9.

343 30 2
                                    

Jungkook si svegliò presto quella mattina, non perché volesse: dopotutto il suo unico studente era fermo a letto da due giorni e ne avrebbe avuto per almeno una settimana. Non gli sembrava particolarmente volenteroso da sano, figuriamoci da malato.
Si stiracchiò tra le coperte profumate e sospirò quando uno squittio attirò la sua attenzione. Il sorcio, come l'aveva chiamato Taehyung, scorrazzava libero per la stanza attendendo la sua razione quotidiana di cibo. In realtà si trattava di una sorcia, come Jungkook aveva scoperto e si era dimostrata anche particolarmente socievole soprattutto nei confronti di colui che la nutriva. Aveva cominciato a salirgli sulla spalla e gli morsicchiava il lobo dell'orecchio di tanto in tanto per richiedere attenzioni. Pareva così docile che Jungkook si sentiva quasi sicuro a portarla in giro nel taschino, tuttavia sapeva che prima o poi sarebbe stato necessario liberarla con i suoi simili.
Si sedette sul letto, le gambe muscolose penzolavano nude dall'alto letto in legno intarsiato mentre si osservava i piedi soprappensiero, la mente ancora offuscata dal sonno. Il tappeto a terra che figurava il disegno di una composizione floreale era ancora pulito e al suo posto, ma al di sopra spiccava una sagoma scura e lamentosa che seguitava a comunicargli la sua fame.
Si alzò e scostò le pesanti tende, lasciando che la luce fredda si irradiasse in tutta la stanza.
Un debole vento all'esterno spettinava le verdi cime degli alberi e pian piano diradava la foschia mattutina, la sola vista gli scatenò un piccolo brivido di freddo.
Si voltò verso la sorcetta e estrasse per lei del pane e delle nespole dalla massiccia cassapanca sotto la finestra, che parve gradire molto più di quanto avrebbe fatto lui, dopodiché iniziò a vestirsi.
Quelle giornate erano trascorse fin troppo lentamente dalla sua prospettiva, se nella settimana precedente non aveva avuto un momento libero, adesso ne aveva fin troppi.
«Se fossi a casa potrei andare in biblioteca a studiare, oppure in bosco a prelevare campioni.» Pensava mentre scendeva le scale diretto in sala da pranzo. «Magari il ragazzo si rimette prima del previsto e domani riusciamo a fare qualcosa, anche se...» La sua mente vagava tra questi e altri pensieri, quando scorse il signor Kim già in procinto di uscire. Quell'uomo gli metteva una tremenda soggezione e cercava di limitare al minimo indispensabile le loro interazioni da quando gli aveva parlato del figlio.
Non aveva mai udito da nessuno parole tanto ignoranti e allo stesso tempo preoccupate. Rammentò la cena di un paio di giorni prima durante la quale aveva definito il figlio uno spostato, addirittura troppo strano per essere presentato in società. Poi rammentò il loro primo colloquio in cui aveva esordito con: «Lo chiedo a te perché mia moglie è una vostra amica di famiglia e mi ha detto capirai la situazione.»
Inizialmente pensava addirittura di dover avere a che fare con un ragazzo affetto da disturbi dell'apprendimento.
Non riusciva minimamente a comprendere come un padre potesse descrivere così il sangue del suo sangue, senza contare che Taehyung si era rivelato dotato di una certa solerzia e spirito critico.
«Buongiorno signor Kim, esce già di prima mattina?» Si inchinò.
«Oh buongiorno ragazzo, sì devo sbrigare delle commissioni prima di andare a lavoro, ci vendiamo per cena.» Si congedò scomparendo dietro la porta.
Quel mattino erano state servite anche le uova e tanto bastò a Jungkook per iniziare la giornata con il piede giusto.
Scrutava all'esterno delle limpide vetrate mentre si godeva il suo tuorlo quando improvvisamente una mano gli passò di fronte con una teiera.
«Oh grazie Enza, non ti avevo visto scusami. Buongiorno.» Le sorrise gentilmente.
Le gote della ragazza presero una particolare tonalità di rosa mentre si inchinava per ricambiare il saluto.
«Come sta Taehyung?»
«Meglio signore, mi ha detto di dirvi che gli ha fatto piacere ieri sapere che avevate chiesto di lui.» Rispose con un filo di voce, lo sguardo basso e la teiera tra le mani.
Jungkook sorrise ancora.
«Digli pure che se ha cambiato idea posso anche andare a trovarlo. Prometto di non provare a sottoporgli nessuna lezione.»
Enza ridacchiò piano e alcuni fili di capelli castani le ricaddero sulla fronte.
«Glielo comunicherò signore.»
«Grazie Enza, sei molto gentile».
Sorseggiava il suo tè e pensava al ragazzo e a quello che aveva avvertito poco prima che si sentisse male.
«Me lo sarò immaginato.»

StigmaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora