25.

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Quella notte Jungkook non dormì bene.
Si sentiva confuso, pieno di pensieri e quella stanza altrettanto piena non lo faceva sentire sereno.
Si rigirò nel letto più e più volte, ma riusciva a fare solo dei pisolini per poi risvegliarsi più intontito e irritato che mai.
Si alzò con la testa pesante che girava e gli occhi gonfi e aprì la finestra per far entrare un po' d'aria.
Era notte fonda e all'esterno non si udiva rumore che non fosse il fruscio del tiglio in giardino e qualche timido verso di uccello.
Il cielo era completamente nero quella notte, solamente le stelle lontane e discrete facevano da piccoli lumicini al suo sguardo assente.
Si sedette sul letto e restò a godersi la fresca aria notturna e gli odori che portava, solo in quel momento si rese conto di quanto la stanza fosse pregna dell'odore di Taehyung.
Lasciarlo uscire lo rasserenò quanto bastava per poter iniziare a riflettere lucidamente.
Era turbato per ciò che il ragazzo gli aveva confessato nel pomeriggio, si sentiva impotente in quella situazione poiché non poteva fare un bel nulla per alleggerirgliela. Inoltre un'altra consapevolezza ben più amara albergava in lui: tra meno di un mese se ne sarebbe andato, lasciando Taehyung di nuovo da solo.
Tre mesi di lezioni, tanto era stato pattuito con la famiglia che inizialmente aveva stabilito addirittura la metà di quel tempo.
Chiuse gli occhi e fece un profondo sospiro.
Aveva trascorso, anzi sprecato tutto il periodo precedente solo a insegnare, cieco di fronte alle altre qualità di quel ragazzo e sordo alle pulsioni che sentiva nei suoi confronti.
Aveva capito molto presto che in lui c'era qualcosa di insolito che gli faceva un certo effetto, ma non aveva osato spingersi al di là di quello che era il suo ruolo, in un gioco del tiro alla fune tra i suoi istinti e la sua razionalità che lo aveva alla fine logorato.
Il primo bacio che si erano scambiati in quella notte era il frutto di settimane di rigido autocontrollo che, come spesso succede, lo avevano portato al punto di rottura.
Non sapeva quante notti aveva passato in compagnia dell'omega nei suoi sogni, quanti altri baci gli aveva dato nei suoi desideri e quanti abbracci e carezze si erano scambiati nei suoi pensieri, sapeva solo che non riusciva a smettere di sognarlo, desiderarlo né pensarlo.
Arrossì quando la sua mente ritornò alle frasi dolci che gli aveva rivolto nel pomeriggio e si maledì perché a quelle esternazioni di affetto non aveva idea di come rispondere in modo giusto.
Continuava a domandarsi se in questa o in quella occasione aveva avuto una reazione che facesse capire a Taehyung quanto fosse vermente apprezzato e lo faceva da settimane.
Si strusciò energicamente gli occhi, poi si ricordò che in un qualche articolo aveva letto fosse un comportamento sconsigliato e si interruppe immediatamente, ma le sue palpebre continuarono a pizzicare.
Non era abituato a tutti quei pollini e da questo punto di vista gli mancava molto la città: là non c'erano così tante piante che gli davano fastidio in primavera e se accadeva poteva sempre chiudersi in biblioteca.
Cominciava ad accusare la mancanza di ambienti simili, non tanto per i libri, ma per gli amici che vi gravitavano attorno e con i quali era immensamente interessante scambiare spunti di riflessione e nuove idee. Gli mancava Namjoon in particolare, era una delle persone più brillanti che aveva conosciuto all'università, con il quale era riuscito a mantenere un legame di amicizia molto forte, tanto da scambiarsi una corrispondenza fittissima che a volte rasentava le due lettere a settimana. Non vedeva l'ora di rincontrarlo e di sapere nello specifico tutte le cose che aveva imparato nel suo viaggio dopo la laurea. Il solo pensiero lo esaltò a tal punto da fargli perdere definitivamente quella poca sonnolenza che avvertiva nel corpo.
Tentò di coricarsi di nuovo e di lasciar andare i turbamenti e le emozioni, ma non ebbe granché successo, tanto che quando riaprì gli occhi la tenue luce del primo sole si faceva già spazio tra i cumuli di nubi candide. Gli uccellini cantavano gioiosi e il giorno incedeva su di lui come un gigante di argilla, non curandosi della sua insonnia e alimentandola con quei suoni e quei colori.
Sbuffò nervosamente e si levò.

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