Il Dottor Franchie seguiva la famiglia Kim da almeno due generazioni, così come suo padre prima di lui ed era l'unica persona alla quale Chaerin credeva ciecamente. Taehyung non l'aveva mai vista né sentita mettere in dubbio nemmeno una sillaba che usciva dalle sue labbra baffute e questo per lei rappresentava l'unica eccezione al suo comportamento solitamente invadente e petulante.
«Non hai un bell'aspetto signorino.» Affermò il medico con voce calma ed espressione turbata. Dopodiché gli poggiò una mano sulla fronte per pochi secondi, prima di asserire: «Di una cosa per ora siamo certi: hai una brutta febbre. Adesso dobbiamo capire a cos'è dovuta e te la facciamo scendere.» Parlava al plurale, lo aveva sempre fatto, come se il recupero della salute fosse un compito assegnato anche al ragazzo e questo piaceva molto a Taehyung.
Ordinò che altre pezze fresche gli venissero applicate anche sulle giunture, poi iniziò la sua visita.
Gli ascoltò i polmoni trovandoli in buono stato, gli osservò i testicoli e vide che erano normali e poi gli guardò nella bocca.
«Eccoci qua.» Proferì fieramente. «Hai un rigonfiamento proprio qui.» Pigiò sulla gengiva il punto interessato.
«Mhpfh ahi!» Farfugliò il ragazzo e una lacrima gli scese.
«Ti sta spuntando un bel dentino nuovo che non ha voglia di comportarsi come si deve. Strano che alla tua età ancora fosse nella gengiva in effetti...» Esitò un istante immerso nei suoi pensieri, poi si riebbe e concluse: «Penicillina, per... facciamo una settimana. Vediamo se basta, altrimenti continuiamo.»
Taehyung annuì mentre ancora si reggeva la gota dolorante.Restò in dormiveglia tutto il giorno, con Meera e Marla che si davano il cambio per sostituire i panni bagnati sul suo corpo. In quello stato riuscì a captare confusamente alcuni discorsi della madre che discuteva animatamente con il marito.
«Non può essere!» e «lo sapevo!» continuava a ripetere a voce più alta in mezzo ad altri discorsi che al ragazzo arrivarono tronchi.
«A questa età non si può gestire [...] dirlo prima, ma tu non me l'hai lasciato fare [...] Sei come mio padre, tu e le tue paure avete [...] e sono da sola in tutto questo, come sempre.»
Era furibonda e sembrava piangesse a dirotto, ma al figlio in quello stato non poteva importare di meno.
L'unica cosa che poteva interessargli in quel frangente era di riuscire ad addormentarsi per più tempo possibile, così da non dover essere cosciente mentre subiva il supplizio che il suo corpo gli aveva scaraventato addosso.
A un certo punto ci riuscì e lì sognò nuovamente di sogni confusi in cui la madre era ricoperta di sangue e di ricordi inconfessabili e dolorosi.
Forse per l'antibiotico, forse perché non mangiava da ore, al risveglio li rammentò per breve tempo e solo rimase con un certo turbamento subdolo e inspiegabile.
Era notte fonda quando riaprì le palpebre e quasi quasi gli parve fosse tutto passato come un brutto mal di pancia dopo un' abbuffata.
La finestra della sua stanza era spalancata e lasciava passare una fredda aria dall'esterno. Lungamente aveva osservato quei vetri finissimi e insieme aveva desiderato di varcarli, ma adesso voleva solamente star lì dove stava e godersi la frescura notturna. Lo trovò molto buffo e rise tra sé e sé in una ventata di riscoperta autoironia.
Girò gli occhi e l'illusione momentanea che lo aveva convinto appena ridestato, svanì in una nuvola di fumo.
Il capo gli faceva ancora un gran male così come tutto il corpo, la bocca in particolare non gli dava respiro e lo stomaco esigeva di qualcosa che lo riempisse.
Vide Marla, addormentata su una seggiola in fondo alla stanza e la chiamò più volte, svegliandola.
«Mh mh sì signorino.» Disse lei con la voce impastata, esibendo un'invidiabile faccia da poker.
Taehyung si scusò infinitamente per averla costretta a quella levataccia, fosse accaduto a lui non si sarebbe dimostrato tanto diverso da un babbuino inviperito, tuttavia in quelle condizioni era a malapena autosufficiente nell'andare al bagno, figuriamoci arrivare nelle cucine.
«Porto un po' di brodo che vi avevo preparato per cena, arrivo subito.»
Gli promise uscendo dalla porta con un portamento appena traballante e un occhio ancora mezzo chiuso.
«Se mi va bene ed è addormentata il giusto, mi becco il pollo con le patate anziché il brodino.»
Si disse speranzoso, ma così non fu.La parte positiva di quella faccenda fu senza la minima ombra di dubbio la sparizione del signor Choi.
Erano quasi tre giorni che Taehyung non se lo trovava tra i piedi intento a impicciarsi in qualcosa e ciò non poteva che fargli sperare che se ne fosse andato per sempre.
D'altronde, almeno ufficialmente, Choi era il suo servo personale e a lui spettava il compito che stavano assolvendo con tanta cura Meera e Marla.
Il terzo giorno stava decisamente meglio e la curiosità lo dilaniava, così chiese alla giovane Meera.
«Mi dispiace informarvi che l'ho visto proprio stamani girellare nel corridoio di sopra.» Gli rispose con aria corrucciata, spezzando il suo cuore come mai nessuna ragazza aveva mai fatto prima di allora.
Nemmeno il tempo di concludere quella conversazione, che la porta della camera si aprì rivelando la madre di Taehyung. I suoi occhi grandi e scuri erano circondati da occhiaie e i lunghi capelli biondi, non apparivano curati e pettinati come al solito, ma sembravano più opachi, crespi e accroccati un po' alla bell'e meglio in uno chignon che definire disordinato era un eufemismo.
«Scusate il disturbo.» Proferì, lanciando un'occhiata intensa a Meera. La ragazza capì e si congedò immediatamente senza troppi fronzoli.
«Come stai figlio mio?» Domandò, avanzando lentamente verso il letto del ragazzo.
«Bene.»
«Il dente ti fa ancora male?» Si sedette sul materasso ai piedi del figlio.
«Un po'.»
«Bene, speriamo passi tutto alla svelta.»
Aveva l'aria assente, molto esausta e la sua voce risultava stranamente dolce mentre i suoi occhi vagavano distrattamente tra i meandri delle decorazioni floreali sulla coperta.
Taehyung non aveva idea di che cosa passasse per la testa della donna e nemmeno osò chiedere. Non ne aveva particolare stima, in realtà ciò che provava nei suoi confronti era solo una timorosa indifferenza. Probabilmente era dovuta al distacco con cui lo aveva sempre trattato ad eccezione di quando si trattava di sgridarlo. Per questo motivo tutta la situazione lo straniva e Taehyung non poteva fare a meno di chiedersi che cosa ci fosse sotto.
«Abbiamo chiamato un istitutore Taehyung: io e tuo padre riteniamo che tu debba staccarti un po' da quei libri contabili facendo qualcosa di utile.»
«Cosa?»
«Verrà qui tre volte a settimana e tu ti comporterai bene.» Per la prima volta da quando era entrata nella stanza lo guardò negli occhi con il suo solito sguardo severo.
Taehyung non rispose, nemmeno gli interessava che materie avrebbe trattato, ma l'idea non gli piaceva nemmeno un po'.
«Non avete già investito abbastanza nella mia istruzione?» Domandò con voce piatta senza guardare la madre.
«Non abbastanza a quanto pare... pensiamo che ti manchino alcune nozioni fondamentali.» Chaerin finì la frase esitando come se volesse dire di più, ma non lo fece. Poggiò invece una mano sulla spalla di Taehyung e gli ripeté: «Ti comporterai bene.»
Il ragazzo non capiva se si trattasse di una minaccia o di un auspicio, ma quelle parole non lo rendevano tranquillo.
«Tanto che importanza ha?» Mugugnò.
La madre lo guardò severa.
«Comunque mi comporti a voi non va mai bene.»
«Smettila.» Ordinò Chaerin, ora più infastidita che mai.
«È la verità. Vi vergognate così tanto di me, che mi avete rinchiuso qui dentro da quando sono nato.
Che senso ha adesso continuare a farmi studiare, se tanto sarò relegato in questa casa finché voi non-»
Ciaff
Non riuscì a finire la frase, perché la madre gli aveva appena assestato un sonoro schiaffo sulla guancia.
La guardò interdetto.
«Ti avevo avvisato di smetterla.» Lo informò con voce alterata mentre si alzava e faceva per andarsene. «Ti comporterai per bene: saluterai, sarai gentile e studierai con dedizione.» E così dicendo, si chiuse la porta alle spalle.
Taehyung si toccava la guancia ancora incredulo e stordito, ma più trascorrevano i secondi, più la rabbia cieca si faceva strada in lui.
Avrebbe voluto scendere da quel letto e ricambiare la madre con la stessa moneta, voleva sentirla supplicare di smettere mentre sfogava tutta la sua furia e frustrazione su di lei con l'ausilio solo delle mani nude. La sua vista si appannò gradualmente delle lacrime copiose che si presentavano puntualmente in quelle occasioni. E più scendevano e più erano amare della consapevolezza di non aver saputo reagire nemmeno questa volta. Il pensiero della fuga era sempre stato il suo unico rifugio, mai era riuscito a rispondere, solo a scappare e nemmeno per lungo tempo.
La pesantezza del fallimento e la consapevolezza che appena fosse stato meglio avrebbe dovuto far finta di nulla gli mordevano lo stomaco come lupi furibondi e insaziabili.
Questa volta non avvertì il conato arrivare e vomitò sporcando di acido gastrico la coperta e il tappeto di fianco al letto. Almeno in questa occasione, non aveva nulla dentro lo stomaco.

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Stigma
WerewolfTaehyung è un giovane intrappolato in una torre d'avorio e i suoi carcerieri sono i suoi stessi familiari. Una famiglia disfunzionale non gli impedirà tuttavia di costruirsi la felicità che tanto brama. > Capitoli di media lunghezza > Omegaverse > K...