il solito? -

- Sì, grazie. - mi appoggio al bancone e controllo il cellulare. Da quando ha scoperto Facebook, mia madre condivide ogni mattina una frase di buongiorno sul mio profilo e, puntualmente, mia sorella Ivy la prende in giro. Vivono entrambe in Colorado, invece papà è a Los Angeles. Dal divorzio, si è fatto trasferire in California e adesso è il direttore del CBI.

- Ehi, marshmallow! - qualcuno si incolla alla mia schiena e mi dà un bacio sul collo. Riconosco il suo profumo. È Kaleb, il mio migliore amico. Eravamo anche fidanzati, prima che facesse coming out. Capelli biondo scuro, occhi azzurri e il senso dell'umorismo di Amy Schumer.

- Smettila di chiamarmi così. - ridacchio.

- Perché? Se non sbaglio, ti ingozzi ancora di marshmallow, davanti al tuo amato Angus MacGyver. -

I belong to youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora