Il primo mattino era sempre stato il periodo della giornata che Taehyung odiava di più: il cielo diventava fastidiosamente luminoso fin troppo in fretta per i suoi occhi abituati al buio della notte, la temperatura si abbassava di colpo e l'umido dell'aria gli entrava nelle narici e sotto ai vestiti, il che lo rendeva nervoso e di gran lunga più intrattabile del solito; ma soprattutto: era costretto a tornare nella prigione dorata che aveva da sempre chiamato "casa".
L'erba umida gli sferzava le caviglie scoperte, l'aria gelida gli tagliava le labbra secche e gli penetrava negli scuri occhi affaticati, mentre con una mano si reggeva i pantaloni azzurri per evitare di perderli durante la corsa a perdifiato che stava facendo per arrivare alla magione prima che si svegliasse la servitù: il suo collaboratore personale lo aveva già pizzicato troppe volte a sgattaiolare fuori con il favore delle tenebre e numerose altre lo aveva minacciato di riferire ogni cosa ai genitori.
Correva come se da quello dipendesse la sua intera esistenza alla quale si aggrappava, come se per lui avesse mai avuto significato, rinchiuso com'era sempre stato nella sua stessa casa.
Ansava e sudava nonostante il freddo e più si spostava i capelli castani dagli occhi ambrati, più questi scendevano appiccicandoglisi alla fronte torrida.
Si era allontanato parecchio durante quella notte, più del solito almeno, dato che comunque doveva farsi un bel pezzo di strada all'interno del boschetto prima di raggiungere una distanza tale da non poter essere visto da coloro che popolavano i dintorni della sua abitazione.
Senza forze e con una spettacolare alba rosea alle sue spalle, raggiunse finalmente il retro della magione, si arrampicò abilmente ai mattoni in rilievo e agile come un rettile sgusciò attraverso una finestrella lasciata aperta per trovarsi finalmente nelle sue tiepide stanze.
Si voltò solo un attimo con lo sguardo al cielo vivo di una nuova e calda luce, prima di sparire nel freddo buio di quella vetusta villa ingrigita dalla quale non sarebbe uscito che la notte successiva, se le condizioni glielo avessero permesso.Si ribellava ai dettami impostigli sin da quando aveva memoria, a volte dissentendo in modo esplicito, altre senza che nessuno lo sapesse: come quando il padre lo aveva obbligato a una dieta ferrea e allenamento per prendere muscoli e sembrare più virile, mentre Taehyung rubava di nascosto cibo dalla cucina e persuadeva l'allenatrice a diminuire il carico di lavoro o la intratteneva in chiacchere pur di perdere tempo.
Aveva provato a lottare con le unghie e con i denti per la sua indipendenza, ottenendo sempre e comunque rifiuti secchi o contentini di circostanza, che lo avevano fatto più che altro infervorare.
Aveva anche tentato la fuga più volte, ma altrettante era stato riacchiappato e punito severamente. Nell'ultima occasione gli era stato affiancato addirittura un servo personale un po' particolare, con il preciso scopo di controllarlo più che servirlo nel vero senso del termine.
Ad ogni modo quella fase gli era passata da un bel po', tant'è che era addirittura riuscito a riottenere la sua vecchia stanza da letto, dalla quale poteva comodamente uscire ed entrare quando non c'era nessuno a sorvegliarlo.
Si sentiva una Raperonzolo decisamente sfortunata, considerato che non aveva nemmeno una treccia alla quale far aggrappare il suo eventuale salvatore e che la sua torre della solitudine era ben più sorvegliata e inaccessibile di quella della fiaba. I campi tutti intorno la villa erano delimitati da un altissimo muro in cemento e si poteva entrare solo da un pesante cancello in ferro battuto. Una volta dentro, prima di arrivare all'abitazione, il malcapitato principe avrebbe dovuto farsi più di quattro chilometri lungo la stradina sterrata per salire sulla cima della collina e lì trovarvi lui affacciato a una finestra del primo piano, senza essere notato da nessuno.«Io non mi verrei a salvare, fossi nel principe.» Pensò un assonnato Taehyung mentre, dopo essersi messo il pigiama, sbadigliava profondamente sotto le coperte porpora dell'ampio letto in legno intarsiato.
Toc toc toc
Sentì bussare, ma non rispose. Dopodiché, come al solito, la porta si aprì cigolando un poco sui grandi e vecchi cardini e dei passi lontani gli si avvicinano.
Non fece una piega e continuò a fingere di dormire. Aveva ripetuto tante volte quella scenetta, che, se il signor Seunghyun l'avesse visto realmente dormiente, avrebbe scambiato quella per una dissimulazione di veglia.
Lo sentì lentamente avvicinarsi e poi soffermarsi di fianco al letto, come sempre indugiò un attimo ad osservarlo e poi girò i tacchi, soddisfatto di aver ancora una volta ottemperato ai suoi doveri di sorveglianza.
Il ragazzo sospirò, sentendo che il sonno stava impossessandosi di lui e finalmente finì tra le braccia di Morfeo, in una dimensione nella quale poteva essere completamente libero.Non osava mai svegliarsi prima di mezzogiorno, così come non osava svegliarsi dopo.
Il padre ritornava intorno a quell'ora e lo voleva fresco e pimpante per il suo rientro, così da potergli affidare tutte le scartoffie burocratiche che permettevano alla famiglia di continuare a permettersi quell'enorme villa barocca.
Il padre era quello che poteva essere considerato un ereditiero, poiché viveva della rendita fondiaria dei terreni dei suoi avi e degli affitti degli edifici edificati su alcuni di quei terreni.
Come era accaduto per ogni donna della famiglia, Taehyung era stato istruito a dovere su come fare di conto e amministrare le finanze. A detta della madre, tesoriera molto più esperta di lui, quel compito gli riusciva più che bene, tuttavia era per lui un'opera ingrata poiché lui non era una donna.
Sapeva in cuor suo che qualcosa non andava in quella rigida gerarchia familiare, ma allo stesso tempo vi si adattava passivamente, dato che non aveva mai potuto conoscere altra organizzazione che quella.Sì vestì di tutto punto e scese al piano di sotto per prendere in consegna il lavoro del padre e, come al solito, fu prontamente intercettato da Seunghyun a metà del corridoio.
«Buongiorno signorino.» Lo salutò cordialmente l'uomo.
«Buongiorno signor Choi.» Rispose Taehyung altrettanto gentile.
«Vedo che stamani ha scelto l'abito azzurro signorino: ha bisogno di un po' di fortuna?»
Quelle domande non gli erano mai poste a caso: Seunghyun intendeva impicciarsi, scoprire e poi riferire tutti i suoi movimenti e le sue intenzioni. Taehyung lo sapeva per certo, visto che, sin da quando l'uomo era entrato al servizio della sua famiglia, sembrava che i genitori conoscessero improvvisamente i suoi spostamenti al centimetro, così come le sue intenzioni e i suoi pensieri. Per questa motivazione, amava confidarsi con lui tanto quanto avrebbe amato bere un bicchiere di urina e dunque non gli rispose, limitandosi a squadrarlo da capo a piedi.
Quella mattina aveva indossato la sua palandrana preferita di color carta da zucchero, con ricami argentati che ritraevano arbusti lungo tutta la sua lunghezza. Sembrava più viscido del solito con quei suoi capelli scurissimi leccati all'indietro in un'insolita acconciatura e i suoi occhi acquosi che bramavano una risposta da poter immediatamente riferire a chi di dovere.
«C'è da aggiornare l'inventario a inizio anno. Voglio farlo con degli abiti che mi facciano stare bene.»
«È perché non le piace questa mansione signorino?»
Incalzò subito l'uomo, seguendolo mentre Taehyung proseguiva camminando lungo il corridoio.
«Mi fa impazzire.» Disse il ragazzo, con un tono talmente ambiguo che nemmeno lui avrebbe saputo dire se si trattasse di un giudizio estremamente negativo oppure estremamente positivo.
Seunghyun si quietò limitandosi a tenergli dietro fino alle gradinate che portavano al primo piano, dove il ragazzo era diretto.
A circa metà scale, si apriva un'arcata in pietra che portava alla zona giorno della magione. Lì, oltre all'umidità e ai bei quadri appesi alle pareti, c'erano la sala da pranzo, la biblioteca, la sala principale, la sala da fumo e qualche angusto bagno. Altre stanze riccamente decorate erano poi state trasformate in archivi e sorte di uffici contabili ed erano quelle ad interessare Taehyung, poiché la maggior parte del tempo da sveglio la passava lì dentro a scervellarsi su somme a tre cifre, debiti e crediti che lo facevano impazzire.Nonostante fosse molto bravo con quei calcoli, la matematica non gli piaceva affatto. La trovava noiosa, ripetitiva, meccanica al punto di nausearlo e non ne aveva mai fatto mistero alla famiglia, che imperterrita seguitava ad affidargli quei tediosi incarichi.
«Il tuo rigetto e la tua noia si manifestano solamente perché sei troppo intelligente per fare da pallottoliere.» Gli aveva detto una volta la madre e questo era uno dei pochi complimenti che gli erano mai stati rivolti nei suoi 18 anni di vita, non per caso aveva uno scopo manipolatorio.
Entrò nell'ufficio centrale, quello contenente i registri dell'anno corrente e nell'aprire la scricchiolante porta in legno, l'odore di muffa e ragnatele umide gli si infilò nelle narici come una salamandra si infila nella propria tana. Quei muri in pietra erano la sua maledizione.
Sebbene il dottore gli avesse consigliato di esporsi spesso al sole per rinforzare le ossa e l'umore, suo padre aveva deciso altrimenti che fosse di maggiore utilità tenerlo confinato tra quattro pareti con esposizione a Nord. Il ragazzo era ben convinto che fossero tanto umide da permettere la tranquilla crescita di diverse colonie di muschio tra i loro invisibili anfratti, insieme ovviamente a svariate colonie di muffa e di piccoli artropodi. Il pensiero gli percorse la schiena in un brivido di disgusto.
Si mise prontamente a lavoro per rigettare quel presentimento.

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Stigma
WerewolfTaehyung è un giovane intrappolato in una torre d'avorio e i suoi carcerieri sono i suoi stessi familiari. Una famiglia disfunzionale non gli impedirà tuttavia di costruirsi la felicità che tanto brama. > Capitoli di media lunghezza > Omegaverse > K...